Ritorna in sala “Fino all’ultimo respiro” di Godard (e non solo)
"Il cinema ritrovato": i classici restaurati in prima visione al Cinema Astra di Parma
Il ritorno dei film classici restaurati in alta definizione è sempre un evento, soprattutto quando tra i titoli spiccano due grandi pellicole francesi che hanno fatto la storia del cinema: Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard (1960) ed Effetto notte di François Truffaut (1973). Per concludere la rassegna Il cinema ritrovato, invece, ci sarà Mulholland Drive (2001), un grande cult di David Lynch.
L’evento ha luogo al Cinema Astra di Parma e, sebbene le proiezioni del film di Godard si siano tenute il 12 ottobre e quelle di Effetto notte il 26 ottobre, vi invitiamo a rivivere – o a scoprire – queste pellicole attraverso le nostre recensioni. Inoltre vi ricordiamo che si potrà partecipare il 15 (alle 16:30) e il 16 novembre (alle 16:30 e alle 21:00) agli appuntamenti con Mulholland Drive.
Prima tappa del cinema ritrovato all’insegna di personaggi iconici
La prima proiezione è stata dedicata al film Fino all’ultimo respiro: ambientato nella Francia degli anni Sessanta, racconta la storia di Michel Poiccard (Jean-Paul Belmondo, scomparso il 6 settembre scorso), affascinante ladruncolo ricercato dalla polizia a seguito di un omicidio che ha commesso. Egli, nonostante la taglia che pende sulla sua testa, fa ritorno a Parigi per rivedere Patricia Franchini (Jean Seberg), giovane e aspirante giornalista americana, di cui si è innamorato e alla quale non ha raccontato nulla della sua vera identità.
Tutta la pellicola è caratterizzata da un ritmo incalzante di fughe, incontri, ricerca di soldi per poter vivere e sopravvivere nella realtà parigina; esso è anche dettato dall’aura del personaggio di Michel che, sempre inquieto e perennemente intento a godersi una sigaretta, corre per le vie di una Parigi che sente sua.
Certo, Michel è tornato, ma fino a quando la sua bugia avrà vita? sarà scoperto da Patricia? La polizia, alla fine di questa corsa, riuscirà ad acciuffarlo?
Un film veramente “fino all’ultimo respiro”
La pellicola (il cui titolo originale è À bout de souffle) è veramente un’avventura mozzafiato e dal ritmo frenetico, che permette allo spettatore di seguire passo dopo passo l’irrequieta e vorticosa esistenza di Michel Poiccard. La vita di quest’ultimo è caratterizzata da un’irrefrenabile rincorsa del tempo e contro il tempo; è un’esistenza che, un po’ come un fuoco d’artificio, corre velocemente verso il cielo e vive questi attimi intensamente, preparandosi al gran finale che, insieme all’ascesa, lascerà tutti senza fiato.
Il film ammalia lo spettatore non solo per la dinamicità e il ritmo sostenuto, ma anche per la personalità unica e dominante di un affascinante e giovane Jean-Paul Belmondo, il quale cattura la scena e conquista il pubblico sia per grazia di movenze, che per personalità. Sempre con la sigaretta tra le labbra e in movimento, Michel rincorre la vita in un valzer pericoloso e dal sapore tutto parigino. La cinepresa, infatti, è sempre indaffarata a seguire gli spostamenti di Michel a ogni ora del giorno e in qualunque angolo della città: è nella vettura con lui all’inizio del film, lo insegue mentre corre a rubare un’altra auto e ancora lo rincorre mentre tenta di seminare la polizia.
Tuttavia, oltre a essere un bel ladruncolo di città, chi è veramente Michel? Nessuno lo sa, nemmeno la co-protagonista Patricia. È un segreto che si porta dentro e che, proprio quando sta per riaffiorare, viene sigillato sulle labbra attraverso un gesto che diventerà il simbolo caratteristico di Poiccard.
Sullo sfondo di tutta la vicenda, si staglia la Parigi dell’epoca, con il suo traffico e la sua umanità; con i suoi sobborghi, i suoi giardini e i suoi bar; è una città frenetica che anch’essa, un po’ come il protagonista della storia, pulsa di vita e di umanità.
A ogni modo, la pellicola non è da intendersi come semplice avventura, e anzi il cuore nascosto del film è da ritrovarsi nel momento di calma in cui Michel e Patricia si ritrovano nella stanza di lei a conversare. In questo frangente, infatti, si potrebbe scorgere un nuovo volto di Poiccard, più intimo e dolce, in estremo contrasto con l’affresco che domina per il resto del film.
Come se Godard volesse presentarci un ulteriore sfumatura di Michel e quasi ad ampliare la profondità della sequenza del film, in questo frangente trova anche spazio la letteratura e, in particolare è citata un’opera di William Faulkner: Le palme selvagge (1939). A tal proposito, infatti Patricia cita l’ultima frase dell’opera: “tra il dolore e il nulla, scelgo il dolore”. E alla domanda “che cosa sceglieresti”, Michel risponde: “Il dolore è idiota. Io scelgo il nulla. Non è meglio… ma il dolore è un compromesso. O tutto o niente. Ora lo so.”
La risposta non è banale, anzi, rispecchia perfettamente il sentire di Michel: il personaggio, infatti, non fa altro che porre in verbo le proprie azioni. Non attaccarsi a niente o attaccarsi a qualcosa solo per poco; svanire e scappare, cambiando continuamente luogo, macchina e persino identità, come un prestigiatore. Tuttavia, in questo “nulla” nasce un sentimento, vivo e pulsante: l’amore per Patricia. Quanto costa innamorarsi di una donna quando tra dolore e nulla si sceglie il nulla? L’amore è anche dolore, ma sembra che Michel non l’abbia ancora compreso o meglio, avendo preferito il nulla, per lui è difficile comprendere la natura del dolore.
Fino all’ultimo respiro è un film senza precedenti, unico e immortale, che è molto più di quello che sembra. Vederlo al cinema dopo il restauro della pellicola è stata un’emozione immensa e ancora di più ascoltandolo in lingua originale.
La prossima settimana vi attenderà la recensione dedicata a Effetto notte, ma soprattutto vi invitiamo a non perdervi gli ultimi appuntamenti della rassegna con Mulholland Drive!
di Erika V. Lanthaler
Scrivi un commento