“Freaks Out”: il talento di essere speciali
Un film all’italiana di portata internazionale
Roma, 1943. In un periodo storico in cui i fenomeni da baraccone sono considerati scarti umani da condannare e da eliminare dalla faccia della terra, il regista Gabriele Mainetti costruisce una storia in cui una compagnia di girovaghi circensi romani porta la propria diversità e specialità come balsamo fugace ai dolori atroci della guerra.
Matilde, Cencio, Mario, Fulvio e Israel viaggiano per l’Italia con questo scopo: far stupire le persone in un momento storico in cui difficilmente si trova la forza di sorridere, ridere e stupirsi. Ed è così che il folto pelo di Fulvio passa in secondo piano rispetto alla sua forza; la simpatia di Mario lenisce il dolore e fa scoppiare il pubblico in risata; la maestria di Cencio nel controllare gli insetti è spettacolo e l’elettricità di Matilde diviene luce nelle tenebre. E per finire, Israel, direttore d’orchestra, crea la perfetta colonna sonora per introdurre e accompagnare questi scherzi della natura nelle loro esibizioni, dal principio alla fine.
Ma il magico momento è fugace e, come detto, la guerra preme da ogni parte, fino a squarciare il tendone del circo e riportare il pubblico alla tragica realtà in cui bombe, macerie e cadaveri si mescolano al suolo e il cielo non è nient’altro che un pallido ricordo, così come la luce del sole. Che cosa fare in una situazione del genere? Fuggire lontano, in America, e ricostruirsi là, dove le possibilità sono infinite… ma sarà proprio così?
In concorrenza alla compagnia romana, nella capitale è sbarcato il Zirkus Berlin, il cui magister è rappresentato da Franz, Cassandra del Terzo Reich (come lui stesso si presenta), alla ricerca dei “fantastici quattro”, che nelle sue visioni rappresentano la speranza di salvezza e di vittoria della Germania nazista.
A seguito della scomparsa di Israel, la compagnia dovrà cavarsela da sola in una realtà in cui difficilmente le loro stranezze sono tollerate. Che cosa accadrà?
Perché vedere Freaks Out di Gabriele Mainetti
Freaks Out è l’incontro-scontro tra la peculiarità e un’ideologia che non ammette particolarità all’interno dell’ordine del mondo da lei concepito. É una riflessione sull’importanza dell’essere speciali in un mondo in cui l’unicità difficilmente viene accettata, se non in particolari contesti. É un inno alla bellezza dell’essere diversi e, allo stesso tempo, di essere sé stessi e accettarsi per come si è.
Freaks Out è anche la storia di una famiglia atipica e non di sangue che lotta per la salvezza di ciascun componente: un legame che va al di là di ogni confine concepito.
È un film di matrice italiana, certo, ma che può fare breccia anche nel panorama mondiale. È una storia intraprendente e forte nella trama; i personaggi sono unici e incarnano l’italianità, in modo genuino e fresco.
L’importanza di accettare sé stessi
Tra i personaggi della storia, Matilde rappresenta il cuore pulsante e la vera luce del film. Il suo è un personaggio complesso, per storia e per vissuto. La luce, sua peculiarità, che porta dentro di sé, brucia viva, ma costantemente tenuta sotto controllo. Come una molla in compressione, non si accetta per quella che è.
Per tutto l’arco della vicenda, lo spettatore osserva la sua crescita personale e interiore. Come una stella nascente, infatti, inizia a brillare di luce propria prima debolmente, poi sempre più intensamente fino a esplodere in tutta la sua potenza e bellezza.
Il suo è un potere stupefacente, ma che nasconde dentro di sé l’insicurezza e la paura di far del male agli altri. Quando si è nati con questa luce, difficilmente ci si accetta e ci si lascia avvicinare. Tuttavia, Matilde, un po’ per gli avvenimenti cui va incontro, un po’ perché si riscopre, inizia ad accettare questo suo potere, fino a che riuscirà a usarlo per proteggere chi ama nel profondo del proprio cuore.
La sua crescita, così come il suo cambiamento interiore, la porta ad accettarsi e ad avere una nuova consapevolezza di sé. La sua storia, ricca di dolore, ma anche di estrema umanità e dolcezza, avvicina lo spettatore alla vicenda e lo fa sentire compreso.
Chi nasce stella fatica ad accettare questa sua dimensione e, proprio per questo motivo, non vede la bellezza e la forza di cui è portatrice. Nell’arco della vicenda, comprende anche l’importanza di abbandonare la strada già tracciata e di ottenere la propria indipendenza: scopre che può sopravvivere nel mondo perché ha nelle sue mani tutte le potenzialità per riuscirci.
di Erika V. Lanthaler
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