Quel paragone tra no vax, obesi e fumatori che proprio non regge

Mentre vari Paesi hanno introdotto numerose restrizioni contro i no vax, si è aperto il dibattito anche in Italia e alcune posizioni danno da pensare sulla situazione in cui ci troviamo.

Tanti paesi hanno deciso di adottare il pugno duro contro chi sceglie di non vaccinarsi. In Austria, dopo un’impennata dei casi, è iniziato un lockdown mirato che obbliga chi non è vaccinato a stare in casa, la Grecia impone due tamponi a settimana per i lavoratori, in Francia questi test non sono più gratuiti e a Singapore, dall’8 dicembre, chi non si è vaccinato contro il Covid 19 e contrae l’infezione dovrà pagare le proprie spese mediche.

Caso totalmente opposto riguarda il Belgio, dove si è data a lungo la precedenza nelle terapie intensive ai non vaccinati poichè più esposti a rischi.

In Italia il “modello Singapore” non verrà mai seguito, poiché sarebbe una misura incostituzionale.

L’articolo 32 della nostra Costituzione stabilisce che ”la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Appurato questo dato di fatto, il dibattito si è aperto comunque, interessando vari ambiti, a partire proprio da quello medico. Massimo Galli, infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, sostiene che sarebbe assurdo far pagare l’assistenza ai no vax. Secondo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina molecolare e del Laboratorio di Virologia e microbiologia presso l’Ospedale/Università di Padova, potrebbe essere “il miglior deterrente per chi dice no al vaccino”. Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, suggerisce di scrivere tutte le spese affrontate dal SSN nella lettera di dimissioni al paziente, con il preciso scopo di aumentare la consapevolezza.

La discussione ha inevitabilmente coinvolto anche la politica. Hanno fatto particolare scalpore le dichiarazioni dell’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato che ha proposto di far pagare i ricoveri ai no vax che contraggono il Covid e finiscono in terapia intensiva.

D’Amato ha successivamente definito la sua frase una semplice provocazione. Nonostante questo, è scoppiata la polemica.

Tra le varie repliche all’assessore spicca un articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano da Luca Fazzi, docente di sociologia presso l’Università di Trento. Parte delle sue idee sono state riprese anche da Filippo Vari, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università europea di Roma, in un’intervista rilasciata a Adnkronos.

Fazzi, rispondendo a D’Amato, scrive: “il principio base della sanità pubblica è che le persone malate vanno curate, indipendentemente dall’intenzionalità del loro comportamento. Se così non fosse, la lista degli esclusi o di coloro che dovrebbero pagare per il loro ricovero sarebbe assai lunga”. A favore della sua tesi porta l’esempio degli obesi, che costano allo stato quasi dieci miliardi all’anno tra servizio sanitario nazionale e assenteismo per malattia. Secondo il giornalista dovrebbero pagarsi le cure in quanto “mangiare tanto (e male) è una libera scelta, si sa che si va incontro a rischi ma ci si abbuffa lo stesso. Quindi, a rigore di logica, si tratta di una decisione assimilabile a quella di non vaccinarsi e così come per i non vaccinati anche gli obesi costituiscono un costo per la collettività”.

In realtà i due casi non sono affatto paragonabili, a partire proprio dal fattore economico. Secondo un’indagine scientifica condotta dall’Healtcare Datascience Lab dell’Università Carlo Cattaneo Liuc e riportata da Sky tg24, ciascun paziente ricoverato in terapia intensiva costa, in base alla complessità delle cure, dai 9 ai 22 mila euro al Servizio sanitario nazionale. Come indicano i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, “l’incidenza dei ricoveri in ospedale è dieci volte più bassa nei vaccinati rispetto ai non vaccinati”. Prendendo come esempio l’ospedale Riuniti Torrette di Ancona un giorno di degenza in terapia intensiva nel 2020 sfiora i 4.800€, mentre il ricovero nel reparto di Malattia infettive 1.250€.

Per quanto riguarda i soggetti obesi il discorso è molto diverso. Il dott. Genzone, medico specializzato in chirurgia generale, sostiene che i ricoveri ospedalieri e le cure necessarie ad un soggetto obeso costano allo Stato annualmente intorno ai 500€. Secondo la “Commissione tecnica nazione dipartimento obesità” rappresenta il 7% della spesa sanitaria nazionale (7,77 miliardi di euro) per un ammontare di 300€ per ogni paziente tra costi diretti e indiretti. Una spesa sicuramente ingente per lo Stato, ma non paragonabile a quella sostenuta per curare un paziente Covid. La saturazione dei posti di terapia intensiva determina, inoltre, l’allungamento dei tempi d’attesa per le visite e per gli interventi necessari a chi soffre di altre malattie.

L’istituto A. T. Beck chiarisce le molteplici cause che provocano obesità e sovrappeso: fattori genetici, età, genere, gestazione e gravidanza, dieta squilibrata, sedentarietà, sospensione del fumo, assunzione di farmaci e problemi medici. Ridurre questa problematica al “mangiare tanto e abbuffarsi” è decisamente riduttivo.

Fazzi fa lo stesso discorso degli obesi anche per i fumatori. Secondo la fondazione Aiom nel 2020 ci sono stati 40mila nuovi casi di tumore al polmone, nell’85% dei casi la causa principale è il fumo della sigaretta. Dei 16,5 miliardi di euro che ogni anno costano al nostro Paese tutte le neoplasie, gran parte è assorbita dalla patologia polmonare. C’è da chiedersi quanto guadagni al contempo lo Stato dalle sigarette. “L’incasso annuale per l’erario tra accise e IVA sui tabacchi si assesta intorno ai 14 miliardi di euro. Se i fumatori gravano indubbiamente sulla sanità pubblica, bisogna considerare anche che essi sono una fonte di guadagno rilevante.

Come sostiene il prof. Marco Plutino, docente di diritto costituzionale presso l’Università degli studi di Cassino e del Lazio Meridionale, c’è la tendenza a punire i non virtuosi con la proposta di fargli pagare le cure come nel caso dell’obesità o della dipendenza da tabacco sulla scia del dibattito americano. Alla base di questa teoria c’è l’idea di responsabilità individuale e, di conseguenza, “di non far gravare sulle casse pubbliche i comportamenti poco virtuosi”. I risultati di tali politiche potrebbero essere “razionali, ma in realtà odiosi”.

Ponendo sullo stesso piano queste tre casistiche (pazienti Covid, obesi, fumatori) lo Stato paga, in maniera decisamente diversa, tutte le cure mediche necessarie. Tuttavia, nel caso dei positivi al Covid subentra il problema anche del contagio e il SSN è costretto a farsi carico della terapia di più persone. Bisogna considerare, inoltre, i costi affrontati dallo Stato per la chiusura delle attività non essenziali o strategiche durante i periodi di lockdown resi necessari dall’aumento dei contagi.

Si apre, a questo punto, anche un discorso etico. Sia obesi che fumatori arrecano un danno esclusivamente a sé stessi. In Italia la legge 16 gennaio 2003 n.3 art. 51 ha stabilito che “è vietato fumare nei locali chiusi, ad eccezione di quelli privati non aperti ad utenti o al pubblico” per tutelare gli altri dal fumo passivo. Al contrario chi decide di non vaccinarsi mette a rischio la salute e la vita altrui. È la cosiddetta vaccine esitancy, la riluttanza o il vero e proprio rifiuto nei confronti dei vaccini, che l’Oms considera una minaccia alla salute globale già dal 2019.

Verso la conclusione del suo articolo Fazzi ci stupisce ancora, sostenendo che sia necessario porre fine a questa “caccia alle streghe” e “smettere di generare insicurezza”. Moltissimi cittadini, inoltre, non si immunizzano “perché non riescono a capire le logiche di gestione della pandemia, sono sbalorditi dalla incompetenza dei virologi che con la stessa sicumera dicono ogni giorno tutto e il suo contrario e non si fidano dei politici che richiedono responsabilità collettiva senza assumere alcuna responsabilità individuale. E in fondo come si fa a dare loro torto?

Il paragone tra no vax, obesi e fumatori ha sempre meno senso. Alla luce di queste dichiarazioni, risulta abbastanza facile capire come mai si senta parlare sempre più spesso di manifestazioni no vax. Ciò che risulta incomprensibile è la definizione di “incompetenti” riservati ai virologi.

In realtà i virologi, così come infettivologi ed epidemiologi, hanno collaborato per l’elaborazione di ipotesi. Nel metodo scientifico la formulazione di un’ipotesi nasce dall’osservazione e dovrà essere confutata o confermata attraverso gli esperimenti, utilizzando così un approccio induttivo. L’ipotesi è il perno della ricerca scientifica e ha una natura provvisoria poiché non stabilisce una certezza a priori. Da esperimenti e osservazioni si traggono delle conclusioni generali, sulla base delle quali enti come l’Oms stabiliscono delle linee guida a cui i medici si attengono. Se la chiarezza e l’oggettività sono dei presupposti fondamentale del metodo scientifico già dai tempi di Galilei, dov’è finita la trasparenza comunicativa che dovrebbe caratterizzare invece l’informazione? Un giornalista, per definirsi tale, dovrebbe raccogliere con scrupolo fatti e notizie reali. Non dovrebbe sicuramente screditare i medici in prima linea contro un’emergenza sanitaria (cose se decidessero di testa loro come agire nei vari ospedali dove lavorano).

Come ulteriore aggravante, all’interno della stessa frase, viene giustificato un atteggiamento pericoloso per il singolo e per tutta la comunità. Caro Fazzi, eccome se diamo torto a chi non si vaccina.

di Laura Ruggiero

 

 

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