Il nuovo “Dune” di Denis Villeneuve
Quarant'anni dopo David Lynch, Denis Villeneuve riprova a portarci su Arrakis, il pianeta-deserto nato dall'immaginazione di Frank Herbert.
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Nell’agosto 1965 un’oscura casa editrice, specializzata in manuali tecnici, accettò di pubblicare un romanzo di fantascienza di un autore poco più che esordiente. L’autore si chiamava Frank Herbert e il libro si intitolava semplicemente Dune.
La critica per lungo tempo lo ignorò o, quando ne parlò, ne parlò male. I lettori non la pensarono così: seguirono altri cinque libri, che composero quella che sarebbe diventata la saga di fantascienza più venduta al mondo.
1984: Il Dune di David Lynch
![Dune1984](https://www.parmateneo.it/wp-content/uploads/2021/11/Dune1984.jpg)
Il primo a portare sul grande schermo l’opera di Herbert fu David Lynch, coadiuvato dalle musiche dei Toto. Nel cast troviamo, tra gli altri: l’italiana Silvana Mangano, Sting (sì, proprio il cantante) e un giovane Patrick Stewart (Capitano Picard in Star Trek: The Next Generation e Charles Xavier in X-Men). Il film, pur trovando al tempo degli estimatori, affascinati dall’atmosfera misticheggiante, non ebbe grande successo nelle sale e finì con l’incassare meno di quanto costò realizzarlo.
Complice forse l’eccessiva ingerenza della produzione, due ore e un quarto non furono sufficienti a David Lynch, né per creare un’opera facilmente comprensibile a chi non aveva letto i libri, né per raccontare Dune in modo abbastanza fedele e completo da soddisfare gli appassionati dell’opera di Herbert.
È davvero possibile portare Dune sul grande schermo?
![Dune Logo Dune Logo](https://www.parmateneo.it/wp-content/uploads/2021/11/DuneLogo.webp)
Nel corso degli anni ci furono diversi tentativi di adattare Dune: con le eccezioni del lavoro di David Lynch e di una miniserie destinata al piccolo schermo, nessuno di essi vide mai la luce.
Il problema è che Dune è anzitutto un romanzo d’ambientazione, e questa ambientazione è immensa. Sebbene il primo libro si dipani pressoché interamente su un pianeta-deserto (Arrakis, più noto come Dune), abitato da immensi vermi della sabbia e dai Fremen, un popolo schivo e spesso ostile, esso è l’unica fonte della spezia: una sorta di droga in grado di potenziare le facoltà fisiche e mentali. Solo grazie a questa, i piloti d’astronave sono in grado di compiere viaggi interstellari, dato che l’intelligenza artificiale era stata messa al bando secoli prima, dopo che aveva provato a sottomettere l’umanità. L’esistenza stessa dell’impero galattico dipende dalla spezia, dunque da Dune.
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Così, attorno a questo pianeta si incardina un gioco di potere dalle tinte medievali: da una parte alcune famiglie regnanti – che governano interi pianeti – e dall’altra la casata imperiale che può garantirsi il potere solo mantenendo le altre in uno stallo dato da un delicato equilibrio di forza. Inoltre, vi è una sorellanza (Bene Gesserit) che ha fatto del potenziamento dei poteri fisici e mentali – anche attraverso la spezia – una vera e propria missione, fornendo i propri servigi e intrecciando legami di sangue con tutte le casate imperiali. Legami di sangue che servono alla sorellanza per portare avanti un programma di selezione genetica, volto ad aumentare sempre più i poteri fisici e mentali dei propri componenti. In particolare, per concretizzare quella che per il Bene Gesserit è ormai un’ossessione: riuscire a ottenere una figura super-umana, in grado di sopravvivere al completo risveglio dei propri poteri mentali, lo Kwisatz Haderach. Le capacità di questa figura darebbero al Bene Gesserit un potere pressoché illimitato.
Dune è tutto questo, e anche altro, in una storia che intreccia temi politici, sociali, religiosi ed ecologici. Ed è da questa pesante eredità che è partito il regista Denis Villeneuve.
2021: Il Dune di Denis Villeneuve
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È forse impossibile raccontare Dune in due ore e mezza, o in cinque se si tiene conto che questo primo film copre “solo” metà del primo libro.
Infatti, Denis Villeneuve non lo racconta e proprio perché non lo fa, in un certo senso finisce col riuscirci. Villeneuve non prova nemmeno a raccontarlo. Regia, musiche – con la complicità del grande compositore Hans Zimmer -, inquadrature, luci dominanti, ritmo narrativo, tutto converge nel condurre su questo mondo dove il deserto e la sabbia sono padroni assoluti, con potere di vita e di morte, e dove le tecnologie umane appaiono fragili e perlopiù inadeguate. Su Arrakis si incrociano, per finire stravolte, le storie di una lunga serie di personaggi. Talvolta un po’ troppo stereotipati, a danno dello spessore che avevano nel libro, ma forse non si poteva fare diversamente in sole due ore e mezza.
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Certo, Dune potrebbe annoiare, soprattutto se non si ha letto l’opera originale. I personaggi sono “troppi” per non rischiare di perdere il filo. Ma Dune è così: un crocevia di storie e di destini. Inoltre, una buona prima metà di film rischia seriamente di sembrare lenta e poco comprensibile. Quanto scritto sopra riguardo la saga originale, ad esempio, non è spiegato nel film. Così come, se è pur vero che si accenna al fatto che i campi di forza personali reagiscano con tanta maggiore intensità quanto più è veloce ciò che tenta di attraversarli («La lama lenta attraversa lo scudo»), non se ne sviluppano le implicazioni. Questi campi di forza personali rendono inutili le armi da fuoco e addirittura pericolose le armi a raggi: reagendo con violenza alla loro estrema velocità, il campo di forza provocherebbe una detonazione paragonabile a quella di un piccolo ordigno nucleare. L’intera arte bellica in Dune è conseguenza della sua peculiare evoluzione tecnologica. Sono moltissimi i dettagli che sfuggono a chi non conosce l’opera di Herbert, e senza questi dettagli la sospensione dell’incredulità potrebbe cedere.
Oppure Dune potrebbe, nonostante tutto, affascinarvi irrimediabilmente, come e più di quanto quarant’anni fa non fece l’opera di Lynch. C’è solo un modo per saperlo.
Infine, non dimentichiamo che questo film «è solo l’inizio» e la seconda parte non arriverà nelle sale prima della fine del 2023. Per chi ne avesse voglia, c’è dunque tempo sufficiente per mettersi in pari con i libri.
di Giovanni Perini
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