Guerra Ucraina – Russia: non esiste più la parte giusta del mondo
Eravamo convinti di essere intoccabili, di essere al sicuro, di poter stare tranquilli: non è più così, perfino in Europa
C’è sempre stato un altrove più cattivo, più povero e più degradato del nostro qui. E questo, per la più umana e comprensibile delle forme di egoismo, aveva qualcosa di rassicurante.
Svegliarsi sicuri, andare a dormire sicuri. Una certezza condivisa – e per questo ancora più reale – da tutto il continente Europa. Una certezza che, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio ha vacillato. Così, di botto.
“È iniziata l’invasione della Russia in Ucraina” e d’un tratto l’attenzione del mondo si è rivolta qui, all’Europa. Si è tornati a parlare di guerra, ma con una vicinanza quasi dimenticata. Una condizione nuova per molte generazioni, un brutto déjà-vu per i più anziani. È diventato necessario, in pochi giorni, fare i conti con parole conosciute, eppure così nuove: escalation, rappresaglie, resistenza, bombardamenti, vittime civili. Termini noti a tutti, certo, ma che acquisiscono significati mai sperimentati se rivolti a luoghi familiari. Ai nostri luoghi.
Non c’è ragione di essere ipocriti: la guerra non è Italia e questo basta. Qualsiasi preoccupazione – sia essa ansia o reale paura – è rivolta a uno Stato che è sì prossimo, ma che non è il luogo che chiamiamo casa. Guardiamo da vicino un pericolo, un baratro se vogliamo, ma restando avidamente ancorati all’orlo che ce ne separa. Ed è giusto così.
Ma c’è una doverosa presa di coscienza con cui fare i conti, prima o poi. Credevamo di essere dalla parte giusta del mondo, ma non è così. L’emisfero migliore, il ricco Occidente, l’Europa sicura. Una fortuna tanto casuale quanto gradita. Eppure…
La sicurezza di essere sempre gli aiutanti, mai quelli da aiutare. La convinzione di aver creato un sistema ben oliato, funzionante e da prendere a esempio. L’idea di aver dato vita a una rete diplomatica di riferimento e in grado di tenere fortemente sotto controllo le sorti del Continente, per lo meno. Resta tutto vero, ci mancherebbe. Ma non vi pare un po’ più fumoso?
L’Europa che ha accolto – più o meno volontariamente, più o meno volentieri – milioni di profughi da tutto il Mediterraneo si trova ora a dover fronteggiare l’esodo di migliaia di Ucraini che fuggono da Putin. E che piaccia o no ammetterlo, accogliere rifugiati che condividono con noi cultura, religione e colore della pelle ha un differente impatto. Costringe, se non altro, a ragionare molto più in fretta e con molta più attenzione su ciò che accade – o peggio, potrebbe accadere – a distanza di poche centinaia di chilometri.
E se capitasse a noi? Una domanda che ci rincorre in queste ore più di quanto non ci abbia mai rincorso negli ultimi anni. Non con la stessa seria preoccupazione, quanto meno. Eppure non è che di recente il mondo sia stato avido di tragedie internazionali: le guerre civili in Siria e Libia, le guerriglie urbane in Brasile, le proteste a Hong Kong, la ripresa del potere dei Talebani in Afghanistan…si potrebbe continuare. Cosa garantiva un certo grado di tranquillità all’Europa? Sempre lei, la parte giusta del mondo. La convinzione può essere una cattiva alleata e riservare brutte sorprese, a volte.
E ora che anche qui, dalla nostra parte (giusta o meno che sia, a questo punto) tornano i conflitti, le morti e le ripercussioni socio-economiche arriverà col tempo anche il momento della presa di coscienza. Quell’altrove che abbiamo cercato con forza di scacciare può diventare il qui e ora.
Quei conflitti cui abbiamo rivolto un pensiero distratto – i più devoti forse anche una preghiera della domenica – possono essere anche in Europa, diventare i nostri conflitti. Il coprifuoco è tornano per i cittadini ucraini, cittadini europei, e il Coronavirus questa volta non c’entra nulla. Le sirene antiaeree non rimbombano solo nelle rievocazioni storiche al cinema: suonano in una capitale europea, suonano a Kyiv. Per la prima volta nella storia l’UE finanzierà l’acquisto e la consegna di armi e approvvigionamenti militari per uno Stato in guerra, lo ha dichiarato Ursula Von der Leyen. Non possiamo fingere che questo non cambierà il corso del prossimo futuro.
Che cosa resta, allora? Paura, senso di colpa, a volte, e consapevolezza. La preoccupazione non è doverosa, ma è giusto che sia normale e accettata come tale – né derisa, né minimizzata. Il senso di colpa no: non esiste dolo per la volontà di continuare a vivere nei privilegi che la democrazia ci garantisce perché è per quegli stessi privilegi democratici che si sta combattendo poco distante da noi. Lo ha detto bene (meglio!) Michela Murgia. La consapevolezza invece è utile. Non porta con sé alcuna consolazione, è vero, ma prepara: educa al ridimensionamento delle aspettative, alla percezione dell’altro, alla sensibilità verso l’altrove.
Ci siamo sentiti al sicuro. Non perché l’orrore non fosse presente, piuttosto perché non era vicino. Ora lo è e per certi versi ci sentiamo comunque al sicuro: dobbiamo solo imparare ad accettare che non esiste nessuna parte giusta del mondo. Per alcuni, del resto, non è mai esistita.
di Bianca Trombelli
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