BELFAST, Il racconto più intimo e personale di Kenneth Branagh

Gli anni ’60 raccontati attraverso gli occhi di un bambino

Belfast, regia di Kenneth Branagh (fonte: projectnerd.it)

Finalmente è arrivato nelle sale italiane Belfast l’ultimo film del regista e attore britannico Kenneth Branagh (Hamlet, Thor, Assassinio sull’Orient Express, Assassinio sul Nilo).

Il mondo che ci viene presentato è una realtà apparentemente lontana, ma più vicina a noi di quanto si possa immaginare. Essa, infatti, rivive ancora in alcune case, trovando luogo ed espressione in molti racconti e ricordi di genitori e nonni. Branagh ha voluto riportare sullo schermo quegli anni ’60 che hanno sconvolto (sia in senso positivo che in senso negativo) il mondo, cambiandone la struttura fin dalle sue radici. I tumulti, la paura degli adulti e lo spaesamento dei bambini, che da un giorno all’altro vedono le proprie strade – luoghi di giochi e di avventure – divenire un campo di battaglia, attorniato da barriere di fil di ferro: tutto questo rappresenta lo sfondo e il palcoscenico sul quale l’intera vicenda prende vita. Il regista si racconta a cuore aperto, presentandoci una storia potente, la cui forza risiede proprio nel donare parola e primo piano al suo io bambino che, innocentemente, vive in prima persona il dramma degli scontri e lo spaesamento del vedere la propria esistenza cambiare da un giorno all’altro.

Una storia dai richiami neorealisti

Buddy (fonte: Wikipedia)

In una tranquilla via di Belfast, i bambini giocano ignari di quanto sta per accadere: vivono avventure piene di draghi feroci, di donzelle da salvare e di cavalieri senza macchia e senza paura. Tra questi, c’è Buddy (Jude Hill) che, armato di spada e di scudo, affronta ogni pericolo che gli si para di fronte. Non ha paura di nulla, perché sa che è frutto della sua fantasia e per questo riesce, come sempre, a vincere le proprie battaglie. 

Tuttavia, l’incanto della fantasia si spezza quando i draghi diventano reali e le orde di nemici diventano tangibili, a tal punto che il bambino, spaesato, rimane fermo, in mezzo agli scontri, non capendo che ciò che gli si è parato dinnanzi agli occhi è l’odio reale che dilania i cuori umani: è l’inizio del conflitto nordirlandese. È in questo momento che il piccolo deve essere protetto ed è la madre di Buddy (Caitriona Balfe) ad assumere il ruolo di cavaliere per difenderlo.

Tutto ciò avviene in poco più di qualche minuto, a partire dall’inizio del film: dall’incanto, la storia precipita, in poco tempo i sogni si infrangono e le speranze di tornare alla pace si sfilacciano come bandiere vittime del vento impetuoso.

Chi è amico e chi è nemico dinnanzi agli occhi di un bambino? Una volta sovvertito l’ordine delle cose, a chi si può far affidamento se non agli adulti?

L’ossimoro tra la quotidianità e gli scontri diventa una sinfonia unica, che riporta la mente dello spettatore ad altre storie in cui i bambini, con il loro sguardo innocente e curioso, fanno da protagonisti. In particolare, impossibile non pensare al piccolo Bruno di Ladri di biciclette di De Sica, che cerca di comprendere la drammaticità della perdita della bicicletta del padre anche se è “una cosa da adulti”. Entrambi i giovani protagonisti sono spaesati e fanno affidamento sul loro unico ancoraggio in un mondo difficile: i grandi. C’è un fil rouge che connette queste due storie ed è proprio lo sguardo con cui entrambi i giovani protagonisti guardano alle situazioni e come essi stessi, in poco tempo, passano ad atteggiarsi da adulti in un mondo che per bambini non è.

Dolcezza e durezza: le due facce dei ricordi

Un altro aspetto che Branagh ha voluto presentarci è l’importanza dei nonni, in un’epoca in cui questi rappresentavano una seconda casa, un rifugio e anche una sorta di genitori. Il nonno e la nonna di Buddy (rispettivamente Ciarán Hinds e Judi Dench, entrambi candidati agli Oscar di quest’anno) sono il porto sicuro del ragazzo: la loro dolcezza, che si riflette nel loro rapporto porta speranza e serenità, lì dove pochi istanti prima c’era odio e distruzione. 

nonna, Buddy e nonno sul set di Belfast (fonte: ecodelcinema.com)

Il film è un ritorno al passato che porta lo spettatore a vedere e osservare quegli strani anni con gli occhi da bambino. È a metà strada tra una carezza e uno schiaffo, dal momento che la dolcezza di Buddy e dei suoi nonni fa a pugni con la durezza e la violenza degli scontri. È anche una malinconica poesia che richiama alla mente i ricordi d’infanzia di quanti spettatori hanno vissuto in prima persona quel periodo: è un album di ricordi che Branagh ci presenta, senza veli, raccontandoci la fetta più intima e personale del suo io.

di Erika V. Lanthaler 

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