Smartphone: generatori di dipendenza e potenziale causa di gliomi?

MARINELLI: "SERVE SCRIVERE SU DI ESSI 'NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE' "

adolescenti.dipendenza.smartphone.madima.altervista.grandeSei un nomofobo! Un’espressione che oggi più che mai la maggior parte della gente, soprattutto i giovani, potrebbe sentirsi ripetere. Ma cosa significa? Quello di nomofobia, è il nuovo termine scientifico (dall’abbreviazione di ‘no-mobile-phone phobia’) coniato per indicare la dipendenza da smartphone. Quale è la definizione di dipendenza? E soprattutto, può definirsi tale il comportamento di chi passa la maggior parte del suo tempo incollato al proprio cellulare?

Annalisa Oppo, psicologa psicoterapeuta e docente di Psicologia Generale presso la Sigmund Freud Privat Università di Milano, spiega che si parla di dipendenza quando a prescindere dall’oggetto, “si annulla il libero arbitrio e la persona non ha più alcun controllo sul suo comportamento”. Dipendente “non è chi, dimenticandosi il cellulare a casa, sceglie di tornare indietro a prenderlo perché senza farebbe fatica, ma chi non ha altra scelta, perché senza non può resistere in alcun modo”. “Non si sa di preciso – aggiunge l’esperta – cosa porti una persona alla dipendenza dal telefonino, non c’è una risposta univoca. Ma un fattore comune potrebbe essere la facilità con cui si accede a questo mezzo di comunicazione, che permette di abbassare il livello di ansia o di stress, dando così un piacere immediato”.

LA NOTIFICA COME “RICOMPENSA” – Negli ultimi anni si è assistito ad un’enorme diffusione di nuove dipendenze, o ‘new addictions’, ovvero tutte quelle forme di assuefazione che riguardano attività lecite e socialmente accettate, quali la dipendenza dal gioco d’azzardo, dal sesso, da internet, dal lavoro. Soprattutto tra i giovani, queste dipendenze comportamentali, si manifestano con  l’utilizzo morboso di cellulari di ultima generazione. Il soggetto nomofobo sente la necessità di controllare costantemente lo smartphone, alla ricerca di nuove notifiche.
Secondo quanto segnalato da David Greenfield, assistente clinico nella facoltà di Psichiatria alla Scuola di Medicina del Connecticut, scientificamente ciò è dovuto alla “disregolazione della dopamina”, un neurotrasmettitore che viene prodotto naturalmente dal cervello in risposta ad attività appaganti, che producono motivazione e ricompensa. Il ricevere una notifica o un messaggio gradito diventa qualcosa di stimolante che spinge quindi l’utente affetto dalla patologia a controllare continuamente il mezzo di comunicazione in attesa della “nuova ricompensa”.

Ma in cosa si può incorrere? Attacchi di panico dovuti alla paura di perdere la connessione di rete, costante preoccupazione di smarrire il telefono, interferenze con il mondo del lavoro e con la società: questi i sintomi individuati, nonostante la nomofobia sia ancora una patologia scarsamente indagata.
“Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Dsm) – fa notare la dottoressa Oppo – questa dipendenza non è ancora annoverata fra i disturbi mentali”. Il boom degli smartphone, relativamente recente, non sembrerebbe infatti aver ancora determinato un’attenzione diffusa sulla gravità dei potenziali effetti collaterali a livello psicologico.
Nonostante l’uso del cellulare sia esteso a tutte le fasce d’età, gli adulti sembrano essere più protetti, mentre i giovani, specchio delle mode, sono la fascia più debole a rischio dipendenza.

vignetta.smartphoneCONVERSAZIONI A RISCHIO? – Dal punto di vista del benessere fisico in senso stretto, invece, diverse voci hanno lanciato l’allarme. “Potenzialmente cancerogeni per gli esseri umani”: così sono stati definiti i telefoni cellulari dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) che il 31 maggio 2011 ha visto riuniti a Lione 31 esperti di 14 Paesi, impegnati nell’analisi del rapporto cellulari/tumori.
La ricerca ha portato all’inserimento dei cellulari nel cosiddetto ‘gruppo 2g’ in cui si trovano tutti gli agenti cancerogeni, responsabili di causare tumori o favorirne l’insorgenza e la propagazione. Sostanze e agenti attualmente non ritenuti né cancerogeni probabili (gruppo 2A) né certi (gruppo 1), ma con un potenziale cancerogeno dovuto all’esposizione prolungata a campi elettromagnetici a radiofrequenza.
Secondo quanto stimato infatti dall’Iarc, l’uso prolungato di cellulari incrementa il rischio di contrarre un glioma, un tumore maligno al cervello. Ad oggi però non sono state ancora presentate delle prove sufficienti, motivo che ha spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità a sottolineare la necessità di ulteriori ricerche.
Un rischio piuttosto preoccupante dunque, dato il notevole aumento di smartphone nelle tasche di giovani e adulti, ammesso che la minaccia sia reale. Intanto, nell’attesa di ulteriori indagini e risultati, l’Iarc consiglia di “ridurre l’esposizione, utilizzare gli auricolari e scrivere sms”.

Sul piano giuridico l’inquinamento elettromagnetico prodotto dai cellulari, e più ampiamente l’elettrosmog, è ancora regolato dalla legge quadro 36/01 che pone un preciso limite di esposizione, un valore di attenzione ed un obiettivo di qualità all’intensità dei campi elettromagnetici. La normativa ha il fine di tutelare le persone non professionalmente esposte ma questo, almeno per quanto riguarda gli smartphone, non basta. “Occorre estendere ai telefonini i limiti che esistono per le antenne”, sostiene Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Bologna in un’intervista per Il Fatto Quotidiano. ” La legge vigente, già poco cautelativa, è stata nel tempo peggiorata, – sottolinea lo studioso -. Esiste un’assurda incongruenza nel decreto: protegge la popolazione da livelli di esposizione massima di 6 V/m quando provengono dalle antenne fisse e permette ai telefoni di irradiare la testa con valori di oltre 100 V/m. Inoltre occorre far predisporre i telefoni in modo che si spengano oltre i due minuti, riportare su di essi la scritta nuoce gravemente alla salute. Io personalmente ne sconsiglio completamente l’uso”.

 

di Marika Bonanno, Giulia Campisi, Federica Fasoli, Giovanna Triolo
Illustrazione di Old Roger

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