Pena di morte: in calo nel mondo ma shock in USA, Egitto, Cina e altri stati
L'ultimo rapporto di Amnesty International registra un calo nella tendenza globale del ricorso alla pena di morte nel 2020, ma molte nazioni continuano ancora ad aumentare le esecuzioni e il South Carolina introduce la fucilazione
Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty International, nel 2020 sono diminuite le esecuzioni e le condanne a morte. Tuttavia, ci sono nazioni in cui il numero di persone condannate a morte è aumentato, come in Cina, Egitto e Stati Uniti.
In particolare, gli USA hanno reintrodotto le esecuzioni federali dopo 17 anni (non avvenivano dal 2003) con l’amministrazione Trump e hanno visto nel maggio 2021, la scioccante approvazione della fucilazione come una delle possibilità di esecuzione in South Carolina. L’ufficializzazione è arrivata qualche settimana fa, quando le autorità carcerarie della Columbia, capoluogo del Sud Carolina, hanno annunciato la fine dei lavori di ristrutturazione della “camera della morte” e notificato al procuratore generale Alan Wilson il via libera alla pena di morte per fucilazione.
Secondo l’emittente radiotelevisiva CBS, la camera sarebbe ora dotata di una sedia metallica sulla quale si siederà il condannato, che verrà fucilato da una firing squad che si troverà dietro un muro a quattro metri di distanza. L’approvazione di questo nuovo metodo è stata difesa a spada tratta dal senatore democratico e avvocato penalista Dick Harpootlian, che avrebbe dichiarato che questa sarebbe l’opzione meno dolorosa e più umana che esista.
Ma perché si è arrivati all’introduzione di una pratica così crudele e antiquata? Questo provvedimento era stato approvato per risolvere un problema che riguardava l’esecuzione delle pene per iniezione letale. Infatti, da molto tempo le case farmaceutiche stavano vietando l’esportazione del mix di veleni per motivi umanitari. In questo modo i detenuti, che potevano scegliere tra la sedia elettrica e l’iniezione letale, sceglievano la seconda, sapendo che in quel modo avrebbero impedito la loro condanna. Per questa ragione, dal 2011 non venivano più eseguite condanne a morte nello Stato e proprio per questo si è deciso di introdurre un nuovo metodo di esecuzione in sostituzione dell’iniezione, che è impraticabile a causa del blocco delle case farmaceutiche.
La pena di morte negli Stati Uniti
Nel 1977 la Corte Suprema USA aveva reintrodotto la pena di morte e da quell’anno tre persone sono state condannate alla fucilazione in Utah. Risale al 2002 invece l’ultimo caso di esecuzione con sedia elettrica, avvenuta in Alabama per Lynda Lyon Block.
La Virginia, uno degli stati con il maggior numero di esecuzioni capitali, ha invece deciso di abbandonare definitivamente la pena di morte. Il governatore democratico Ralph Northam ha inoltre affermato che non c’è spazio per questo tipo di pene nello Stato e nel paese intero. Dal 1977 in Virginia sono state condannate 114 persone, mentre in Texas 569. Abolendo l’esecuzione capitale, la Virginia si è leggermente allontanata dal suo passato schiavista, ma dobbiamo ricordare che 296 su 375 detenuti giustiziati, erano afroamericani.
Secondo il Death Penalty Information Center, 25 degli Stati USA prevedono ancora la pena di morte, 22 l’hanno abrogata, mentre gli ultimi tre – California, Pennsylvania e Oregon- hanno applicato delle moratorie. Il direttore esecutivo dell’organizzazione, Robert Dunham, ha dichiarato che “la pena di morte della Virginia ha profonde radici nella schiavitù, nei linciaggi e nelle leggi di segregazione Jim Crow” ed enfatizza “il valore simbolico di smantellare questo strumento usato storicamente come meccanismo per l’oppressione razziale da una legislatura che si trova nella ex capitale confederata”.
La pena di morte nel mondo
Tornando al rapporto di Amnesty International sulla pena di morte, pur essendoci una tendenza globale verso la diminuzione dell’uso della pena capitale nel 2020, ci sono paesi che invece hanno aumentato le esecuzioni. La Cina, uno di questi, considera i dati sulle condanne un segreto di stato e impedisce le rilevazioni indipendenti, dunque Amnesty non la inserisce nel documento, ma si stima che siano migliaia le persone che annualmente vengono giustiziate, soprattutto per motivi politici.
L’Egitto invece ha triplicato le esecuzioni rispetto agli anni precedenti, mandando a morte i condannati attraverso processi sommari e irregolari e obbligandoli a confessare attraverso metodi brutali. Le altre nazioni che hanno aumentato il numero di condanne ed esecuzioni sono gli Stati Uniti, l’Indonesia e lo Zambia.
Gli USA, insieme al Giappone, sono l’unico paese industrializzato, libero e democratico ad applicare ancora la pena di morte. La pena capitale è legale a livello federale per 42 reati (come ad esempio: alto tradimento, spionaggio che metta in pericolo la sicurezza nazionale, omicidio di agenti federali, omicidi in ambito militare, gravi atti di terrorismo). La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato, a livello federale, che la sedia elettrica, l’impiccagione e la camera a gas, potrebbero essere considerate crudeli, ma non le ha espressamente proibite, mentre non è stata considerata incostituzionale la pena di morte applicata con l’iniezione letale o la fucilazione.
Secondo Amnesty International, in paesi come Brasile, Burkina Faso, Cile, El Salvador, Guatemala, Israele, in tempo di pace la pena capitale è prevista per le sole colpe più gravi come ad esempio omicidio, genocidio e alto tradimento; in altri si applica anche ad altri crimini violenti, come la rapina o lo stupro, o legati al traffico di droga; in alcuni paesi infine è prevista per reati d’opinione come l’apostasia o per orientamenti e comportamenti sessuali come l’omosessualità o l’incesto. C’è poi il reato di corruzione, punito in Cina e Vietnam e quello di blasfemia punito in Pakistan. Possiamo vedere come perfino i passi dell’Antico Testamento affermino la legittimità della pena di morte quando è violata la legge di Mosè. A questi si aggiungono gli episodi di guerra e della storia del popolo eletto, dove i nemici periscono per volontà divina.
Nel 2020, oltre ai paesi già citati, la pena era ancora in vigore in altri 63 stati, tra cui: Afghanistan, Arabia Saudita, Bahamas, Bangladesh, Bielorussia Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giappone, India, Iran, Iraq, Pakistan, Palestina, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Singapore, Siria, Stati Uniti d’America, Yemen e Taiwan. Nello stesso anno sono state registrate 483 esecuzioni ( meno 26% rispetto al 2019 e meno 70% rispetto al 2015), risultando il dato più basso del decennio. Per quanto riguarda invece le condanne, ne sono state rese note 1477 (meno 36% rispetto al 2019), ma in molti casi il calo è dovuto ai rinvii dovuti alla pandemia. Le esecuzioni registrate in Arabia Saudita sono diminuite dell’85%, quelle in Iraq di oltre la metà, mentre nessuna esecuzione ha avuto luogo rispetto all’anno passato in Bahrein, Bielorussia, Giappone, Pakistan, Singapore e Sudan.
Italia, dove per primi si abolì la pena capitale
La pena di morte non è fortunatamente più utilizzata nel nostro paese, ma il percorso che ha portato alla sua abolizione non è stato lineare e ci sono stati molti passi indietro. Il primo Stato in assoluto ad abolire la pena di morte fu proprio il Granducato di Toscana nel 1786 con il codice penale toscano firmato da Pietro Leopoldo. Nel 1790 venne però reintrodotta per crimini eccezionali.
Pietro Leopoldo, era stato influenzato dalle idee di Cesare Beccaria, una figura importantissima nella lotta per l’abolizione della pena di morte. Nella sua opera Dei delitti e delle pene, Beccaria afferma: “Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev’essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a’ delitti, dettata dalle leggi” inoltre “non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa; perché la nostra sensibilità è più facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate impressioni che dà un forte ma passeggero movimento”.
Il ragionamento mostra l’inutilità delle pene che venivano usate rispetto allo scopo perseguito: una pena di grande intensità viene presto dimenticata ed il condannato può essere in grado di godere dei frutti del suo misfatto. Al contrario, una pena duratura impedisce a chi compie un crimine di godere dei frutti del suo reato. Beccaria propone quindi la detenzione in carcere per i colpevoli e i pagamenti come nel caso del contrabbando o dell’insolvenza. Lo stato abolizionista più antico però non è il Granducato di Toscana, infatti la Repubblica di San Marino abolì la pena di morte nel 1865, ma non eseguiva condanne già dal lontano 1468. L’Italia invece la abolì nel 1889, tranne che per crimini di guerra e regicidio, ma venne reinserita nel periodo fascista, per poi essere nuovamente abolita nel 1948.
Il caso più eclatante però riguarda la Francia, perché la ghigliottina vene abbandonata solo a partire dal 1981, con l’abolizione ufficiale della pena di morte. Inoltre, fino al 1939, le esecuzioni avvenivano davanti ad un pubblico, proprio come durante la rivoluzione francese, solo dopo vennero spostate all’interno del cortile del carcere.
Perché opporsi alla pena di morte?
“Oltre a essere una pena disumana e ripugnante, non esistono prove attendibili che essa scoraggi i reati più della pena detentiva” ha detto la direttrice per la ricerca e l’advocacy di Amnesty International, Clare Algar . “Se da una parte dunque è incoraggiante che la vasta maggioranza dei paesi lo riconosca, dall’altra vi è un numero limitato di paesi che, in controtendenza, ha fatto sempre più ricorso alle esecuzioni. Ciò è avvenuto in Arabia Saudita, dove è stata utilizzata anche come arma nei confronti dei dissidenti politici, uno sviluppo preoccupante. Così come è stato sconcertante l’enorme aumento di esecuzioni registrato in Iraq, quasi raddoppiate in un solo anno”.
“La pena di morte è una punizione abominevole e portare a termine esecuzioni nel mezzo di una pandemia ne ha ulteriormente evidenziato la crudeltà. Contrastare la pena di morte è già difficile quando le cose vanno bene, ma la pandemia ha fatto sì che molti prigionieri nei bracci della morte non abbiano potuto incontrare di persona i loro legali e che molti che hanno cercato di fornire aiuto si siano dovuti esporre a gravi, e del tutto evitabili, rischi per la loro salute. L’uso della pena di morte in circostanze del genere è un attacco particolarmente grave ai diritti umani“, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. Le limitazioni introdotte a causa del Covid-19 hanno avuto gravi conseguenze sull’accesso all’assistenza legale e per il diritto a un processo equo in vari paesi, dove gli avvocati difensori non hanno potuto svolgere attività di indagine cruciali o incontrare i loro clienti di persona.
Sempre la Callamard ha affermato che “sono aumentati gli stati abolizionisti ed è diminuito il numero delle esecuzioni note. Il mondo è più vicino a consegnare ai libri di storia questa punizione crudele, inumana e degradante. Alla fine del 2020 un numero record di 123 stati ha approvato la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per una moratoria sulle esecuzioni. La pressione sugli altri stati sta aumentando. La Virginia è da poco diventata il primo stato del sud degli Usa ad abolire la pena di morte, mentre il Congresso si avvia a esaminare svariate proposte di abolizione a livello federale. Sollecitiamo i leader di tutti gli stati che non l’hanno ancora fatto ad abolire nel 2021 l’omicidio sanzionato dallo stato. Continueremo a svolgere campagne fino a quando la pena di morte non sarà abolita ovunque, una volta per sempre”.
Il numero di esecuzioni continua a diminuire, dunque, ma ci sono ancora molti paesi che ricorrono alla pena di morte su larga scala. Il vero obiettivo è quindi quello di denunciare l’uso di queste pratiche crudeli, non solo in paesi in cui non c’è un sistema democratico stabile o è inesistente, ma anche in paesi democratici e industrializzati come gli Stati Uniti, dove l’uso disumano della pena capitale mina l’immagine civilizzata ed emancipata che viene attribuita a questa nazione.
di Gabriele Scarcia
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