Diritto, male inevitabile o cura? Tommaso Greco: “Serve una nuova cultura giuridica”

Per il professore di Filosofia del Diritto, Tommaso Greco, ospite all'Università di Parma, il diritto deve parlare di fiducia, solidarietà e fraternità

Spesso si ritiene che il diritto sia un mondo a sé, distinto e separato dalla vita reale. Insomma si pensa che la società sia altrove che nelle norme. In questo senso il diritto è “esiliato” dalla coscienza comune e si materializza nella vita reale solo per imporre obblighi e sanzioni alle quali l’uomo ubbidisce meccanicamente.

A cosa è dovuta questa cieca ubbidienza?” è la domanda che si è posto Tommaso Greco, professore ordinario di Filosofia del Diritto presso l’Università di Pisa e autore de “La legge della fiducia: alle radici del diritto”. Il docente è stato ospite al terzo incontro de “L’emergenza in democrazia. La democrazia in emergenza. Questioni e problematiche aperte del XXI secolo”, rassegna di incontri dell’Università di Parma organizzato dalla Cattedra di Diritto costituzionale, nell’ambito dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione tenuto dal professor Antonio D’Aloia. L’incontro è partito dagli spunti del saggio di Greco, che riflette sulla funzione del diritto e sull’opportunità di abbracciare una nuova cultura giuridica.

Una tradizione giuridica da scardinare

Come ha ricordato la professoressa Valenti, che ha moderato l’incontro, il libro prospetta una visione del diritto alternativa invitando il lettore a guardare al mondo giuridico da un’ altra prospettiva.

Chi ha a che fare con la legge, infatti, è convinto che il diritto “sia un male inevitabile“. I più arguti, poi, colgono la bontà di questo male e sono portati a pensare che, proprio come il fante tiri le redini del cavallo imbizzarrito, così il diritto freni gli impulsi belligeranti degli uomini costretti a sottomettervisi passivamente. Il diritto si traduce in forza coercitiva e l’uomo diventa un “soggetto naturale che agisce in virtù di una forza, per quanto solo minacciata, che lo spinge. Egli è, pertanto, completamente deresponsabilizzato di ciò che succede nella società, delle relazioni sociali e del proprio agire”.

Quest’uomo, molto più simile a un automa che macchinalmente si conforma alle norme giuridiche, è una creatura prodotta dalla tradizione giuridica predominante che, sulle orme di Machiavelli, presuppone tutti gli uomini rei. “Il mondo giuridico contemporaneo – sostiene Greco – è costruito sull’idea di uomo delinquente”. L’essere umano per natura tende alla prevaricazione e “il diritto è chiamato a impedire che egli impieghi la sua malvagità come inevitabilmente accadrebbe se ne avesse libera occasione”. Questa tradizione “mutila” la realtà, poiché è incapace di vedere la complessità e l’ambivalenza della natura umana.

La legge della fiducia Tommaso Greco

Greco suggerisce di recuperare una visione antropologica differente restituendo alla norma giuridica la capacità di mettere in relazione i soggetti. “Ogni norma chiede sempre a qualcuno di fare qualcosa a favore di qualcun altro. Questa prescrizione che mette in relazione gli uomini dovrebbe riacquistare un valore anche per la teoria del diritto”.

“Se il soggetto è ontologicamente in relazione con l’altro è capace di cooperare, non solo di confliggere.” Una premessa fondamentale per riuscire a cogliere la relazionalità che “nutre” il diritto positivo e discernere la norma primaria dalla norma secondaria. La prima mette in gioco il rapporto tra diritti e doveri, la seconda invece interviene a sanzionare il mancato adempimento dei rispettivi obblighi restaurando l’equilibrio di forze. Recuperare la relazionalità della norma significa introdurre una nuova teoria del diritto che faccia perno sulle aspettative che i soggetti coltivano gli uni nei confronti degli altri e valorizzare la dimensione giuridica delle relazioni.

Questa teoria del diritto, ancora solo agli albori, chiama i giuristi e i cittadini a essere responsabili delle proprie azioni. I giuristi per primi devono prestare al diritto e all’uomo uno sguardo più consapevole, assumendosi la responsabilità di diffondere una visione antropologica diversa e una cultura giuridica nuova. I cittadini, invece, hanno la responsabilità di non trascurare il contenuto della norma ed essere consci di ciò che essa prescrive. “Non c’è ubbidienza acritica al diritto, poiché esso ci chiede sempre una partecipazione al progetto che la norma sta realizzando“.

“Siamo abituati a vedere la solidarietà come un valore esterno al diritto, ma il diritto è relazione anche quando è rafforzato dalla sanzione. La norma, allora, ha una sorta di codice interno al quale deve, a sua volta, conformarsi”. La solidarietà può essere un criterio di interpretazione della norma che guidi i cittadini a cogliere il momento in cui essa si allontani dall’ideale solidale che la relazione persegue. “Il diritto è sempre costrizione ed è sempre relazione. Si tratta allora di capire se queste norme siano congegnate in maniera tale da facilitare la relazione anziché da garantire il dominio degli uni sugli altri” conclude Greco.

di Simona Coduti

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