Ketanji Brown Jackson: la prima donna afroamericana alla Corte Suprema

Nominata dal presidente Joe Biden, la sua candidatura è stata confermata in questi ultimi giorni: sarà nuova giudice associata della Corte Suprema

fonte: Committee on the Judiciary

Giovedì 7 Aprile è arrivata la conferma ufficiale dal Senato degli Stati Uniti: Ketanji Brown Jackson è stata nominata alla Corte Suprema. Prima donna afroamericana a ricevere questo incarico, il suo è un risultato dalla portata storica, considerato che in 233 anni di esistenza, la Corte ha avuto 115 giudici, di cui solo due uomini di colore, e cinque donne.

Classe 1970, campionessa di oratoria al liceo, due volte laureata ad Harvard, giornalista e ricercatrice di fonti per il Time, Ketanji Brown Jackson inizia la sua carriera da giudice come law clerk assistendo anche Stephen Breyer, proprio colui che andrà a sostituire a conclusione del suo mandato alla Corte Suprema nell’estate 2022. Diventa poi per alcuni anni difensore d’ufficio, ruolo per il quale ha ottenuto particolare apprezzamento dai democratici e attivisti e infine giudice distrettuale a Washington.

Ketanji Brown Jackson ha fatto della sua condizione di donna, madre, nera, il suo punto di forza e insieme di saggezza, che riflette nelle sentenze scrupolose, che empatizzano con le diverse parti interessate, nei ragionamenti più o meno “emotivi” a detta di alcuni.

La scalata verso la Corte Suprema

La Corte Suprema rappresenta il più alto organo del potere giudiziario degli Stati Uniti e, in quanto tale, diventarne membro non solo rappresenta l’onere più alto per un giudice, ma risulta alquanto complicato e insidioso. L’istituto federale, fondato nel 1789, è organo giudicante esclusivo nei casi che coinvolgono personalità politiche e nei quali lo Stato è parte lesa , detiene il potere di interpretare quanto disposto nella Costituzione caso per caso e anche di poter annullare gli atti del Presidente e del Congresso, se considerati incostituzionali.

La Corte dal 1969 è stabilmente costituita da un presidente o Chief Justice (attualmente John G. Roberts, in carica dal 2005) nominato direttamente dal Presidente degli Stati Uniti (all’epoca George W. Bush), insieme a otto giudici associati. Una volta preso l’incarico, i giudici lo detengono a vita, a meno che non si dimettano spontaneamente o vengano rimossi attraverso un impeachment della Camera dei Rappresentanti.

Questo ha fatto si che il ricambio generazionale negli anni sia stato stagnante e che i cambiamenti sociopolitici necessari a riflettere meglio l’ambito giudiziario attuale stiano avvenendo con estrema lentezza. Quando il posto di un associato rimane vacante, il Presidente degli Stati Uniti nomina un giudice che poi deve ottenere il consenso dalla maggioranza del Senato. Il liberale Stephen Bryer, 83 anni, ha deciso a gennaio 2022 di dare le proprie dimissioni permettendo al presidente di nominare un nuovo giudice del suo stesso orientamento politico.

La composizione più recente della Corte Suprema
Credit: Fred Schilling, Collection of the Supreme Court of the United States

Il presidente Biden ha mantenuto una promessa fatta durante la campagna elettorale, portando alla più alta carica una giudice donna e nera, affermando all’inizio delle ricerche per la nomina: “La persona che nominerò sarà qualcuno con qualifiche, carattere, esperienza e integrità straordinari”, una figura che porti la diversità professionale e demografica necessaria, in una realtà dominata uomini bianchi.

Le tre plausibili candidate finali erano Leondra Kruger (membro della Corte Suprema della California), Michelle Childs (giudice distrettuale della Carolina del Sud) e la Brown Jackson, che in passato era stata nominata giudice federale dallo stesso Biden, durante gli anni dell’amministrazione Obama.

Il leader della maggioranza al Senato, Chuck Schumer ha affermato: “Oggi stiamo compiendo un passo gigantesco, audace e importante, sul percorso, ben tracciato, per mantenere le promesse fondanti del nostro paese. Questo è un grande momento per il giudice Jackson. Ma è un momento ancora più grande per l’America” .

Le donne nere rappresentano solo il 5% degli studenti che ogni anno frequentano Legge negli Stati Uniti e le condizioni per gli uomini afroamericani o le donne bianche nell’ambiente giuridico non sono migliori. All’interno della Corte, il primo giudice afro-americano – Thurgood Marshall – fu nominato solo nel 1967 dal Presidente Lyndon Johnson. Fu necessario attendere fino al 1991 Clarence Thomas, attualmente in carica, per avere un altro giudice nero.

Ketanji Brown Jackson e il Presidente Biden alla Casa Bianca per la celebrazione della sua conferma l’8 aprile
© Jim Watson, Getty Images

La prima donna invece, Sandra Day O’Connor, fu nominata da Reagan nel 1981; a seguire ci fu Ruth Bader Ginsburg (1993-2020) e poi le tre giudici attualmente in carica Sonia Sotomayor (2009), Elena Kagan (2010) e Amy Coney Barrett (nominata dal presidente Trump nel 2020, dopo la scomparsa della Ginsburg). Ketanji Brown Jackson è inoltre la prima giudice dopo trent’anni ad aver lavorato anche come avvocato d’ufficio nella sua vita, assistendo clienti indigenti che non l’avevano commissionata personalmente e secondo Noreen Farrell “In quanto persona che ha rappresentato clienti indigenti e persone che non sono sempre state trattate in modo equo dal sistema giudiziario, comprese le persone provenienti da comunità di colore, darà alla Corte una nuova prospettiva”.

Il forte scontro con i Repubblicani

La notizia della neoeletta giudice non è stata particolarmente gradita alla parte ‘rossa’ degli Stati Uniti, che ha cercato di ostacolare il più a lungo possibile la sua conferma, anche attraverso attacchi “sottilmente razzisti” come ha evidenziato il Washington Post.

Le audizioni a cui è stata sottoposta durante il periodo di valutazione – che dura all’incirca sei settimane – sono state serrate, piene di false accuse – come quelle sull’essere “poco severa con i pedofili” o di avere pregiudizi contro i cattolici fra le altre, per cui il leader dei Repubblicani al Senato, Mitch McConnell, ha definito la sua possibile nomina “irricevibile” – e polemiche sterili: le è stato addirittura chiesto se la Teoria critica della razza la influenzasse nelle sue decisioni giuridiche.

Alla fine, però, l’ago della bilancia sono stati proprio tre senatori repubblicani, i conservatori Susan Collins, Lisa Murkowski e Mitt Romney, che si sono espressi a suo favore confermandola con 53 voti positivi su 100. Comunque sia la sua presenza nella Corte Suprema non va ad intaccare la palese maggioranza repubblicana (sei su nove dei giudici massimi sono conservatori).

Intanto, durante l’evento alla Casa Bianca tenutosi il giorno seguente, Brown Jackson, commossa, accanto al presidente ha ricordato come nella sua famiglia, “è bastata una sola generazione per passare dalla segregazione alla Corte Suprema”, ricordando i genitori, poi diventati insegnanti, costretti a frequentare scuole esclusivamente per neri.

di Giulia Padova

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*