Essere una vittima di femminicidio passa in secondo piano se sei un’attrice porno

Dopo il ritrovamento del corpo di Carol Maltesi i giornali si sono riempiti di un becero sessismo e di stereotipi di genere che finiscono, ancora una volta, per colpevolizzare la vittima

Il 21 marzo, in una discarica abusiva del comune di Borno, è stato ritrovato il corpo di una donna all’interno di alcuni sacchi neri. Dopo numerose indagini, gli inquirenti sono risaliti all’identità della vittima: la 26enne Carol Maltesi, riconosciuta grazie alle foto dei suoi tatuaggi. Nessuno aveva denunciato la sua scomparsa.

Carol Maltesi è stata uccisa fra il 10 e l’11 gennaio, due mesi prima del ritrovamento, a Rescaldina dal suo vicino di casa, Davide Fontana. I due avevano avuto una breve relazione e girato alcuni video per adulti sulla piattaforma Onlyfans. Per due mesi Fontana si è fatto passare per Carol su Whatsapp, rispondendo ai messaggi di amici, parenti e conoscenti.

Secondo quanto emerso in questi giorni, a scatenare l’ira di Davide Fontana è stata una telefonata dell’ex compagno di Carol Maltesi che le chiedeva quando intendesse trasferirsi a Verona. La donna intendeva lasciare Rescaldina per stare più vicina al figlio di sei anni. L’uomo è accusato di omicidio volontario aggravato, distruzione e occultamento di cadavere.

Fin dal primo momento i media hanno seguito con grande attenzione questo caso, dando prova, ancora una volta, della totale inadeguatezza nel raccontare vicende del genere. Tutti i giornali si sono soffermati sul lavoro della ragazza come attrice hard e hanno iniziato una corsa al dettaglio più succulento da offrire ai lettori. Il risultato? Se andiamo su Google e scriviamo “Carol Maltesi” i primi suggerimenti, in ordine, sono “Carol Maltesi in arte”, “Carol Maltesi film” e “Carol Maltesi video”.

Gli errori compiuti dai giornali emergono già dai titoli. “Perché Davide Fontana ha ucciso Charlotte Angie”, “Omicidio della porno attrice Carol Maltesi”, “Donna fatta a pezzi nel bresciano” e ancora “Le foto dell’ultimo show di Carol Matesi”.

Alcuni la definiscono semplicemente una donna, pur sapendo già il suo nome, ma non si fanno sfuggire il fatto che sia stata fatta a pezzi. Altri utilizzano il suo nome d’arte e c’è chi propone addirittura delle sue foto durante una serata allo Showgirls Disco Sexy di Bolzano. Un’attenzione rivolta tutta all’immagine della pornostar, dimenticando che Carol Maltesi era prima di tutto una donna e una madre. Non è mancato poi il tocco di classe di Dagospia che, riprendendo un articolo di Paolo Colonnello per La Stampa, ha realizzato un’immagine di copertina facendo un collage di scatti intimi della vittima.

L’omicidio brutale, la deturpazione del corpo e la scomparsa di una ragazza passata inosservata per mesi finiscono in secondo piano rispetto al particolare che fosse iscritta a una piattaforma online dove si condividono scatti e video hard. La parola femminicidio è troppo ingombrante, meglio parlare di omicidio di una porno attrice.

Carol Maltesi non è la vittima ideale che la nostra società si aspetta e quindi, anche ora che è morta, viene etichettata e giudicata, finendo nel meccanismo del victim blaming. Si raggiunge l’apice della volgarità quando il comico Pietro Diomede, di fronte a una simile tragedia, twitta: “Che il cadavere di una pornostar fatta a pezzi venga riconosciuto dai tatuaggi e non dal diametro del buco del c**o non gioca a favore della fama della vittima”.

Intervistata da Lo Speciale, la criminologa Roberta Bruzzone si è espressa sul caso e ha affermato: “Il messaggio che si sta cercando di far passare è devastante. Il fatto che la vittima facesse la pornostar sembrerebbe quasi avvalorare l’idea che in fondo una fine del genere fosse da prevedere. Siamo sempre al vecchio e abusato stereotipo che porta a dire che in fondo se l’è cercata. Ogni volta che una donna subisce reati violenti, soprattutto a sfondo sessuale, chissà perché si finisce sempre con il cercare pretesti per colpevolizzare la vittima, come se alla base è sempre lei a provocare il tutto. Si tenta sempre di individuare una corresponsabilità fra vittima e carnefice. Il modo in cui si sta raccontando questa vicenda lo definirei vergognoso”.

Possiamo cogliere questo becero sessismo da un altro particolare: di Carol Maltesi si parla in continuazione per la sua professione di attrice porno e Davide Fontana, anche lui attore hard, viene descritto sempre come food blogger e bancario. Viene da chiedersi il perché di questa differenza a livello di trattamento mediatico.

Leggendo questi articoli, un altro aspetto che salta subito agli occhi è l’attenzione spasmodica verso i macabri dettagli dell’omicidio e del ritrovamento del corpo.

Il Giorno scrive: “Fontana prende un martello e la colpisce con violenza, ovunque, e fino a ridurla in fin di vita, rantolante. Qui, vedendola soffrire, secondo quanto avrebbe riferito, sarebbe sceso in cucina per recuperare il coltello col quale le ha tagliato la gola, uccidendola. Il tutto mentre la telecamera riprendeva la scena. Fontana, dopo l’omicidio, ha iniziato il tragico rituale con il quale, soltanto alla fine di diversi tentativi di distruggere i resti della donna, è riuscito a disfarsi del corpo. Il viaggio in un agriturismo di Cittiglio, dove l’uomo prova a bruciare il cadavere, tentativo ripetuto anche in una casa di campagna del Novarese, poi il depezzamento dei resti, infine la conservazione del cadavere dentro al freezer a pozzetto, comprato appositamente online e ritrovato dagli stessi inquirenti dentro l’appartamento. E poi il 20 marzo l’ultimo viaggio, seguito a un sopralluogo, con l’auto della stessa vittima e il cadavere nel bagagliaio, fino alla Valcamonica, dove sbarazzarsi dell’ingombrante carico in un dirupo”.

Abbiamo realmente bisogno di tutto questo? Si può definire una giovane donna di 26 anni un “ingombrante carico”? Forse, il racconto ossessionato di questi particolari, ripetuti in ogni articolo, ha il vero scopo di attirare lettori e non tanto di offrire una “corretta informazione”. Quello dei media è un oltraggio inaccettabile che dovrebbe farci riflettere. Il giornalismo sta perdendo non solo il suo scopo, ma anche la deontologia, il buon senso e la sua umanità, in nome dei click o della vendita di qualche copia in più.

Intanto perdiamo di vista gli aspetti più importanti di questa triste vicenda: ancora una volta una donna è morta sotto le mani di un uomo violento che non poteva tollerare di perdere il controllo su di lei. Per mesi poi a nessuno è sembrato strano non ricevere alcuna chiamata da Carol o un semplice vocale su Whatsapp, nessuno ha insistito per vederla. La domanda sorge spontanea: è ancora così importante sapere del suo lavoro o di come Fontana l’abbia fatta a pezzi? La morte di Carol Maltesi dovrebbe spronarci a essere più attenti ai nostri familiari, amici, vicini. Una ragazza scompare per due mesi e nessuno sospetta di nulla, ecco a cosa ci sta portando l’egoismo e la solitudine che ormai caratterizza sempre di più le nostre vite.

di Laura Ruggiero

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