L’enfant prodige Xavier Dolan e i suoi film per la ‘liberazione’

Il giovane talento canadese è stato protagonista di una masterclass a Torino. Scopriamo due delle sue opere più 'libere': Mommy e Laurence Anyways

Dal profilo Facebook Xavier Dolan – Le site

Un regista, attore e sceneggiatore che riconosce sin da subito la sua strada nell’arte del cinema, nella possibilità di dividere con il pubblico la sua visione delle vita e delle problematiche ad essa legate e che nel modo si distacca dal convenzionale: Xavier Dolan.

Giovane e carismatico, sicuro delle storie da voler raccontare, trentatré anni e una carriera che gli costa il soprannome di enfant prodige, etichetta che però non gli va a genio. Aspetto e animo da eterno sognatore, Xavier mette nei suoi film tutto se stesso. Per questo motivo afferma di soffrire quando il pubblico arriva ad odiare una sua opera: “è come se odiasse me”.

Il 16 maggio è stato a Torino, ospite speciale e protagonista di una masterclass al museo nazionale del cinema.

I primi passi nel mondo del cinema

Dolan sul set di “È solo la fine del mondo”, blog.xavierdolan.it

Dolan è nato a Montrèal, in Canada, il 20 marzo 1989 e ben presto ha le idee chiare su quale sia la sua passione: condividere le difficoltà legate soprattutto al contesto sociale, sessuale e ai rapporti familiari. I suoi film rappresentano per lui lo strumento per risolvere quelle realtà: di chi si sente di fare parte di minoranze e non riesce a liberarsi di questo stato. Le sue pellicole sono una sorta di percorso per la liberazione.

La sua carriera iniziò prestissimo, recitando per la prima volta quando è ancora un bambino. Il mondo del cinema diventò presto la normalità a cui abituarsi e di quel mondo presto s’innamorò. Dopo aver avuto la prima esperienza lavorativa il telefono si silenziò per un po’ di tempo e la sua vita professionale fu messa in pausa forzata. Temendo così di non riuscire più a recitare a soli 16 anni pensò di scrivere un film in cui inserire tra i personaggi se stesso, il primo dei suoi film: J’ai tuè ma mere. Il film ricevette molti riconoscimenti e da quel momento inizierà il suo successo cinematografico.

Il difficile rapporto tra madre e figlio

Movieplayer.it

Nel film racconta il rapporto che sarà al centro di quasi tutti i suoi lavori, quello tra madre e figlio. La figura della madre per Dolan è essenziale, perché mette in evidenza alcuni degli aspetti problematici della vita dell’artista. La ricerca dell’attrice che deve coprire quei panni o comunque un ruolo principale nel film, è fondamentale e scrupolosa e spesso il regista si ritrova a voler scritturare la stessa persona, ritenendola all’altezza. Un esempio sono Anne Dorval e Suzanne Clement, che ritroviamo in molti dei suoi film.

“Ho ucciso mia madre” il titolo del film ci fa intuire una turbolenta relazione tra i due personaggi, madre e figlio, tra cui poche volte nel lungometraggio subentreranno scene di amore se non mascherato da forte ostilità soprattutto da parte dello stesso Xavier che in “J’ai tuè ma mere” è Hubert, il protagonista, figlio della Dorval nei panni invece di Chantale.

Sempre il 16 maggio al museo del cinema, Dolan ha introdotto Laurence Anyways, uno dei suo film che più rappresenta la questione della libertà di genere.

Inseguire la libertà, “Laurence Anyways”

Distribuzione Movies Inspired

Questa opera cinematografica ci accompagna dettagliatamente e intimamente nella scelta di un uomo di lasciarsi andare ai suoi desideri. Scelta che gli permetterà di esprimersi nel modo per lui più confidenziale. Laurence Alia (Melvin Poupaud) è un professore di letteratura con una vita professionale e familiare abbastanza soddisfacente, se non fosse che dentro di sé mantiene un segreto che lo rende infelice, ovvero quello di sentirsi intrappolato in un corpo sbagliato: quello di un uomo, in cui non si ritrova minimamente.

Laurence è sposato felicemente con Frèdèrique (Suzanne Clement) e nonostante la sua importante pulsione è sicuro del sentimento che lo lega alla donna, che continuerà ad amare fino all’ultimo e con la quale avrà momenti di grande condivisione. Il professore approfitta del giorno del suo compleanno per affrontare la questione e confessare tutto alla moglie. Trentacinque anni appena compiuti e una candelina da spegnere. Il desiderio? Vestirsi come una donna, truccarsi come una donna: essere una donna.

Frèdèrique si rileva, al contrario di ciò che ci si potrebbe aspettare, comprensiva dinanzi al desiderio del marito seppure inizialmente avrà attimi di confusione. Si comporterà oltre che da amante, da amica, aiutandolo nel percorso di transizione, con consigli e aiuti pratici. Il film è un’esplosione di colori che rappresentano il momento del fondamentale passo verso la libertà. L’aspetto visivo è importante e coinvolge lo spettatore, che viene catapultato dentro il forte impeto della felicità, come d’altronde in tutti i film di Dolan.

“Mommy”: il capolavoro di Dolan

Distribuzione Good films

Il film in cui, più di tutti, il forte bisogno di libertà diventa il vero protagonista è Mommy, in questo lungometraggio libertà e soppressione di essa convivono alternandosi quasi continuamente. Steve (Antoine Olivier Pilon) incarna perfettamente e con immutabile energia la necessità di essere felice e di vivere fregandosene dell’altro, in cui riconosce solo una minaccia. Steve è un ragazzo di 15 anni affetto da deficit dell’attenzione e iperattività di tipo oppositorio-provocatorio, che nutre nei confronti della madre, ancora una volta Anne Dorval nel film col nome di Diane, un sentimento morboso e che non riesce mai a misurare.

Distribuzione Good films

Diane a causa del figlio problematico vive momenti difficili in cui teme di non riuscire più a gestirlo, sarà proprio così quando decide di farlo sottoporre a un trattamento sanitario obbligatorio. Nella scena finale con “Born to die” come sottofondo, Steve riesce a sfruttare un momento di distrazione del personale sanitario per scappare. La macchina da presa riprende il ragazzo di spalle mentre corre come a voler afferrare la sua libertà. La scena regala un crescendo emotivo anche grazie alla canzone di Lana Del Rey che calza a pennello. Proprio questa fa presagire un finale drammatico: sembra infatti, che Steve decida di suicidarsi, nonostante l’espressione del suo volto durante la fuga esprima una forte liberazione.

Distribuzione Good films

Xavier riesce con ogni suo film a far diventare tangibile ogni emozione e sentimento. Delinea con profondità i caratteri dei personaggi che vestono quest’ultimi di unicità. Una costante è l’introspezione, il guardare dentro se stessi e lasciar andare quel fiume di passione che però saprà essere quasi sempre un ostacolo da superare.

La determinazione e la lucidità con cui porta a termine ogni lavoro lo contraddistinguono e rendono ogni film unico nel suo genere. Valori e sentimenti con cui abbiamo bisogno di rapportarci sempre e che regalano forti emozioni rendendoci sia pubblico che protagonisti.

di Giuliana Presti

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