Scienza a scuola: le sfide dei docenti e il “Science Capital Approach”
Il mondo della scienza è molto più di provette e curiosi esperimenti ed è sempre difficile trasmetterlo alle giovani generazioni: secondo alcuni studi sarebbero poco inclini a carriere scientifiche
Come può la scienza – complessa, incerta, ambigua – essere oggetto di insegnamento nella scuola, metafora di certezze, di basi solide e di conoscenze affidabili? Come spiegare in parole semplici ed efficaci gli innumerevoli e simultanei movimenti che avvengono nell’Universo o la straordinaria quantità di reazioni che, con estrema precisione, si susseguono in ogni cellula del corpo umano?
Difficile comunicare agli adolescenti che la scienza non è costante divertimento, ma anche rigorosa precisione e esperimenti che si ripetono a oltranza, misurazioni, dati e tabelle, fallimenti e capacità di ripartire. Per fortuna l’University College of London arriva in soccorso con un nuovo metodo didattico per l’apprendimento della scienza.
Comunicare la scienza in classe: la sfida di ogni giorno
Questa è la grande sfida quotidiana che l’insegnante di scienze affronta ogni mattina entrando in classe. Di certo la risposta non può essere nella semplificazione eccessiva dei contenuti, che rischia di sfociare nella banalità. Studi del King’s College London rivelano che, sebbene il 70% degli studenti trovi interessanti le materie scientifiche e ne riconosca l’importanza, meno del 20% aspira ad una carriera nella scienza. Se poi ad essere intervistate sono le ragazze, la percentuale scende al 12%. Esse tendono, inoltre, a definirsi poco femminili, confermando lo stereotipo secondo cui la scienza è cosa da uomini.
In risposta a questa osservazione, l’UCL ha sviluppato una metodologia didattica, chiamata Science Capital Approach, volta ad accrescere il capitale scientifico, quel bagaglio che ognuno porta con sé nella vita e che contiene conoscenze, attitudini, esperienze e relazioni scientifiche. Questo approccio tiene conto dell’interesse per le scienze nella vita quotidiana, della lettura di libri, della visione di film e serie tv a sfondo scientifico, della partecipazione ad eventi e manifestazioni. Vengono considerate, inoltre, l’inclinazione ad affrontare discussioni sulla scienza nella vita quotidiana e la rete di relazioni con persone che svolgono carriere in tale ambito. Maggiore è la capienza di questo ‘zaino ideale’, maggiori saranno la passione e la propensione per la scienza nel corso della vita.
In particolare, il Science Capital Approach si basa sulla capacità dell’insegnante di mettere ciascuno studente a proprio agio, creando opportunità e contesti in cui ognuno possa esprimere liberamente la propria opinione, rovesciando lo stereotipo che questa materia sia appannaggio esclusivo degli allievi più brillanti. Partendo dal vissuto dei ragazzi, il docente può rapportare la scienza alla vita di ogni giorno, accendendo la scintilla della curiosità.
Nel proprio quotidiano, nelle esperienze vissute, nella realtà che li circonda – come la strada che percorrono per andare a scuola, la città in cui vivono, lo sport che praticano – gli alunni scoprono che la scienza permea ogni cosa e che molti dei lavori svolti dai loro genitori hanno direttamente o indirettamente a che fare con essa.
Interviste rivolte a insegnanti che hanno adottato questa metodologia rivelano che gli studenti coinvolti sono maggiormente interessati a contenuti scientifici e più partecipi alle lezioni. Inoltre, si considerano più portati per le materie scientifiche. La percentuale di alunni che riconoscono il ruolo della scienza nella vita quotidiana sale dal 26% all’inizio dell’anno scolastico al 36% alla fine della scuola, mentre quella di studenti che si sentono coinvolti e conosciuti dall’insegnante dal 12% al 27%.
Accendere la curiosità tra i banchi di scuola
Secondo Claude Levi Strauss, lo scienziato non è l’uomo che fornisce le vere risposte: è quello che pone le vere domande. Insegnare scienze non è rispondere ai perché, ma suscitarli; non è dare certezze, ma fornire la giusta lente d’ingrandimento per mettersi alla ricerca delle risposte. Dovrebbe emozionare gli adolescenti, raccontare le vite, le fatiche, le gioie degli scienziati e delle scienziate che, con la stessa lente, lo stesso zaino e gli stessi dubbi sulle spalle, si sono incamminati lungo il sentiero della conoscenza.
Dovrebbe trasmettere la passione di chi – su quella strada – ha speso la propria vita giorno dopo giorno, raccontando gli insuccessi e le grandi scoperte, svelando la bellezza dell’errore come passaggio necessario per la conoscenza. Apprendere la scienza non è memorizzare nozioni, ma affacciarsi alle porte della realtà con gli occhi di un bambino curioso, è intraprendere un viaggio avventuroso ai confini dell’inverosimile, per scoprire che le leggi della fisica e della natura superano in originalità qualsiasi immaginazione. E allora, se l’insegnante riuscirà a coinvolgere gli alunni facendo breccia nei loro cuori e a scorgere un piccolo luccichio di meraviglia nei loro occhi, la sua missione sarà compiuta.
di Lavinia Bisceglie
Questo articolo è stato realizzato per la rubrica Comunicare la scienza, realizzata in collaborazione con gli studenti del Master Cose dell’Università degli studi di Parma
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