Migranti, UE e Marocco: la lotta all’immigrazione nello scacchiere geopolitico

A Melilla migliaia di migranti provano a entrare in Unione Europea. Il Marocco li ferma e stabilizza accordi diplomatici, gettando le basi per nuovi equilibri internazionali

Venerdì 24 giugno circa 2000 migranti hanno provato a prendere d’assalto le recinzioni di confine tra Marocco e Spagna, a Melilla, exclave costiera spagnola in nord Africa e punto più meridionale dell’Unione Europea. Secondo le autorità della città, circa 500 migranti sono riusciti a raggiungere le recinzioni, che sono poi state aperte con delle tronchesi. Gli assalitori erano dotati di utensili per riuscire a creare una breccia, in quella che la Guardia Civil di confine descrive come un’azione “perfettamente organizzata e violenta”. Secondo gli ultimi dati, circa 130 persone sono riuscite a raggiungere il territorio spagnolo, mentre gli altri sono stati coinvolti per due ore in scontri con le forze anti sommossa: che hanno portato alla morte di almeno 20 migranti e il ferimento di molti altri, sia tra i migranti che tra le forze di polizia. 

Le autorità di frontiera spagnole e marocchine, lavorando congiuntamente, hanno sedato l’assalto, ma non senza polemiche, con i principali organi d’informazione che parlano di una vera e propria strage di migranti.

La porta meridionale d’Europa

Solitamente i migranti, provenienti dall’Africa subsahariana, si stabiliscono in villaggi improvvisati pochi chilometri fuori Melilla, come quello sul monte Gurugú, situato a circa 800 metri di altitudine sull’altopiano della città marocchina di Nador. Qui vivono in tende fatiscenti, aspettando di raggiungere un numero sufficiente di persone per riuscire ad assaltare la zona di frontiera. Compito indubbiamente non semplice, visto che dal lato marocchino si incontrano, oltre a pattuglie a piedi e videosorveglianza, un fossato profondo due metri e due recinzioni alte sei metri, dotate di filo spinato. Superate queste prime strutture di sicurezza, dal lato spagnolo si incontrano una recinzione alta sei metri, seguita da una seconda recinzione con la cima flessibile – che rende la scalata più difficoltosa – seguita a sua volta da una terza recinzione, più alta, con cima flessibile e filo spinato. Per i pochissimi che superano tutto questo, non resta che percorrere – di corsa ed evitando la Guardia Civil – i cento metri che li dividono da un centro immigrazione spagnolo, dove godono di tutele europee in merito di rifugiati. 

Il presidente spagnolo Pedro Sánchez – che lo scorso Aprile si è recato a Rabat per far visita al Re marocchino Mohammed VI, facendo un passo fondamentale verso la risoluzione delle dispute sul territorio del Sahara Occidentale – ha descritto l’attacco alla frontiera di Melilla come “violento e organizzato da mafie che trafficano con gli esseri umani in una città che è territorio spagnolo. Un attacco violento all’integrità territoriale del nostro Paese. Inoltre dobbiamo anche ricordare che la gendarmeria marocchina ha lavorato in coordinamento con le forze dello Stato per respingere questa violenta aggressione a cui abbiamo assistito ieri nella città autonoma di Melilla. Se c’è qualcuno responsabile di tutto quello che sembra essere successo a questo confine, sono le mafie che trafficano esseri umani”.

Dichiarazioni forti a supporto dello sforzo congiunto dei due Paesi, soprattutto dopo che, come accennato, per la prima volta la Spagna ha dato il suo appoggio al Marocco riguardo la proposta di garantire maggiore autonomia alla regione del Sahara Occidentale – ex colonia spagnola – purché rimanga sotto il governo marocchino. La disputa, iniziata nel 1976 con l’annessione da parte del Marocco della regione – ricca di fosfati e con zone fertili per la pesca nell’Oceano Atlantico – vede impegnata Rabat e il Fronte Polisario, un’organizzazione militante e movimento politico attivo nel Sahara Occidentale e supportato dall’Algeria, che ha imbracciato le armi negli anni settanta e continua a richiedere un referendum per la propria indipendenza. La stessa Algeria, in risposta alle dichiarazioni di Madrid a favore del piano marocchino, ha interrotto parte delle sue relazioni economiche con la Spagna.

Il Sahara Occidentale

Le preoccupazioni relative alla situazione in Nord Africa, però, non riguardano solo la Spagna, ma tutta l’Unione Europea. L’alleanza con Rabat è infatti considerata cruciale sia per la lotta ai gruppi religiosi armati, sia per limitare il crescente numero di migranti che vogliono raggiungere l’Europa nella loro fuga da violenza e povertà. 

José Manuel Albare, Ministro degli esteri spagnolo, ha dichiarato che “l’uso dell’immigrazione illegale come arma, così come il terrorismo jihadista nel Sahel, sono minacce che l’Europa deve affrontare sul suo fronte meridionale”. 

Diplomazia marocchina

Il Marocco, che gode di una Advanced Status Partnership e di un Free Trade Agreement con l’Unione Europea, oltre a far parte dell’ European Neighbourhood Policy e della Union for the Mediterranean – tutte iniziative internazionali che mirano ad agevolare rapporti politici e commerciali tra diversi Stati – sta assurgendo a nuova pedina fondamentale per la zona del Mediterraneo, ma non solo. Infatti, dopo aver riallacciato i rapporti con la Spagna riguardo la questione del Sahara Occidentale, si è aggiudicato nel mese di giugno il ruolo di Paese ospitante del quattordicesimo US-Africa Business Summit, che sarà tenuto – con il tema di ‘Building Forward Together’ – dal 19 al 22 luglio a Marrakech in partnership con Africa50 (la piattaforma di investimento infrastrutturale pan-Africana). Si incontreranno Capi di Stato africani, membri del governo USA, imprenditori e senior executive di aziende americane e africane che operano in settori che contribuiscono alla crescita economica del continente, nonché al lancio su scala globale di iniziative in quei settori in cui l’Africa ha le possibilità per dire la sua, come tecnologie dell’informazione e della comunicazione, salute, energia ed estrazione mineraria. 

Alain Ebobissé, CEO di Africa50, ha dichiarato: “Questo importante evento arriva in un momento cruciale, in cui il continente sta affrontando shock esterni senza precedenti e sta provando a recuperare dopo la pandemia da Covid-19. C’è la necessità di risposte forti, innovative e coraggiose per accelerare la ripresa mentre spingiamo per una crescita che sia sostenibile e favorevole al clima”.

Da Washington a Tel Aviv

L’amministrazione Biden sta dando priorità all’allargamento delle relazioni economiche con l’Africa, e in questo contesto il Marocco gioca un ruolo fondamentale. Non solo infatti è l’unico Paese africano a godere di un Free Trade Agreement con gli Stati Uniti – grandi investitori in Africa, soprattutto nei settori di aviazione, agribusiness e industria automobilistica – ma avrà anche molto da mettere in mostra durante il summit, come l’ottenimento dell’aumento degli scambi commerciali interafricani, con l’obiettivo di migliorare gli scambi tra Stati Uniti e Africa, gli investimenti e in generale le relazioni commerciali tra i due continenti. 

Il Marocco, in una posizione strategica per gestire flussi commerciali provenienti da Africa, Europa e Stati Uniti, ha però grande importanza anche in Medio Oriente. Mentre stringe i rapporti diplomatici a nord (Spagna), e lavora a un miglioramento economico verso sud (Africa) e ovest (Stati Uniti), guarda anche verso est. Fa parte dell’Alleanza Arabo-Israeliana contro l’Iran, ed è membro fondatore del Summit del Negev, un incontro annuale – il primo è stato a marzo 2022 – tra Israele, Marocco, Stati Uniti, Egitto, Bahrain ed Emirati Arabi Uniti. Proprio in quell’occasione c’è stata la mossa diplomatica di apertura verso Israele del Paese nordafricano – dal 2020 i due Paesi stanno intensificando i rapporti con il supporto degli Stati Uniticon la prima storica visita di sempre del Ministro degli Esteri marocchino Nasser Bourita in Israele. Non a caso Royal Air Marocco – principale compagnia aerea marocchina e di proprietà, per il 95,95%, dello Stato – ha aperto voli diretti verso Tel Aviv nello stesso periodo. In occasione dell’incontro, Bourita ha dichiarato: “Siamo qui oggi perché crediamo genuinamente, sinceramente e profondamente nella pace”. Una pace che, senza mezzi termini, guarda alla Repubblica Islamica dell’Iran.

di Alex Iuliani

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