Case intelligenti e più sicure: tecnologia al servizio della terza età

IL DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’INFORMAZIONE IN PRIMA LINEA NELLA RICERCA

CardeaProductsDomusRendere più sicura la vita quotidiana delle persone anziane all’interno delle proprie mura domestiche. E’ questo l’obiettivo di un gruppo di lavoro in domotica e tecnologie assistive che da tempo, al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università degli studi di Parma, porta avanti diversi progetti per vere e proprie case intelligenti. Il gruppo è composto dal  professore ordinario Paolo Ciampolini, dalla prof.ssa Ilaria De Munari, dal ricercatore Guido Matrella, dal tecnico Valentina Bianchi, dai tre post-doc Niccolò Mora (fresco finalista di un concorso internazionale grazie all’App ‘Fitness Hunt’), Ferdinando Grassi e Agostino Losardo e dal dottorando Claudio Guerra. I principali settori della loro ricerca, sono tre.

 MONITORAGGIO E SICUREZZA IN CASA– Il primo progetto (Ambient Assisted Living) riguarda la realizzazione di un sistema di automazione domestica, aperto, scalabile e con tecnologie libere. Lo scopo è quello di portare maggiore sicurezza e monitoraggio in casa attraverso la realizzazione di oggetti intelligenti che diventano sensori collegati in rete e capaci di mandare informazioni online e di intervenire quando qualcosa non funziona. Per questo è nato Cardea, un sistema integrato di controllo dell’ambiente domestico, di monitoraggio e di assistenza remota tutto in un unico strumento. Attraverso sensori posti nelle abitazioni si cerca anche di delineare il profilo delle attività della persona monitorata e di individuare eventuali cambiamenti nelle abitudini di vita (analisi comportamentale) che spesso sono la spia dell’insorgenza di problemi. Per esempio, la riduzione dell’attività motoria all’interno della propria abitazione potrebbe essere sintomo di una difficoltà a deambulare insorta con il passare del tempo. I prodotti realizzati per l’automazione domestica vengono già venduti dallo spin-off I-cubo.it, realizzato dagli stessi ingegneri del dipartimento. Vi è quindi una commistione tra ente di ricerca e commercializzazione dei prodotti di ricerca.

MuSA-belt600x400SENSORI INDOSSABILI– Raggiunto l’obiettivo di monitorare lo stato della casa attraverso internet, il secondo progetto è stato quello di realizzare dispositivi wearable, cioè dispositivi indossabili, per monitorare le attività personali delle persone in difficoltà e tenere contemporaneamente sotto controllo i parametri vitali. Il wearable, della grandezza di una chiavetta usb, è in fase di ricerca avanzata, per ora serve per le chiamate di emergenza e come sensore di cadute. Musa (Multi – Sensor Assistant) è una piattaforma multisensoriale completamente integrata nel sistema Cardea. Il modulo può includere: un pulsante per la richiesta di assistenza, un rilevatore di caduta, un sensore della frequenza cardiaca e respiratoria e un sensore della temperatura corporea.

BRAIN-COMPUTER INTERFACE- Il terzo progetto ancora in fase di ricerca accademica è quello basato sull’interpretazione dell’attività cerebrale dell’utente tramite lo studio di potenziali evocativi visivi. Il progetto di interfacce computer-cervello (BCI) è senz’altro quello più arduo da realizzare e servirebbe a fornire un canale di comunicazione aumentativa agli utenti privi di controllo dei muscoli volontari. Attraverso l’elettroencefalografia, questo progetto mira a trovare relazioni tra il cervello e stimoli luminosi come i led,  associando la frequenza dei led ai potenziali cerebrali prodotti, così da capire quale led il paziente stia guardando. Associando ad ogni led un determinato comando, come ad esempio una direzione in una tastiera (alto, basso, destra, sinistra), una persona può navigare attraverso un menù. Questo potrebbe essere particolarmente utile per persone affette da malattie neurodegenerative, come la Sla, i quali non possono compiere alcun tipo di movimento o comunicare verbalmente. L’utente dovrebbe essere in grado di ottenere il controllo senza sforzo, senza fasi di ottimizzazione in termini di tempo. Difficile, ovviamente, è capire con certezza il led che il paziente guarda e se guarda realmente il led, purtroppo spesso il rumore vince sul segnale e quindi il rischio di attivare un comando senza che questo sia stato richiesto è alto. L’obiettivo è quello di ridurre al minimo il margine di errore e minimizzare i falsi positivi, il principale ostacolo per l’effettiva applicazione di controllo BCI.

 

di Letizia Cicchitto e Alessia Tavarone

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