Donne, carriera e potere: è talento o propaganda?
Cambiamenti nella società e nella carriera di donne: quanto i social influiscono e quanto c'è di genuino dietro a tutta l'informazione
Che le donne oggi ricoprano sempre di più ruoli importanti e dirigenziali è un dato di fatto. Lentamente la nostra società sta aprendo le porte del lavoro e della carriera anche al genere femminile, per lungo tempo escluso e tralasciato.
Sono sempre più le donne in politica, donne premier (recentemente anche in Italia per la prima volta), donne a capo di imprese. Ma l’informazione, nel raccontare questo nuovo women power, esprime davvero un interesse per il valore delle donne o si tratta semplicemente di una ‘bella copertina’ che rende più appetibili i titoli di giornale?
Storicamente sono sempre stati gli uomini a occupare la maggior parte dei ruoli dirigenziali e di potere, lasciando le donne ad altre mansioni. Questa caratteristica ha riguardato per molto tempo le società, che solo negli ultimi tempi hanno iniziato a trasformarsi.
Dalle indagini Istat condotte nel 2019 risulta che solo un terzo di donne ricopre ruoli di manager in Europa e che lo stipendio medio di una donna sia inferiore rispetto a quello di un uomo, in particolar modo quando parliamo di ruoli dirigenziali. Anche se oggi la situazione appare in miglioramento, persistono delle differenze notevoli: secondo l’indagine di Women in Charge risulta che, nel 2020, il gender pay gap ammontasse all’11,5% nella retribuzione fissa, e che la maggior parte delle donne riscontrasse grandi ostacoli per la crescita di carriera, dovuti soprattutto alla discriminazione di genere per cui gli uomini vengono privilegiati.
Negli ultimi anni si è assistita a una presa di coscienza collettiva da parte delle donne, che hanno rivendicato il loro ruolo e si sono fatte strada in questo mondo prima poco accessibile.
Nonostante questo cambiamento positivo, le modalità con cui i giornali e i media continuano a trattare questo argomento fanno molto riflettere: sempre più spesso leggiamo di notizie in cui viene sottolineato l’essere donna, piuttosto che il merito. L’attenzione cade immediatamente sul fatto che una qualsiasi carica tanto importante sia stata assegnata a una donna (piuttosto che a un uomo) e questo stupisce ancora nella nostra società.
Parlare di donne è diventata, quindi, una moda e sembra non rispecchiare un reale interesse per le capacità di queste professioniste, ma un’ostentazione del fatto che, a ricoprire un determinato ruolo, ci sia proprio una donna. Donna di cui non è importante sapere nome e cognome – figuriamoci la qualifica – ma solo sapere che è donna.
Moda che non affonda le radici in una riflessione profonda, ma che dimostra tutt’ora il pensiero della nostra società: è strano vedere una donna in ruoli ‘importanti’.
L’industria dei media attua quindi una propaganda che, nonostante i titoli incensanti, svilisce le donne non identificandole mai con nome e cognome, ma sempre con un termine generico, entro cui sono raggruppate tutte le donne, senza particolare differenza.
Da qui il problema di non distinguere tra bravura e genere, ma di sottolineare esclusivamente il sesso (come in questi casi) a riprova di come questo fenomeno non rappresenti un sostanziale cambiamento nei confronti della comunicazione che coinvolge le donne, ma piuttosto un comportamento che testimoni come il ruolo della donna nella carriera sia ancora scarsamente accettato, facendola apparire come un qualcosa da mettere in mostra.
Per risolvere questo problema è necessario un cambiamento che faccia ripensare l’informazione e quindi la società: considerare le donne come individui che possono essere capaci, accettarle in ruoli dirigenziali e imparare a valorizzarne le capacità.
di Aurora Tognetti
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