In Europa cresce il voto di protesta: il Partito della Birra è terzo in Austria

Dopo essere stato sottovalutato in tutti i sondaggi, il Partito della Birra conquista l'8% alle elezioni presidenziali austriache, facendo emergere preoccupazioni per il voto di protesta

Lo scorso 9 ottobre si sono tenute in Austria le elezioni per la nomina del Presidente della Repubblica. Il Presidente uscente, Alexander Van der Bellen (candidato verde sostenuto dai maggiori partiti politici austriaci), è stato riconfermato per un secondo mandato con il 56,69% dei voti. Il dato che però ha stupito tutti è quello del famosissimo “Partito della Birra“, rappresentato da Dominik Wlazny (in arte Marco Pogo), che ha raggiunto l’8,31% dei consensi, piazzandosi terzo subito dopo Walter Rosenkranz del partito di destra FPÖ (con il 17,6%).

Il Partito della Birra, veniva dato in realtà sotto al 5% e non aveva alcuna chance di prevalere in alcun caso, essendo un partito satirico. Quest’ultimo era stato infatti fondato nel 2015 senza alcun schieramento preciso, rimanendo al centro, un po’ come la spina della birra che si trova al centro ogni bar, citando il suo fondatore. Dominik Wlazny, 35 anni, è laureato in medicina, ma ha preferito dedicare la sua vita alla musica, diventando frontman del gruppo punk rock Turbobier.

La fondazione di questo partito in realtà serviva inizialmente a promuovere il singolo Die Bierpartei, incluso nell’album di debutto del gruppo musicale. Non è un caso dunque se leggendo il programma presentato a queste elezioni, si trovino proposte di natura esclusivamente umoristica, come la costruzione di una fontana di birra a Vienna, l’abolizione delle tasse sulle bevande per bar e ristoranti o la fornitura mensile di un barile di birra ad ogni famiglia austriaca.

Ci sono però anche proposte serie, come l’introduzione di test attitudinali per i politici, aiuti di Stato per il settore culturale colpito nel periodo pandemico e l’incentivazione dell’affluenza alle urne, attraverso la restituzione della serietà perduta in politica. Sembra proprio questo l’ingrediente per il successo che ha portato un partito dato all’1,8% nel 2020, a diventare uno dei principali partiti presenti nella scena politica austriaca, facendo breccia soprattutto sul malcontento delle fasce giovanili.

Altri esempi in Europa

Il primo esempio di partito satirico in Europa, fu quello del Partito Polacco degli Amici della Birra, fondato nel 1990 dal comico Janusz Rewinski, con l’obiettivo di promuovere la cultura della birra contro l’alcolismo, rappresentato dalla vodka. Questo partito si mostrava come la vera alternativa politica, sicuramente non in grado di risollevare il paese da anni di regime comunista, ma capace almeno di rendere la situazione più divertente. Alle prime elezioni libere del 1991 il partito riuscì perfino ad entrare nel Governo con un suo ministro, ma dopo alcuni anni si sciolse.

Altri esempi sono i partiti pirata della Repubblica Ceca e della Germania, fondati rispettivamente nel 2009 e nel 2006. Il partito tedesco si è sempre detto contrario all’abolizione dei diritti civili in telefonia e su internet, denunciando misure di sorveglianza dei cittadini. Una delle sue proposte più eclatanti è stata quella dell’introduzione del reddito di cittadinanza, che li porto nel 2011 a raggiungere il 5% dei voti, superando la soglia di sbarramento. L’equivalente ceco invece sostiene la libertà di informazione, la riforma del diritto d’autore e la democrazia diretta. Inoltre, tra i partiti pirata europei, quello ceco è quello che ha raggiunto i migliori risultati, registrando perfino il 15,6% nel 2021 e nominando tre ministri del governo di Petr Fiala.

Infine, un altro interessante esempio è quello del Partito Ungherese del Cane a Due Code (MKKP), fondato nel 2006 da Gergely Kovàcs. Il nome deriva da un detto inglese secondo cui quando un cane è felice scodinzola così velocemente che sembra avere due code. Anche in questo caso le proposte presentate nei programmi elettorali sono più che esilaranti: dalla promessa di vita eterna e due tramonti al giorno all’apertura di un ristorante ungherese su Marte, dalla pace nel mondo alla settimana lavorativa di un giorno. L’MKKP è anche diventato famoso per avere candidato un pollo, un gorilla, l’uomo invisibile e babbo natale alle elezioni del 2018, dove si era fermato all’1,8% dei voti.

Dietro alla satira politica però, anche in questo caso ci sono forti critiche al sistema politico nazionale. Basti pensare che nel 2016, quando Orbàn indisse un referendum contro la ridistribuzione dei migranti, il Partito Ungherese del Cane a Due Code, riuscì ad organizzare un’abile campagna elettorale per convincere la popolazione ungherese ad invalidare il referendum. I manifesti appesi per le strade delle città ungheresi, recavano frasi come “Sapevi che c’è una guerra in Siria?”, “Sapevi che un milione di ungheresi vuole emigrare in Europa?”, “Lo sai? Gli autori della maggior parte dei casi di corruzione sono i politici”. Ancora una volta, attraverso l’uso dell’ironia, il partito si fece beffa della classe politica ungherese. Il referendum venne annullato a causa della bassa affluenza (44%) e le schede nulle furono più di 200mila.

L’MKKP non è mai entrato nel Parlamento ungherese, ma è riuscito ad affermarsi in alcuni consigli comunali, dove sembra aver lasciato traccia con il rinnovamento di spazi pubblici. Tra le proposte serie troviamo delle riforme degli appalti pubblici, una maggiore trasparenza e la legalizzazione dell’uso medico e ricreativo della marijuana.

Il voto di protesta

Analizzando i dati sui partiti satirici presenti in Europa, notiamo che ovviamente i loro risultati sono ampiamente sotto le soglie di sbarramento e in molti casi non vanno oltre l’1% dei voti. Ci sono però delle eccezioni, come nel caso del Bierpartei in Austria, del Partito Pirata Ceco oppure, più vicino a noi, quello del Movimento 5 stelle italiano. In questo caso non si tratta di un partito satirico, ma di un movimento che intendeva opporsi alla classe politica italiana, immobile e incapace di soddisfare le necessità della popolazione, con un programma serio. Uno dei tratti più caratteristici era quello della “democrazia diretta“, che consiste nel permettere ai cittadini di esercitare il potere legislativo senza alcuna intermediazione.

Questo partito è riuscito in pochi anni a raggiungere risultati eclatanti, mai previsti da nessun sondaggio. Quello che accomuna i partiti citati fino ad ora è il fatto che abbiano rappresentato in diverse occasioni e periodi storici, il cosiddetto voto di protesta. Un voto che non mira a raggiungere un vero e proprio risultato politico, ma vuole piuttosto punire la classe politica al potere e non. L’exploit del Movimento 5 stelle si è registrato nel 2012, in un periodo molto difficile per l’Italia, come anche nel 2018, quando calarono a picco partiti tradizionali come Pd e Forza Italia, dimostrando il desiderio di cambiamento degli italiani. Stessa cosa vale per il Partito della Birra, che ha raccolto i voti delle fasce giovanili, deluse dalle forze politiche che sostenevano il Presidente Van der Bellen o gli altri candidati.

Il voto di protesta è quindi un termometro che registra il malcontento della gente nei confronti del sistema politico. Sotto all’ironia e alle proposte fasulle, si nasconde il tentativo di rivoluzionare la politica, riportandola ad una serietà che si è ormai persa.

di Gabriele Scarcia

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