Tutto chiede salvezza: da vicino nessuno è normale

La storia di rinascita di Daniele Mencarelli nell'omonima serie Netflix

Fonte: Hardware Upgrade

A pochi giorni dalla Giornata Mondiale della Salute Mentale (10 ottobre) è arrivata su Netflix Italia la nuova serie “Tutto chiede salvezza “(14 ottobre), tratta dall’omonimo romanzo di Daniele Mencarelli: la storia del vincitore premio Strega giovani 2020, fra vicende giovanili e disturbi mentali.

Il libro, infatti, racconta un evento autobiografico dell’autore che nel 1994 fu sottoposto a un TSO, Trattamento sanitario obbligatorio, in seguito ad un episodio di rabbia. Il romanzo è il racconto di quello che succede nel reparto psichiatrico di Roma durante i sette giorni in cui Mencarelli fu ricoverato; questa stessa struttura narrativa è riproposta dal regista e sceneggiatore Francesco Bruni per mettere in immagini questo viaggio avvincente: i 7 episodi (ognuno intitolato come il giorno della settimana a cui si riferisce),infatti, inscenano i fatti dal punto di vista dell’autore della storia (Mencarelli ha partecipato alla stesura della sceneggiatura).

La trama

Tutto Chiede Salvezza inizia con Daniele (Federico Cesari, che ha già recitato nel teen drama Skam Italia) che dopo una serata in discoteca tra alcol e cocaina, si accascia sul suo letto. Subito dopo, alcune inquadrature in soggettiva ci suggeriscono che il ragazzo si trova in una camera d’ospedale con altri pazienti che, incuriositi, si sono avvicinati a lui.

In questo frangente ha inizio la vera narrazione, con un Daniele ancora spaesato che non comprende le motivazioni che lo hanno portato lì. La struttura seriale consente di poter approfondire i diversi personaggi, sia i ricoverati che i medici, coinvolgendo lo spettatore attraverso processi di proiezione e di identificazione. 

Lo svolgimento dei fatti sembra costruire un percorso in cui si incontrano diverse esperienze e testimonianze che si intrecciano a quelle del protagonista per mostrare delle vicende fatte di dolore; episodio dopo episodio, infatti, saranno proprio queste a costituire per Daniele un esercizio di di comprensione personale e del mondo.

Ad affiancare Daniele troviamo, infatti, la storia di Mario (Andrea Pennacchi, un ex insegnate dal passato tragico), quella di Gianluca (Vincenzo Crea, un omosessuale in lotta con se stesso e con una famiglia che non lo accetta), quella di Giorgio (Lorenzo Renzi, che non si è mai più ripreso da un forte trauma infantile che ha totalmente distrutto il suo equilibrio personale), quella di Madonnina (Vincenzo Nemolato, un uomo di cui non si sa assolutamente nulla, dato che non parla, tranne che della sua tendenza alla piromania), e quella di Alessandro (Alessandro Pacioni, un ragazzo in stato vegetativo).

Fonte: Luce

Francesco Bruni (il regista) lavora su due fronti: da un lato fa evolvere la memoria e la consapevolezza del protagonista in rapporto al mondo circostante e, contemporaneamente, approfondisce le dinamiche ospedaliere italiane. Grazie all’infermiere Pino (Ricky Memphis) e le sue battute pungenti, anche le critiche condizioni di questo settore vengono portate all’attenzione degli spettatori premendo su temi come la mancanza di personale, le fatiscenti infrastrutture e il minimo investimento monetario. Per tutta la serie si alternano momenti apparentemente leggeri e una continua tragicità che irrompe in scena, ricordando sempre la profondità della situazione che si sta osservando; un esempio è dato dall’episodio legato a Nina (Fotinì Peluso),compagna di liceo di Daniele, ricoverata d’urgenza in seguito ad un tentato suicidio.

Nella serie non manca neppure l’aspetto romantico, incentrato sull’affetto che nasce in clinica fra Daniele e Nina, che a causa del suo lavoro basato sull’utilizzo dei social, è stata portata a crollare.

Snodo centrale della serie è il tipo di terapia pensato per Daniele: gli viene suggerito di rincorrere la sua passione per la poesia per mettere in parole le emozioni che non riesce ad esprimere liberamente; ed è da qui che nasce la volontà di Mencarelli di raccontarsi.

Fonte: Cultura al femminile

Il tabù della rappresentazione dei disturbi mentali

Sono diverse le celebrità che in questi ultimi anni si sono messe a nudo parlando di come la rete possa incidere sulla salute mentale e fra queste spicca anche la figura di Side Baby (il quale ha realizzato un brano ad hoc per la serie e un cameo), figlio di Francesco Bruni, che nel 2018 ha parlato apertamente di un brutto periodo dovuto alla depressione che lo affliggeva.

Come l’autore stesso ammette in “Parliamone” (format YouTube di Netflix Italia), sono passati diversi anni prima di riuscire a scrivere della sua condizione, forse anche a causa dei tempi e della tendenza sociale a nascondere determinati scenari personali, considerati motivo di vergogna. Non stupisce che il libro sia stato pubblicato nel 2020: anno in cui, come conseguenza alla pandemia, siamo stati costretti a comunicare attraverso gli schermi e molti, proprio attraverso questo media, sono riusciti a far cadere la maschera e parlare sinceramente dei propri problemi: una sorta di bisogno collettivo di avvicinamento tramite gli aspetti più fragili del lato umano.

Le malattie mentali nei film

Dal punto di vista prettamente tematico, la serie sembra proporre in chiave diversa la trama di un altro film presente nel catalogo Netflix: “5 giorni fuori” (che invece ne ha trattato nel lontano 2010) incentrato su Craig, un adolescente sul punto di diplomarsi che, preso dalla pressione per il futuro, cerca una via di uscita: dapprima pensa al suicidio, ma poi decide di recarsi all’ospedale. Qui verrà ricoverato per 5 giorni nel reparto psichiatrico dove conoscendo le storie di altri degenti, in particolare Bobby e Noelle, inizierà a capirsi e ad affrontare i propri problemi.

di Pradama Caputo

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