L’universo è a portata di mano

Siamo ad un passo da colonizzare l'intero universo: basta cannibalizzare metà della massa di Mercurio e raccogliere l'energia emessa dal nostro Sole in appena 6 ore. Per le tempistiche cosmiche. l'eternità tra le stelle è ad un battito di ciglia da qui

Siamo soli nell’universo? Questa è sicuramente una delle domande che tutti ci siamo posti almeno una volta nella vita. In effetti, l’universo è nato circa 13,8 miliardi di anni fa, la terra ha un’età di circa 4,5 miliardi di anni e sono stati stimati miliardi di pianeti considerati abitabili; verrebbe quasi naturale pensare che su qualche altro pianeta si possa essere formata un’altra civiltà extraterrestre magari anche più evoluta della nostra. Per fare un esempio, anche se ristretto solo alla Via Lattea, nel 1961 Frank Drake formulò la cosiddetta Equazione di Drake, con cui cercava di stimare un numero plausibile di civiltà esistenti abbastanza evolute da poter comunicare. Ma allora dove sono tutti quanti? Questa domanda se la pose anche Enrico Fermi nel 1950: egli, partendo dalla certezza che non siamo soli nell’universo, formulò il così detto Paradosso di Fermi.

L’altra domanda che verrebbe da porsi a questo punto è possiamo noi esseri umani pensare di colonizzare  l’universo? Ebbene, ci sono due futurologi, Andres Sandberg e Stuart Armstrong che hanno scritto un articolo accademico, completo di calcoli, con cui hanno cercato di rispondere a questa domanda.

Tecnologia e materiale necessario

La prima cosa su cui si sono interrogati i due studiosi è stato cercare di capire se le conoscenze tecnologiche di cui disponiamo al momento sono sufficienti o meno. Ebbene hanno concluso che non sarebbe necessario nessun particolare sviluppo tecnologico rispetto alle conoscenze attuali e anche la quantità di energia richiesta non sarebbe affatto elevata. Basterebbe, infatti, spedire delle sonde artificiali in grado di replicarsi autonomamente utilizzando le risorse disponibili su ciascun pianeta; questo perché si è osservato che ogni attività umana può essere automatizzata (basti pensare che già nel 1980 la NASA ha progettato una fabbrica lunare automatizzata; e si suppone che in futuro possa essere anche superata). Inviare delle missioni con un intero equipaggio attivo, d’altra parte, non sarebbe affatto la soluzione più conveniente, perché in questo modo si aumenterebbe notevolmente la massa delle sonde e questo comporterebbe una maggiore lentezza.

Quanta energia è necessaria? Gli studiosi hanno calcolato che basterebbe una quantità di energia pari a quella emessa dal sole in sei ore di tempo. Per poter immagazzinare tale quantità occorrerebbe costruire dei pannelli attorno al sole posti all’incirca alla stessa distanza di Mercurio dalla stella, prelevando il materiale necessario proprio dal pianeta. Del resto Mercurio è composto al 30% da silicati e al 70% da metalli e proprio questi sarebbero necessari, consumando in totale circa metà dell’intero pianeta. Certamente questo prelevamento di materiali richiederebbe molto tempo, ma bisogna anche considerare che con la costruzione e messa in funzione di ogni pannello si genererebbe un loop energetico aggiuntivo che consentirebbe di portare avanti l’intero processo senza consumo di ulteriore energia. L’unico vero ostacolo di questa fase sarebbe cercare di automatizzare tutte queste attività che l’uomo non può compiere per la vicinanza rispetto al sole.

A questo punto, per ottimizzare l’espansione nell’universo, gli studiosi hanno ipotizzato che sarebbe più conveniente inviare nello stesso momento più sonde, una per ogni galassia raggiungibile, in modo che, una volta arrivata e completata l’occupazione, si possa reiterare il processo prelevando l’energia necessaria dalla stella più vicina per poter passare all’occupazione del pianeta successivo: infatti, non converrebbe, secondo gli studiosi, occupare una galassia alla volta, perché il numero di stelle in una galassia è molto maggiore del numero di galassie nell’intero universo.

fonte: pixabay.com

Tempo necessario

Come già accennato, sicuramente sarebbe necessario molto tempo per poter vedere i primi risultati di queste spedizioni, per cui chi le ha programmate sicuramente non potrebbe sapere come sono andate a finire. Si pensi che solo per poter prelevare il materiale da Mercurio e costruire tutti i pannelli sarebbero necessari almeno cinque anni di lavoro e dopo il lancio delle varie sonde, sarebbero necessari milioni di anni per il raggiungimento delle galassie più vicine. Bisogna considerare però che è vero che i  tempi richiesti sarebbero molto grandi rispetto alla durata della vita sulla terra, ma sono comunque assolutamente insignificanti su scala cosmica.

fonte: pixabay.com

Conclusioni e Paradosso di Fermi

Come visto quindi la colonizzazione dell’universo, sia pure basandosi su previsioni ottimistiche in molti casi comunque non complete, potrebbe essere tranquillamente messa in atto anche da noi esseri umani già nei prossimi decenni. E le domande e i dubbi che potrebbero essere posti sono moltissimi. Ma la domanda fondamentale probabilmente torna ad essere quella posta da Fermi col suo paradosso; infatti, se, come abbiamo visto, anche noi uomini possiamo spingerci ovunque nell’universo, com’è possibile che non sappiamo ancora nulla di altre forme viventi? Rispondere a questa domanda non è per nulla semplice e nel corso del tempo sono state proposte tante probabili soluzioni, senza mai avere quella definitiva; del resto, anche per quanto riguarda l’Equazione di Drake non abbiamo nessun valore certo, dal momento che la stima si basa solo su tre fattori astrofisici quantificabili con sempre maggior precisione, mentre gli altri quattro ad oggi li possiamo solo ipotizzare. Qui vi propongo alcune delle risposte più significative:

Siamo soli. La soluzione più semplice è che effettivamente le uniche forme di vita siano davvero quelle che noi conosciamo sulla terra, perché le condizioni che hanno portato alla nostra evoluzione sarebbero troppo rare perché si possa essere sviluppata vita su altri pianeti dell’universo.

Le civiltà evolute hanno breve durata. Un’altra ipotesi è che siano effettivamente esistite delle altre forme di vita, ma la loro evoluzione sarebbe arrivata a un punto tale per cui era inevitabile la loro autodistruzione o una regressione a uno stato primitivo.

Esistono, ma sono troppo lontane nello spazio e nel tempo. È anche probabile che esistano forme di vita extraterrestri, ma queste sarebbero troppo distanti da noi per poterci raggiungere.

Esistono, ma non comunicano non vogliono farlo. Un’ipotesi può anche essere che gli alieni esistano, ma non sono stati in grado di sviluppare una tecnologia sufficientemente evoluta da potergli permettere di comunicare nello spazio, o magari si sono sviluppati fino a quel punto, ma non sarebbero interessati a comunicare per diversi motivi con l’esterno: per paura, per disinteresse, o perché non pensano che ci sia vita oltre loro.

Non siamo in grado di ricevere le loro comunicazioni. Infine un’altra ipotesi è che gli alieni esistano, e sono stati in grado di sviluppare una tecnologia adatta a permettergli di comunicare, ma siamo noi ankn esserejn grado di ricevere i loro messaggi.

Queste sono solo alcune delle tante ipotesi proposte, ma il problema è che abbiamo come modello di paragone soltanto noi stessi per cercare di trovare delle risposte e questo crea molte limitazioni. Certo è che ad oggi le nostre conoscenze sono ancora troppo limitate per poter avere delle risposte certe e l’unica soluzione possibile è continuare ad esplorare.

di Nicola Sabatelli

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