Bufera Parma Calcio, il dramma dei dipendenti: “Che sarà di noi?”

LAVORETTO PER UNIVERSITARI, REDDITO IMPORTANTE PER TANTE FAMIGLIE: STORIE DI CHI NON HA PIU' CERTEZZE

steward-stadio1Chi semina vento raccoglie tempesta. Con questo proverbio si potrebbe riassumere la situazione attuale del Parma Calcio, oberato di debiti e in crisi sportiva. E, come spesso accade in queste situazioni, a farne le spese sono i dipendenti. Fino a qualche giorno fa, nessuno ha mai parlato di loro e loro si sono ben guardati da rilasciare dichiarazioni alla stampa. Eppure, tra queste persone, c’è chi ha famiglie alle spalle da mantenere e universitari che si pagano gli studi. Adesso che la botte è stata scoperchiata -anzi, è esplosa- anche da dipendenti e collaboratori iniziano a trapelare le prime indiscrezioni, nonostante la paura di perdere del tutto gli stipendi arretrati (o la speranza di prenderli) convinca i più a rimanere nell’anonimato. Oltre che una squadra di calcio, il Parma è anche un’azienda con tantissimi dipendenti, il cui futuro oggi, è sempre più incerto.

DIPENDENTI, COLLABORATORI E STEWARD – I giocatori si sono già mossi, ora tocca a tutti gli altri dipendenti del Parma Calcio mobilitarsi per tutelare i propri diritti. Non vedono uno stipendio da mesi. Come conferma uno steward che lavora per il club da diversi anni. Un ragazzo che ha scelto di rimanere anonimo.

La sua esperienza è iniziata come ‘escamotage’ per poter vedere le partite di Serie A. Tuttavia, con il proseguire degli anni, il lavoro si è fatto sempre più serio e da quanto è emerso, sempre più complicato. Come sia stato possibile arrivare a questo punto non si sa bene, sta di fatto che esiste la possibilità di rimandare le partite perchè non ci sono i soldi per pagare gli steward e perché si rischia che allo stadio manchi la corrente elettrica. Ma quando hanno avuto i primi sentori che qualcosa stava cambiando? “Già nella passata stagione –spiega-, quando siamo passati da una agenzia di stewarding interna al Parma Calcio (la STS) ad una esterna proveniente da Milano. La STS era intimamente legata con la famiglia Ghirardi e negli ultimi mesi, i ritardi nei pagamenti tendevano ad aumentare (4-5 mesi di ritardo). Fortunatamente, questo cambio di gestione ci ha permesso di avere gli stipendi in tempo, ma grazie esclusivamente ad un cospicuo anticipo versato dall’agenzia di Milano”.

UNA DELUSIONE DOPO L’ALTRA – Ogni volta che il presidente cambiava, un pò di fiducia affiorava, per poi svanire con il passare dei giorni. “Probabilmente c’è qualcosa sotto” commenta ancora l0 steward anonimo, mentre un suo collega racconta di un rapido turn-over a capo della società che non gli ha permesso neanche di conoscere quale fosse il volto del presidente di turno. Ribadisce: “In linea di massima, quasi nessuno steward ha mai parlato direttamente con Ghirardi e successori, per tanto la fiducia in queste persone è sempre dipesa dalla serietà nel rispettare i propri impegni, in primis nel pagare gli stipendi dovuti”. In molti pensano che si tratti di alzare la voce, di unire il cerchio tutti insieme: giocatori, dipendenti, tifosi e istituzioni locali hanno il bisogno di dimostrare di essere una vera comunità. Ma le speranze e le prospettive per il futuro, forse, vengono a mancare. Infatt,i gli steward la vedono molto dura e concludono: “Le prospettive sono pessime, molti di noi si augurano di poter finire il campionato, ma al momento non siamo certi neanche di lavorare in occasione del prossimo impegno”. Stesse opinioni e stessi sentori anche per alcune ragazze che collaborano alle biglietterie: la maggior parte sono studentesse universitarie, ma c’è anche chi lo stipendio della società lo usa per incrementare le entrate di un lavoro part-time. “La situazione è iniziata a cambiare già da febbraio dello scorso anno, quando il Parma ha provveduto in modo diretto al pagamento dei nostri stipendi, tramite bonifico. Fino a giugno tutto bene, qualche settimana di ritardo, ma i soldi sono sempre arrivati. In questo campionato invece i ritardi si sono accumulati: ci hanno pagato settembre e ottobre a novembre e ancora novembre dopo la partita con la Juventus di Coppa Italia. Poi, più niente“. Pochi aggiornamenti, nessun contatto diretto con i presidenti che si sono succeduti in questi mesi. “E’ vero -aggiungono-, siamo l’ultima ruota del carro, finora siamo stati in silenzio nella speranza che i soldi arrivino”. E pensare che la protesta degli steward aveva regalato un briciolo di speranza: “Se pagavano loro, per garantire la sicurezza della partita, a quel punto avrebbero dovuto pagare anche noi, ma non hanno giocato… Cosa facciamo ora? Aspettiamo. E’ l’unica cosa che possiamo fare”.

Ma c’è anche chi ha deciso di abbandonare la nave, dopo otto anni passati come collaboratore della squadra emiliana: “Non c’erano più le condizioni per lavorare bene. I soldi non arrivavano e a malincuore ho detto basta -spiega una delle ragazze che oltre al Parma, svolge un altro lavoro autonomo- anche perché per venire a fare servizio allo stadio mi organizzavo con l’altro lavoro e ultimamente il mio tempo e i miei sforzi mi parevano vani. Me ne sono andata dopo la partita di Coppa Italia contro la Juventus. Eravamo allo sbando, gli steward davanti alle biglietterie non riuscivano a gestire la situazione e i tifosi si accalcavano agli sportelli, sempre più arrabbiati perché i biglietti non arrivavano. La colpa, in quel caso, era dei server di Lottomatica che non davano gli input giusti, ma non mi sono sentita tutelata”. galloppa

LA TESTIMONIANZA DI ANDREA ZANRE’ – Nel carrozzone ci sono anche coloro che con dedizione e professionalità vivono lo spogliatoio quotidianamente, soppesando gli animi e le paure di giocatori e non. Come Andrea Zanrè, fisioterapista, il quale ricorda che già nell’annata 2013/2014 i pagamenti fossero sempre più dilazionati. “Come fisioterapisti, non avevamo un contratto depositato in Lega, eravamo dipendenti prestatori di manodopera. La situazione è degenerata all’inizio della stagione 2014/2015. Abbiamo cominciato con 6 o 7 mensilità dell’anno precedente non pagate. Già quello aveva destato in noi lavoratori un po’ di preoccupazione, poi a novembre la situazione è precipitata definitivamente, i calciatori non sono stati pagati per le loro prime 3 mensilità, da settembre, e anche noi con loro. Praticamente siamo arrivati a novembre a non vedere retribuito un anno di stipendio”.

Anche i cambi al vertice non hanno portato nessun beneficio. Dovevano entrare soldi nelle casse del Parma, “ma non è entrato nulla”  puntualizza Zanrè. “Con la nuova dirigenza sono arrivate tante promesse, che non erano corrispondenti alla realtà dei fatti. Un rimando continuo al giorno dopo, e al giorno dopo ancora, fino alla situazione che ora tutta la città sta vivendo”. Nel frattempo gli aggiornamenti tra i dipendenti dello spogliatoio avvenivano grazie al capitano Lucarelli, il quale quotidianamente, assieme ad altri giocatori e delegati parlava con Leonardi  o con Manenti, e poi riferivano le intenzioni e le novità allo spogliatoio. “Noi dipendenti abbiamo mantenuto sempre fede al nostro contratto. Questo ci impone di seguire la squadra e noi lo facciamo con passione e con grande professionalità. Non è mai mancata da parte nostra”. Zanrè racconta poi di un episodio significativo. “Manenti ha avuto un incontro con noi e Pizzarotti. E anche in quella occasione, davanti ad un rappresentante legale dell’Aic e a Giovanni Marani, assessore allo Sport del comune di Parma, vi sono state ulteriori promesse, rimaste sempre tali”.

IL SINDACATO DEI LAVORATORI – Davide Fellini, della Cgil di Parma, spiega l’attuale situazione. “Bisogna fare una distinzione tra dipendenti, rapporti di collaborazione e lavoratori a partita Iva.  Mentre i dipendenti hanno un arretrato sulle retribuzioni di tre mensilità, ci sono collaboratori che non percepiscono lo stipendio da più di un anno”. Diverse sarebbero anche le garanzie in caso di dichiarazione di fallimento. Infatti, il fondo di garanzia dell’Inps, che copre il Tfr e le ultime tre retribuzioni, sarebbe valido solo per i lavoratori dipendenti mentre le retribuzioni di collaboratori e lavoratori a partita iva diventerebbero crediti privilegiati.  Se durante la sentenza del 19 marzo il giudice dichiarerà il fallimento i lavoratori saranno licenziati. Se invece si deciderà per l’esercizio provvisorio i dipendenti potrebbero prestare ancora la loro attività ed essere pagarti successivamente.

“La soluzione ideale– auspica Fellini- sarebbe consentire il proseguo dell’attività del Parma Calcio, garantendo il mantenimento dei posti di lavoro, magari attraverso l’acquisizione da parte di una società disposta a far fronte ai debiti. Ma se la squadra retrocederà, sarà difficile abbiano bisogno dei dipendenti”. Un’altra soluzione potrebbe arrivare dalla Lega Calcio, che potrebbe fornire le risorse necessarie per far concludere il campionato ai gialloblu. Ma anche su questo fronte non ci sono ancora certezze. Intanto, la settimana prossima ci sarà una nuova assemblea con i lavoratori per fare il punto sulla situazione e capire come affrontare i tempi che verranno. 11005907_838796576186596_291418972_n

SITUAZIONE IMBARAZZANTE – “La riunione tra dipendenti e sindacati (svoltasi il 24, ndr) è andata bene, stiamo cercando di capire qual è la nostra posizione. È una situazione imbarazzante”. Con queste accorate parole Mirco Levati, responsabile Relazioni Esterne del Parma Calcio, ha provato a fare il punto di una momento difficile sia per i giocatori che per i dipendenti stessi, che da un eventuale fallimento societario, vedrebbero nubi sulle proprie prospettive future. “I sindacati –ha spiegato-, ci hanno illustrato con la loro esperienza e professionalità i possibili scenari futuri e da lì abbiamo cercato di capire anche una possibile strategia al fine di tutelarci al meglio”. I fatti recenti parlano di continui pignoramenti, dai computer alle attrezzature mediche. “Qualche problema c’è sempre stato -ammette Levati-, come in tutte le aziende. Ma non avevamo la percezione che i problemi potessero essere di questa gravità. I problemi veri sono cominciati con l’esclusione dall’Europa League verso fine maggio 2014, li abbiamo capito che qualcosa non tornava. I presidenti che si sono succeduti hanno fatto poco o nulla, se siamo in questa situazione è proprio perché non vi è stata una continuità aziendale”. Il 19 marzo è attesa l’udienza che potrebbe mettere la parola fine alla parabola calcistica della città ducale, sempre che non si presenti qualcuno pronto a investire nel Parma. “Mi aspetto -conclude Levati-, per il bene di tutti noi e per il bene della nostra squadra, che rappresenta una città, che le cose si possano aggiustare. Parma non è una società qualsiasi, rappresenta tanti tifosi, tanta gente. Sono stufo di pensare, aspetto i fatti, sia io che i miei collaboratori. Il tempo delle parole è finito”.

IL FUTURO DEL SETTORE GIOVANILE – Le giovanili del Parma, dopo anni di duro lavoro e tanta passione, sono oggi più che mai floride: nove squadre dai Pulcini 2005 alla Primavera, con al seguito una quindicina di allenatori, più collaboratori, preparatori atletici e dei portieri, osservatori e dirigenti, quest’ultimi per lo più volontari. “Quello che più mi fa rabbia -precisa Francesco Palmieri, responsabile del settore giovanile- è che in caso di fallimento e di perdita del titolo tutto il lavoro fatto in questi anni sarà buttato via. Il settore giovanile verrebbe annientato ed è un vero peccato. Noi al Parma abbiamo giovani di talento, che anche dal punto di vista economico hanno un buon valore e in questi giorni siamo come circondati da avvoltoi che non vedono l’ora del fallimento per poter prendere i nostri ragazzi svincolati, a parametro zero. E’ una cosa veramente brutta”. Deluso Palmieri lo è sopratutto perché in questi anni al settore giovanile hanno lavorato con tanto impegno e sacrificio: da qualche tempo infatti gli è stato intimato di ridurre i costi. “Lo abbiamo fatto senza grossi problemi, abbiamo ridotto i pulmini, la foresteria e ci siamo rimboccati le maniche. Solo la passione per il calcio e per i nostri ragazzi ci  è stata di stimolo per andare avanti”. La situazione che si prospetta non è bella nemmeno per i dipendenti delle varie squadre: “Ci sono allenatori, ma anche preparatori e collaboratori -confida il responsabile- che con lo stipendio del Parma ci vivono e mandano avanti le loro famiglie. E’ una possibilità di lavoro che verrebbe a mancare”. Nel frattempo Palmieri non se ne sta con le mani in mano: “In questo momento lavoriamo con grande tenacia e sono contento, perché nonostante il momento difficile, mi hanno contattato diverse persone disposte ad aiutarmi sia per le trasferte e per la foresteria. Hanno dimostrato attaccamento al settore giovanile e ciò mi fa piacere e mi dà, ci dà, la serenità necessaria per continuare a giocare questa partita”.

Quella del Parma calcio è una realtà che rispecchia la profonda crisi economica di tutta la provincia, con aziende che falliscono e dipendenti  senza stipendi . Lo scalpore di questa vicenda nasce dal suo essere strettamente collegata al mondo del calcio che conta e dal suo essere esplosa apparentemente all’improvviso. I sindacati fino a poco fa non erano a conoscenza della situazione, un po’ perché fino a novembre la maggior parte dei lavoratori sono stati pagati, un po’ per le continue dichiarazioni rassicuranti dei presidenti che si sono susseguiti  nel fare promesse fin ora non mantenute.

 

di Paola Basanisi, Chiara Corradi, Emanuele Maffi e Alessia Tavarone

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*