La fotografia di Luigi Ghirri riscoperta nel racconto degli amici Quintavalle e Guerzoni
"Ghirri fotografava il tempo, la notte e il giorno, la durata della luce. Le sue immagini non vanno lette singolarmente ma nel loro tessuto" afferma il critico d'arte Arturo Carlo Quintavalle, in occasione dell'incontro "Luigi Ghirri, l'Arte", uno degli eventi collaterali della mostra organizzata per ricordare il grande artista
In occasione del trentennale dalla scomparsa di Luigi Ghirri la città di Parma ha allestito una mostra, dal titolo “Labirinti della visione. Luigi Ghirri 1991”, presso il Palazzo del Governatore. La mostra nasce direttamente dal legame tra Luigi Ghirri e Arturo Carlo Quintavalle, fondatore dello CSAS – Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma – da cui sono state estratte le fotografie esposte.
Il punto di partenza è, infatti, Viaggio dentro un antico labirinto, un volume del 1991 nato da un dialogo con il professore e che rappresenta anche l’ultima monografia del fotografo. La mostra a cura di Paolo Barbaro e Claudia Cavatorta è stata organizzata dal Comune di Parma in collaborazione con CSAC (Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma) e Archivio Eredi Luigi Ghirri.
La mostra ha accolto oltre 17.000 visitatori. Uno dei temi principali della mostra è la rivisitazione del paesaggio della pianura padana, dei suoi edifici e delle sue atmosfere valorizzando il contesto rurale. Parallelamente sono stati organizzati diversi incontri collaterali. Quello del 9 febbraio, dal titolo “Luigi Ghirri, l’Arte” ha visto la partecipazione di Arturo Carlo Quintavalle e Franco Guerzoni.
Chi era Luigi Ghirri e le caratteristiche della sua arte
Luigi Ghirri è nato a Scandiano nel 1943 e ha iniziato a fotografare all’età di 26 anni affermandosi, col tempo, nel panorama internazionale come grande fotografo concettualista. Nel corso della sua carriera, stroncata all’età di 49 anni a causa di un infarto, ha avviato una molteplicità di progetti, alcuni dei quali non sono mai stati portati a termine. Considerava, infatti, la fotografia come un progetto dinamico, una ricerca destinata a non concludersi mai. Ghirri è considerato il maestro della fotografia paesaggistica italiana. Le sue fotografie hanno toni prevalentemente pastello, con poca saturazione. Una delle peculiarità di queste opere è proprio l’utilizzo del colore poiché all’epoca la pellicola a colori era molto rara; per l’arte veniva utilizzato il bianco e nero. Ciò che caratterizza queste foto è anche la poetica del non-luogo: gli ambienti sono solo apparentemente piatti e monotoni e manca la presenza diretta dell’uomo. I paesaggi hanno quasi sempre dei contorni volutamente sfumati e la percezione del vuoto diventa spesso l’elemento dominante.
Gli incontri collaterali: la parola ad Arturo Carlo Quintavalle e Franco Guerzoni
Dal 17 dicembre 2022, data di inizio della mostra, sono stati organizzati diversi eventi collaterali. L’incontro del 9 febbraio ha visto la partecipazione di Arturo Carlo Quintavalle e Franco Guerzoni.
Il critico d’arte Arturo Carlo Quintavalle si è soffermato, in maniera particolare, sul rapporto tra il fotografo e l’arte. Fortemente influenzate da Duchamp e Mulas, le fotografie di Ghirri sono controcorrente rispetto al periodo in cui sono state realizzate. Il contrasto tra immagini e parole è predominante e ricorre molto spesso la vetrina, con l’intento di “mostrare quello che c’è dietro”.
“Nel corso della sua carriera – afferma Quintavalle – sono presenti elementi che nessuno fotograferebbe, i margini. Ha scelto di fotografare a colori, sebbene all’epoca tutti realizzassero foto in bianco e nero”.
Quintavalle ha posto l’accento sull’album “Paesaggi di cartone” contenente oltre 100 stampe realizzate da Ghirri durante i suoi viaggi in Europa, con lo scopo di mettere l’accento sull’ambiguità dell’immagine e cercando di esaminare l’ordinario per dimostrarlo straordinario. Sulla complessità e sulla cultura della visione l’artista ha lavorato per tutta la vita.
“Ghirri lavorava sempre – prosegue Quintavalle – sulle ombre e sui riflessi, realizzando delle opere fortemente ambigue, al punto che alcuni hanno parlato di fotomontaggio. Ci sono tante foto di Ghirri in cui due o tre persone guardano uno splendido paesaggio di montagna e il paesaggio di montagna in realtà è una riproduzione, un disegno”.
Una delle caratteristiche sottolineata a più riprese da Quintavalle è l’utilizzo inusuale nelle foto dell’orizzonte basso, una chiara influenza dei paesaggi dipinti da Jacob van Ruisdael.
Franco Guerzoni, pittore concettuale, si è soffermato, invece, sulla grande amicizia con Luigi Ghirri che ha descritto come una persona molto determinata, colta, raffinata, sempre pronta a mettersi in discussione nei lavori più complessi. I loro percorsi sono sempre stati legati, a livello artistico e non solo.
“Al di là del fatto che fosse un grandissimo fotografo, se penso a Luigi mi viene in mente un sentimento: l’amicizia. Oggi non mi sottraggo più a parlare di Luigi ma non credo alla possibilità di una elaborazione: la scomparsa di Luigi è un lutto che non si rimargina” ha affermato Guerzoni.
Guerzoni ha sottolineato, inoltre, la forte passione che condividevano per il design e l’architettura, grazie alla quale sono entrati in contatto con un mondo allora sconosciuto. Proprio questo amore per l’arte li ha portati più volte a Parma “perché c’era qualcosa di diverso, qualcosa che non si riusciva a trovare da nessuna altra parte. A Parma potevamo vedere mostre strepitose che non si vedevano in nessun luogo”.
A distanza di anni è la città di Parma a rendere omaggio a Luigi Ghirri cercando di recuperare una delle sue lezioni più importanti: non serve guardare lontano per trovare il proprio mondo.
di Laura Ruggiero
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