Il Gender Gap nelle carriere STEM: cause e soluzioni per il divario uomo-donna nella scienza
Ancora in molti ambiti lavorativi le donne vengono penalizzate o sono meno presenti. Nella scienza questo divario sembra essere una costante ma fortunatamente molti enti internazionali portano avanti iniziative per riequilibrare la presenza delle donne nelle STEM
Le donne si sono occupate di materie scientifiche sin dall’antichità. Si pensi a Ipazia (1200 a.C.), considerata la prima chimica della storia, o a Ildegarda di Bingen (XII secolo) prima scienziata a scrivere opere scientifiche giunte fino ai nostri giorni (Liber Scivias, Physic, per esempio).
Sono stati e sono tuttora molti gli ambiti lavorativi dove le donne vengono “penalizzate” o sono meno presenti rispetto agli uomini, nella scienza però questo divario sembra essere una costante che difficilmente tende a diminuire.
In termini puramente numerici, è un dato di fatto che i nomi delle donne nelle pubblicazioni scientifiche siano meno presenti di quelli dei colleghi uomini. Questa disparità si deve a vari fattori che nel tempo si sono modificati e che tendono a sparire seppur con una certa fatica.
Ci sono due correnti di pensiero riguardo la disparità di genere nel settore scientifico. Alcuni ricercano la causa nella componente sociale che vedeva le donne meno produttive in quanto più soggette ad essere delegate a lavori di basso prestigio, nonché all’ambiente indubbiamente più ostile nei loro confronti. Sull’altro fronte ci sono i sostenitori di quello che è il famoso “effetto Matilda” ossia il fenomeno per il quale i risultati ottenuti da una donna vengono attribuiti ad un uomo. Nella storia della ricerca, sono numerosi i nomi di scienziate e studiose il cui influente contributo è stato sottovalutato e non sufficientemente riconosciuto. Questi e altri fattori hanno comportato, negli anni, un disinteresse generale da parte delle donne per le carriere STEM.
Ad oggi, in Italia, la ripartizione delle ragazze che decide di studiare materie scientifiche rappresenta una percentuale bassa, certamente inferiore a quella della controparte maschile.
Nel seguente grafico si vede come le donne sono più indirizzate verso materie umanistiche.
A cosa si deve questo divario?
Innanzitutto non bisogna dimenticare il fattore sociale che per secoli ha visto le donne vittime di sistemi patriarcali che le hanno indottrinate ad una vita senza diritto allo studio, relegandole ai soli lavori domestici. Da tenere presente che le donne italiane hanno conquistato il diritto di voto meno di un secolo fa, questo dato serve a far intuire quanto giovani siano le prime conquiste di riconoscimento dei diritti delle donne in una società civilizzata e apparentemente all’avanguardia come quella italiana.
Naturalemente le eccezioni ci sono state e, anche se sottovalutate dal dominio patriarcale e dalla misogenia, molte donne hanno davvero fatto scoperte che hanno rivoluzionato le scienze.
Più attuale è invece la motivazione che spinge le donne a scegliere carriere con meno responsabilità poiché molti dei doveri familiari ricadono tuttora sulla figura stereotipata di donna-madre-moglie pronta a mettere da parte la carriera per il bene della famiglia, lasciando il successo nel mondo del lavoro al partner.
Secondo un rapporto recente dell’ UNESCO di Woman in Science a livello globale, meno del 30% delle donne riesce ad affermarsi nell’ambito scientifico. I motivi di questo squilibrio si devono indubbiamente ai fattori sopra descritti.
Esiste una soluzione per risolvere questo gender gap?
Le azioni svolte a livello internazionale per garantire un maggior numero di afflusso delle ragazze nei corsi universitari dedicati alle materie STEM sono molte. Eccone alcuni esempi.
Nel 2015 le Nazioni Unite hanno lanciato i “Global Goals 2030” per lo sviluppo sostenibile. Tra gli obiettivi c’è anche la campagna volta a colmare i gap di genere nei cosiddetti “settori maschili”, in particolare nel settore STEM. A supporto di questa iniziativa è stata inaugurata la “Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza”, che auspica ad invogliare e quindi ad aumentare e promuovere la partecipazione femminile in tutti i campi scientifici.
Anche il Centro Europeo di Ricerca Nucleare (CERN), ha lanciato la campagna “25 by ’25” che a sua volta punta ad avere un maggior numero maggiore di ricercatrici e scienziate. Stando a quanto dichiarato dal Diversity and Inclusion Program del CERN, la percentuale di impiegate all’interno dell’organizzazione si aggira attorno al 21,4% (dati del 2020). Per questo, come obiettivo a medio termine, il CERN si impegnerà a dare maggior spazio e merito alle ricercatrici donne che applicheranno per una posizione lavorativa.
Sempre all’interno del CERN è presente una community di donne Women in Technology (WIT) che si occupa di promuovere l’uguaglianza di genere a tutti i livelli della società attraverso attività svolte in tutto il mondo rivolte in particolar modo alle ragazze che intendono proseguire una carriera di studi in materie STEM.
L’International Particle Physics Outreach Group (IPPOG), il cui intento principale è quello di divulgare la fisica delle particelle e far conoscere alle generazioni più giovani questa affascinante materia, da anni propone Masterclass dedicate esclusivamente a studentesse durante la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Questo per far sì che le ragazze delle scuole superiori di tutto il mondo possano assicurarsi il posto ad una delle masterclasses ed essere scienziate per un giorno monitorate da vere ricercatrici.
Seguendo l’esempio di questi enti internazionali, molte anziende stanno tendando di dare il giusto e meritato spazio anche alle donne che, come i colleghi uomini, sognano una carriera nelle materie scientifiche.
È fondamentale continuare a lottare contro la disparità di genere in tutti i settori affinché l’infondato stereotipo della “scienza come materia per soli uomini” possa essere superato una volta per tutte. Ci vorrà tempo, servirà coraggio, ma la strada (seppur in salita) per un futuro paritario nel mondo della scienza esiste, bisogna solo saperla percorrere.
di Fabiola Cacciatore
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