Le bombe: racconto di Giuseppe Davide Russo

Poesie e racconti è la rubrica di ParmAteneo dedicata agli aspiranti poeti e scrittori tra gli studenti dell'Università di Parma

Ufficio in una piccola città di Edward Hopper

Le bombe

Questa notte una bomba è caduta. Silenziosa è scesa e nessuno l’ha notata. Come se fosse una piuma, insignificante, fendeva l’aria fino a toccare il suolo.

Ma le bombe qui non esplodono, annullano. Se vi dovessi spiegare il senso, non riuscirei. Annullano e basta, eliminano la realtà e lasciano un vuoto, ecco cosa fanno. Ciò che resta non ha colore, suono o materia, è semplicemente il vuoto.

Questa notte una bomba ha annullato parte della realtà e il suo raggio d’azione ha colpito anche la mia casa, ha annullato parte della mia camera e anche la testa dei miei genitori, che ignari dormivano aspettando di lavorare. Mia sorella mi ha svegliato, non hanno più la testa vai a vedere, cosa devo vedere? I loro corpi sono semplicemente freddi e privi di capo, come manichini sono rimasti immobili e supini non sognano più, non pensano più, non esistono più. 

Questo fanno le bombe, non fanno più esistere e nessuno sapeva cosa accadesse, nessuno cercava di combattere perché nessuno sapeva come combattere. Tutti conosciamo il nostro non-destino, saremo prima o poi tutti non-esistiti, oggi è toccato ai miei genitori, domani a te e chissà quando a me. 

Ma ora come farò? Se i miei genitori non ci sono più chi penserà a tutto? Il mondo dimenticherà noi orfani e ci chiederà solo soldi, è davvero matto questo mondo, impossessato da un’apatia cupida. Mia sorella non lavora, forse studia, ma in realtà rimane immobile accecata da un qualcosa di luminoso, uno schermo che la distrae da tutto. Io non lavoro, pensavo di studiare, ma in realtà leggo e non comprendo, aspetto che una bomba mi privi della vita. È così che va, nessuno sa come si fa, ma tutti conosciamo il destino.

Chi lascia posare le bombe, non ha volto, non ha nome. Alcuni chiamano ‘dio liberatore’ chi annulla la vita, altri ‘tiranno del terrore’, io penso non abbia nome, penso sia semplicemente il fato che compie il suo corso. Ci libera? Effettivamente sì. Ma da cosa? Dalla nostra esistenza. E noi abbiamo bisogno di essere liberati? Effettivamente non saprei.

Nessuno più esce di casa, tutti pensano che la propria stanza sia il luogo che le bombe non colpiranno. Un arcipelago di piccoli isolotti immobili, circondato da un mare che nessuno osa toccare. Siete mai usciti? Sembra un puzzle non completabile, imperfetto, dove chi ci ha giocato ha o nascosto i pezzi o, molto più probabilmente, li ha persi. I naufraghi che abitano queste piccole isole hanno dimenticato la parola e parlano una propria lingua. Una babele non perfetta.

Questo è il mio mondo, un mondo di attese, un mondo dove non si conosce e un mondo dove non ci si emoziona più.

di Giuseppe Davide Russo

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