Premio Strega: anche tu quando scopri il vincitore (e i finalisti) non conosci nemmeno un libro? Quest’anno ci pensiamo noi a presentarteli
Sono stati scelti i libri in corsa per il riconoscimento più ambito nel mondo letterario, scopriamo insieme i titoli dei dodici candidati della 77esima edizione
Giovedì 30 marzo, alla Camera di commercio di Roma, Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano, si è tenuta la conferenza stampa di annuncio dei 12 libri candidati al Premio Strega 2023.
I libri scelti tra gli 80 proposti dagli Amici della domenica, giuria composta da personalità del mondo della cultura nel senso lato del termine (giornalisti, studiosi, scrittori e artisti), si disputeranno la 77esima edizione del premio il 7 giugno al Teatro Romano di Benevento, dove verrà resa nota la cinquina finalista; mentre per la proclamazione del vincitore si dovrà attendere fino al 6 luglio, trasmessa in diretta su Rai3 alle 23:00, dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, storico luogo destinato alla consegna del Premio Strega.
La giuria che sceglierà i libri è composta da 660 persone aventi diritto: oltre agli Amici della domenica, saranno chiamati a votare anche “istituzioni attive nella promozione della lettura e della cultura, come scuole e università, associazioni culturali di riconosciuto prestigio, istituti italiani di cultura all’estero, associazioni di librai e bibliotecari”, come specifica l’Art.4 del Regolamento di votazione del premio.
I dodici (misteriosi) libri candidati
Se anche tu vieni travolto da un sentimento di lieve ma malcelata ignoranza (come tutti quanti noi) quando viene proclamata la cinquina finalista del Premio Strega, ecco di seguito delle brevi descrizioni dei libri candidati, presentati in ordine alfabetico e con alcuni estratti dei giudizi critici che ciascun Amico della domenica ha presentato insieme al proprio libro proposto, così che la proclamazione del vincitore non ti colga impreparato.
La sibilla. Vita di Joyce Lussu (Laterza) di Silvia Ballestra
«Laggiù, in una bella casa di campagna tra Porto San Giorgio e Fermo, vive una donna formidabile, saggia e generosa, ricchissima di pensieri, intuizioni, toni, bellezza, forza, argomenti, intelligenza. La mia Joyce, la mia sibilla»
Ci troviamo di fronte al racconto della vita di Joyce Lussu, poetessa, scrittrice e traduttrice partigiana: una vita piena di cultura e azione, attraverso le frontiere europee occupate dai nazifascisti, al fianco del marito Emilio Lussu e ai compagni della Resistenza. Questa azione prosegue nel dopoguerra, con la ricerca di poeti da tradurre per poter portare alla luce le lotte di liberazione di altri paesi, in particolare dell’Africa.
Anglo-marchigiana e con un fascino che le arriva per nascita e per formazione culturale, Joyce Lussu ha ispirato generazioni di giovani donne e, tra narrazione e diario, Balestra racconta questa immensa personalità del Novecento, facendola “rivivere nelle pagine di un libro affascinante e imprevedibile com’era lei”, racconta Giuseppe Antonelli, membro degli Amici della domenica.
Dove non mi hai portata. Mia madre, un caso di cronaca (Einaudi) di Maria Grazia Calandrone
«Spero che mentre te ne vai, Lucia, risenti le campane della festa, che fanno piovere larghezza e fiori sulla campagna ancora addormentata. Spero che finalmente ti riposi»
Nel 1965 un uomo (Giuseppe) e una donna (Lucia) abbandonano loro figlia di otto mesi nel parco di Villa Borghese, Roma, prima di gettarsi nelle acque del Tevere; oggi, quella bambina (l’autrice del libro) decide di tornare sui passi della madre, nei luoghi nei quali ha vissuto, indagando sul suo passato.
Calandrone narra, attraverso un libro con un’ambivalenza di racconto intimo e pubblico, la storia di sua madre e la storia di moltissime donne italiane, le cui vite sono state interrotte in circostanze misteriose, ritratto di una quasi normalità nell’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta. Così, l’autrice ripercorre la vita tormentata della madre biologica (appena dopo due anni dalla pubblicazione del libro Splendi come vita, nel quale affronta il difficile rapporto con la madre adottiva), informandosi attraverso gli articoli di cronaca dell’epoca e sul funzionamento delle poste italiane nel 1965, per capire il luogo e il giorno della spedizione della lettera in cui i genitori, con poche righe, spiegavano le motivazioni del loro gesto, spedita al giornale L’Unità.
La traversata notturna (La nave di Teseo) di Andrea Canobbio
«Per costruire bisogna prima scavare, mi sembra di averlo sempre saputo. Si prepara uno scavo e si gettano le fondamenta. L’ho imparato quand’ero bambino. […] Non puoi posare una casa per terra come una valigia o un secchio e sperare che duri»
Siamo a Torino, città nella quale si svolge tutta la narrazione, e che viene a mano a mano trasformata in una scacchiera, ripercorrendo i luoghi edificati proprio dal padre ingegnere di Canobbio-narratore. Il romanzo “parte come un memoir, ma diventa subito un potente romanzo famigliare dei nostri giorni, toccando con originalità e intensità il sentimento delle radici”, così descrive il libro Elisabetta Rasy, da lei proposto al Comitato del premio.
Durante il suo viaggio in questa città quasi straniera, Canobbio racconta la depressione che ha colpito il padre (e, in modo indiretto, tutta la famiglia), portandolo a dover abbandonare, ormai privo di ogni tipo di creatività ingegneristica, il proprio lavoro.
Come d’aria (Elliot) di Ada D’Adamo
«Entrare nelle corsie degli ospedali significa ogni volta smettere i miei panni e diventare “mamma”. Così ci chiamano le infermiere. Non signora. Mamma. Non più donna, non più persona, sono un ruolo, una “funzione di te”. Del resto, siamo noi madri le prime a chiamarci così»
Romanzo di esordio della scrittrice, racconta la storia di due figure femminili: quella di Ada, protagonista e madre che scopre, alla soglia dei cinquant’anni, di essersi ammalata e di Daria, sua figlia, il cui destino è segnato fin dalla nascita da una mancata diagnosi di una malformazione cerebrale.
Questa scoperta però, invece di allontanare madre e figlia irreparabilmente, le unisce, diventando occasione per Ada di raccontare a Daria la loro storia, fatta da fatiche quotidiane, segreti, ma anche di gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza, in un intreccio tra passato e presente. Dalle pagine del libro trapelano tanta rabbia, tanto quanto trapela l’amore che prova Ada nei confronti della figlia, «diventando d’aria», suo motivo di vita.
Ferrovie del Messico (Laurana Editore) di Gian Marco Griffi
«Quando ho domandato loro cosa volessero da me mi hanno risposto che volevano semplicemente abbracciarmi, e quando gli ho detto in che senso abbracciarmi Nicolao ha detto hai presente quando uno ti stringe le braccia e le mani attorno al corpo? e io stavo quasi per rispondere, ma Ettore ha detto vieni qui, scrittore del Messico, si è avvicinato e mi ha abbracciato»
Alessandro Barbero definisce questo libro “un romanzo colto e fluviale, basato su uno spunto narrativo di per sé semplicissimo, benché alquanto bizzarro”. Infatti, il libro narra di un milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria della Repubblica di Salò (Cesco Magetti) il quale, nel febbraio del 1944, viene incaricato di compilare una mappa delle ferrovie del Messico, dove si nasconderebbe, secondo i nazisti, «un’arma diabolica e terrificante».
Si è così in balia di questo romanzo, definito dall’autore d’avventura, che narra di una serie di eventi tragicomici, i quali generano storie su storie, portando il libro ad essere potenzialmente interminabile, portando il lettore stesso ad un senso di evasione dalla propria realtà, entrando a far parte di questa folle avventura.
Le perfezioni (Bompiani) di Vincenzo Latronico
«Erano immagini di una vita libera ed entusiasmante. Erano anche le immagini con più like, e quelle che più di frequente ne accumulavano anche mesi dopo la pubblicazione. Doveva essere l’indicazione di qualcosa»
Le immagini sono il fulcro di questo romanzo, e della vita di Anna e Tom, i protagonisti del libro: due italiani di nascita ma berlinesi adottivi, i quali abitano e lavorano in un “appartamento fotogenico”. Tutti i loro amici vorrebbero la loro vita, fatta di una quotidianità piena di benessere e felicità, quasi patinata, che nasconde un’insoddisfazione profonda.
Si scopre così che dietro a questa narrazione del bello si cela il timore delle aspettative dei genitori e, più in generale, della società, per la quale non saranno mai ‘abbastanza perfetti’ e all’altezza.
Rubare la notte (Mondadori) di Romana Petri
«Tonio era nato a Lione il 29 giugno 1900 da una famiglia speciale – una delle più antiche di Francia, che risaliva per nobiltà alle Crociate. Il nonno di suo nonno, poi, aveva addirittura combattuto in America con Lafayette. Ma il fatto che segnò per sempre la sua vita con tanta gloria passata non ebbe nulla a che vedere»
Così inizia il romanzo di Petri, il quale racconta l’infanzia di Antoine de Saint-Exupéry (famigliarmente Tonio), autore di uno dei libri più popolari al mondo: Il piccolo principe.
Di Antoine, personaggio altrettanto caratteristico quanto quello del suo stesso capolavoro, si sa che è stato un aviatore, professione che avrà una stretta connessione con la scrittura, passioni che hanno segnato profondamente la sua esistenza. Per questo motivo l’autrice decide di andare all’origine di questa connessione, “compiendo il gesto letterario di dissacrare l’infanzia intesa come luogo e tempo di innocenza”, spiega Teresa Ciabatti, candidata al Premio Strega nel 2021.
Mi limitavo ad amare te (Feltrinelli) di Rosella Postorino
«Lei lo abbracciò. Odorava di stufa a legna e capelli non lavati, anche se la stufa era spenta da oltre un mese; era lo stesso odore di quando dormivano insieme. Il bambino si serrò alla madre per respirarlo, e fu allora che il fragore esplose»
Omar ha dieci anni, suo fratello Senadin dodici, i due vivono da ormai cinque anni in un orfanotrofio, fin quando, per allontanarli dalla guerra, una mattina vengono portati via contro la loro volontà, per poter raggiungere l’Italia. Postorino narra così la vicenda di questi due bambini di Bjelave, Sarajevo, per poter raccontare le drammatiche storie di tutti i bambini che vivono nel mezzo di un conflitto armato.
Cassandra a Mogadiscio (Bompiani) di Igiaba Scego
«Jirro in somalo significa “malattia”, letteralmente è così, ogni vocabolario ti riporterà questa spiegazione. Persino Google Translate. Ma Jirro per noi è una parola più vasta. Parla delle nostre ferite, del nostro dolore, del nostro stress postraumatico, postguerra. Jirro è il nostro cuore spezzato»
È proprio di parole e di lingua e, in particolare, del loro potere, che l’autrice compone il suo memoir, le quali la aiuteranno a cucire ponti tra persone e generazioni, raccontando storie dimenticate, nate dai racconti orali e tramandati grazie alla scrittura.
“Scego, di libro in libro, ha sempre scandagliato l’idioma della sua creatività con massima attenzione. Scrivendo dalla prospettiva di chi conosce l’italiano da dentro e da fuori, – spiega Jhumpa Lahiri – ne ha forgiato un linguaggio folgorante, urgente, tutto suo”.
Il continente bianco (Bollati Boringhieri) di Andrea Tarabbia
«Fare il male, e pensare a qualcosa che si ama, alla bellezza persino»
Marcello Croce, “venticinque anni e bello come un Cristo”, è a capo di un movimento di estrema destra, nel quale tuti sono portati avanti da un unico ideale: vivere è come trovarsi in guerra; mentre consolida la sua idea di sovversione, inizia a frequentarsi con Silvia, moglie del dottor P., trovandosi in una relazione fatta di potere e paura.
Questi i protagonisti anche di un altro romanzo novecentesco incompiuto, quello di Goffredo Parise (L’odore del sangue), e così Tarabbia parte da queste basi per scriverne un secondo totalmente nuovo, che intende dialogare e, in un certo senso, completare quello del suo primo autore.
Tornare dal bosco (Marsilio) di Maddalena Vaglio Tanet
«Invece di andare a scuola, la maestra entrò nel bosco. Stringeva in una mano il giornale che aveva appena comprato e nell’altra la borsa di cuoio con dentro i quaderni, i compiti corretti e le penne e le matite ben temperate. Lasciò la strada senza esitare, come se il bosco fosse stato la sua meta fin dall’inizio»
Il motivo, o forse il movente, di Silvia, maestra di un paesino nel biellese nel quale apparentemente non succede nulla, è la notizia inaspettata del suicidio di una sua alunna.
Partendo da fatti reali e racconti di famiglia, articoli di giornali, dicerie e mitologie, Maddalena Vaglio Tanet racconta la storia di questo paesino di montagna, e dei bambini che ci vivono, gli unici a conoscere quanta realtà ci sia nelle fiabe, e quante sorprese restino acquattate nel bosco.
Una minima infelicità (Neri Pozza) di Carmen Verde
«A quei tempi pregava ancora Dio che le mie ossa si allungassero. Ma Dio non c’entrava. Se ci vuole ostinazione per non crescere, io ne avevo anche troppa»
È così che Anna, detta Annetta, racconta la sua vita vissuta all’ombra della madre, Sofia Vivier, bella ed elegante, la quale da sempre si vergogna del corpo scandalosamente minuto della figlia. Tuttavia, a dare senso e valore alla vita di Annetta è proprio sua madre, con la quale ha instaurato un rapporto di dipendenza, iniziando a vivere in un’esistenza riflessa, nel quale ad emergere è soprattutto la fatica che comporta un ‘amore non corrisposto’.
Di Beatrice Guaita
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