Silicon Valley Bank, cause del fallimento e conseguenze
Sono passati poco più di due mesi dal tracollo della SVB. È stato il più grande fallimento per una banca statunitense dalla crisi del 2008 e segna la fine di un’istituzione che solo un anno e mezzo fa aveva una valutazione di oltre 44 miliardi di dollari. Ne parliamo con il professore Giulio Tagliavini dell'Università degli Studi di Parma
Il 10 marzo 2023 è fallita la Silicon Valley Bank (SVB) dopo un fenomeno di panico bancario. E’ il secondo più grave dissesto di istituto di credito statunitense: il più grande dalla crisi del 2008. Ma come è potuto accadere e quali sono i rischi per il sistema economico e le altre banche?
La Silicon Valley Bank (SVB) fu fondata nel 1983 in California e rappresentava la sedicesima banca americana per dimensioni. Negli ultimi anni si era affermata come punto di riferimento per le startup tecnologiche della Silicon Valley, raggiungendo nel 2021 una valutazione di mercato di oltre USD 44 mld. La SVB è cresciuta velocemente e ha attirato sempre più investitori interessati ad avere una banca specializzata nel settore tecnologico.
Le cause del fallimento della Silicon Valley Bank
La SVB si finanziava principalmente attraverso i depositi dei propri clienti, in prevalenza società, ed impiegava parte della liquidità in obbligazioni. Come sottolinea Il Sole 24 ore, la Silicon Valley Bank si era specializzata nel settore della tecnologia, facendo affari principalmente con fondi di venture capital o società di private equity. Questi, alle prese con molte difficoltà tra il rialzo dei tassi d’interesse e le turbolenze nel settore tech, hanno prelevato molti soldi dai propri conti negli ultimi mesi provocando una crisi di liquidità.
I tentativi effettuati per raccogliere la liquidità non hanno riscontrato il successo sperato. L’annuncio delle perdite ha spaventato ulteriormente clienti e investitori e determinato una nuova ondata di prelievi da parte dei correntisti. La banca si è trovata nella condizione di non essere più in grado di far fronte ai massicci prelievi.
Da qui il fallimento con la rilevazione da parte della Federal Deposit Insurance Corporation, l’ente che offre garanzie sui conti correnti.
In seguito ai fallimenti della Silicon Valley Bank e della Signature Bank, la Federal Reserve Powell ha di fatto promesso di iniettare nel sistema finanziario della liquidità «di emergenza» per scongiurare qualsiasi deterioramento della fiducia in altre istituzioni bancarie.
Parola agli esperti
Viene spontaneo chiedersi come una banca così importante possa essere arrivata a un tale disastro. Lo abbiamo chiesto al prof. Giulio Tagliavini, docente di economia degli intermediari finanziari presso l’Università degli Studi di Parma.
“Quando succede un incidente di questo livello – afferma Tagliavini – si riscontrano sempre delle concause. In termini generali, le banche sono state tutte messe in difficoltà dai rialzi dei tassi di interessi, che deprimono il valore del loro attivo. In questo caso non è stato però possibile tenere i titoli svalutati in portafoglio, in quanto la clientela ordinaria della banca aveva esigenze accentuate di liquidità”.
La notizia del fallimento di SVB ha avuto ripercussioni negative sui mercati azionari, ma meno estese di quanto ci si aspettasse. Il sistema di sicurezza delle banche è estremamente solido e le crisi vengono gestite ormai con molta attenzione e con misure di contenimento funzionali, escludendo il cosiddetto effetto di contagio. Il fallimento di una
banca può mettere in difficoltà varie altre banche, poiché esse si prestano reciprocamente fondi sul mercato interbancario. L’insolvenza di una banca può causare, quindi, perdite a tutte le altre. In questo caso si parla di effetto domino e contagio.
“Il concetto chiave è quello del “too big to fail” – prosegue Tagliavini – e alcune banche sembrano essere troppo grandi per fallire. Con questa espressione diciamo che il fallimento di tali banche produce una situazione delicata, con conseguenze gravi e imprevedibili. Questi fallimenti non possono essere gestiti con regole ordinarie, ma devono essere gestiti con attenzione alle ripercussioni sistemiche”.
La clientela della SVB era concentrata nel settore tecnologico e in una area geografica ristretta. Una miscela di elementi pericolosa, a cui si è aggiunta l’inadeguatezza del management che ha portato al blocco della banca.
“Dopo il fallimento – conclude il professore – si è messo in moto un livello di attenzione di ordine superiore. Gli analisti e i banchieri hanno compreso molto bene il livello di pericolo. Quando gli attivi delle banche si svalutano occorre adottare le contromisure gestionali di contenimento del rischio che possono evitare le conseguenze sull’intero equilibrio”.
Allo stato attuale il fallimento di SVB sembra essere circoscritto, con rischi per il momento limitati per le banche europee e italiane. Il caso SVB ha mostrato non solo gli effetti collaterali del rialzo dei tassi, ma anche quanto incide la sensibilità delle persone negli investimenti e di conseguenza nell’andamento delle banche. L’abitudine di gestire la liquidità attraverso canali telematici, inoltre, è generalizzata, provocando un aumento della velocità di fuga dei clienti con cui occorre convivere.
di Laura Ruggiero
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