“E io pago!”: storica condanna al pagamento delle tasse per Airbnb

Nessuna eccezione per la società statunitense: il Consiglio di Stato condanna Airbnb al pagamento dell'imposta sui canoni

crediti: destinosahora.com

Ammonta a 779 milioni di euro la somma che Airbnb, la società che gestisce la nota piattaforma di hosting online, deve all’erario italiano. Il denaro è stato sequestrato dalla Procura di Milano, secondo la quale la società non avrebbe versato la cedolare secca sui canoni di locazione breve corrisposti tra il 2017 e il 2021 dagli ospiti delle strutture recettive.

La legge italiana prevede che il proprietario di un immobile locato ad uso abitativo possa decidere di pagare un’imposta sostitutiva, la cedolare secca, in ragione di un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo. Dal 2017 anche gli intermediari immobiliari, residenti in Italia e non, che intervengono nel pagamento dei canoni sono tenuti a operare una ritenuta del 21% sui canoni di locazione breve. La ritenuta, peraltro, sarebbe destinata ad aumentare fino al 26% secondo quanto prevede la bozza della nuova legge di bilancio.

Italia, un mercato immobiliare meno competitivo degli altri

L’obbligo di ritenuta non è l’unico onere per gli operatori: chi tra loro risiede all’estero ed è privo di una stabile organizzazione in Italia deve anche nominare un rappresentante fiscale incaricato di adempiere agli obblighi legali per conto della società. La legge vieta la nomina di un rappresentante nello Stato di residenza degli operatori, disincentivando lo svolgimento dell’attività in Italia e ostacolando la libera circolazione dei servizi nel mercato comune.

Nella vicenda giudiziaria che l’ha coinvolta, la società Airbnb (che ha sede in Irlanda), sosteneva che la legge italiana avrebbe dovuto essere disapplicata data la sua contrarietà al diritto dell’Unione.

Il Consiglio di Stato, al quale competeva la decisione sul ricorso in appello, ha rimarcato l’operatività della disciplina legislativa nazionale con l’esclusione del dovere di nomina: Airbnb dovrà corrispondere all’Agenzia delle Entrate l’imposta sui canoni anche in assenza di un rappresentante che ne assolva i doveri fiscali. Il rappresentante fiscale è solo una figura accessoria e il dovere di nominarlo può essere espunto. La sua esclusione non priva la norma di efficacia; anzi, proprio perché Airbnb ha la disponibilità materiale del denaro, l’ente impositore può vantare le proprie pretese direttamente nei confronti della società.

La decisione arriva in seguito alla pronuncia della Corte di giustizia UE sulla conformità della disciplina nazionale con l’articolo 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in cui è sancito il divieto di restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione. Ci sono, però, motivi d’interesse pubblico per cui uno Stato può limitare la libera prestazione dei servizi senza violare il divieto. La nomina del rappresentante fiscale rientra nel quadro delle misure adottate dal legislatore italiano per contrastare l’evasione fiscale. Un obiettivo, questo, d’interesse pubblico che giustifica una limitazione alla libera circolazione dei servizi.

Ci si può domandare se questa limitazione sia proporzionata al fine perseguito. La Corte ha espresso chiaramente il suo giudizio: la misura non è proporzionata. Quando è chiamato a scegliere la misura più adatta al perseguimento di un fine nell’esercizio della sua sovranità nazionale, il legislatore deve, infatti, rispettare il principio di proporzionalità, per cui la misura non dovrà eccedere quanto necessario a raggiungere il suo scopo e dovrà pregiudicare il meno possibile le libertà dei cittadini europei.

di Simona Coduti

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