L’intifada studentesca anche a Parma: occupato chiostro di Lettere
La richiesta degli studenti per il cessate il fuoco su Gaza e l’interruzione degli accordi con le università israeliani sbarcano al chiostro dei Paolotti
Anche l’università di Parma si unisce all’elenco degli atenei italiani occupati dai movimenti in protesta in sostegno del popolo palestinese. In Italia e nel mondo infatti vanno diffondendosi le accampate di studenti che manifestano chiedendo un immediato cessate il fuoco sulla striscia di Gaza, e che chiedono alle università l’interruzione dei rapporti con le università di Israele.
Queste proteste hanno preso il nome di Intifada studentesca, dal termine arabo che sta per “rivolta”, “sollevazione”; usato per indicare le rivolte arabe avvenute nel contesto del conflitto israelo-palestinese.
Le occupazioni da parte degli studenti sono iniziate prima in Cisgiordania per poi diffondersi negli Stati Uniti e nel resto del mondo, e stanno dando i loro frutti: in Spagna, ad esempio, i rettori di 77 università si sono detti disposti ad accogliere le richieste degli studenti e dunque a rivedere e interrompere gli accordi di collaborazione con le università israeliane.
Al momento in Italia le proteste, iniziate a Bologna, si sono diffuse in più di venti atenei lungo tutto lo stivale, e dal 15 maggio coinvolgono anche l’università di Parma, dove gli studenti insieme alla comunità palestinese di Parma e altre realtà politiche cittadine hanno occupato il Chiostro di lettere, in rete con le altre acampade in Italia.
“Vogliamo innanzitutto portare l’attenzione su quello che sta succedendo in Palestina, cioè un vero e proprio genocidio che negli ultimi mesi ha visto più di 40.000 morti nella striscia di Gaza” spiega Daniele, uno degli studenti occupanti. “Inoltre, abbiamo delle rivendicazioni chiare nei confronti dell’Università di Parma, che ha degli accordi che noi riteniamo problematici rispetto alcuni accordi di tirocinio con la NATO a Giurisprudenza, oppure gli accordi con delle industrie che collaborano attivamente con Israele nella ricerca per lo sviluppo di tecnologie belliche. Vogliamo fermare questi accordi, istituire un tavolo con il rettore e gli organi deputati dell’Università e istituire un tavolo pubblico per fermare questi accordi che continui tutto il tempo necessario perché le richieste degli studenti vengano accolte, in modo che l’Università e la ricerca universitaria non siano complici del genocidio in Palestina e della guerra imperialista”.
Anche i progetti di ricerca finanziati da Eni, inoltre, sono da rivedere stando alle richieste degli occupanti, in quanto, come recita il comunicato di Ecologia Politica Parma, ritengono che “l’apartheid in atto passi anche per la distruzione ambientale e l’esproprio delle risorse, il quale avviene attraverso le concessioni che il colosso del fossile italiano ha ottenuto dal governo israeliano per estrarre gas naturale dalle acque a largo di Gaza”.
L’intenzione è quella di coinvolgere nella lotta non solo gli studenti, ma anche i professori e il personale tecnico, in un percorso che andrà avanti finché l’Università non darà un chiaro segnale di voler dare seguito alle richieste dei manifestanti. E un primo riscontro da parte del rettore c’è effettivamente stato: “Abbiamo avuto una prima valutazione positiva rispetto a un tavolo da parte del rettore e degli organi universitari, ora aspettiamo che questo primo approccio positivo si sostanzi in qualcosa di concreto, perché non rimangano parole vuote”.
di Marta Montana
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