Disabilità e UniPr – Intervista al presidente Anmic Antonini: “I protocolli ci sono, ma sono le persone a fare la differenza”
"Aver visto, alla presentazione del suo libro, Giulia Ghiretti - campionessa paralimpica- portata a braccio sulle scale del polo universitario di Borgo Carissimi, perché l’ascensore era fuori uso e nessun operatore sapeva utilizzare il montascale è stato molto triste"
Presentiamo l’Anmic e il suo Presidente Walter Antonini. Questa realtà è ricca di valori e di sensibilità per i più fragili: informiamo chi non la conosce. In cosa consiste questa realtà e come si batte (guidata appunto dal dottor Antonini) per il benessere delle persone con disabilità.
Anmic è l’Ente Nazionale di Tutela e Rappresentanza delle Persone con Disabilità e delle loro famiglie: una storica struttura che si occupa di guidare le persone nel riconoscimento dei propri diritti. Abbiamo un’anima tecnica, con una decennale esperienza nel seguire le persone nei vari iter di riconoscimenti di invalidità civile, 104 e tanto altro, un’anima progettuale, con la quale cerchiamo di attuare soluzioni, sempre più spesso in rete con altre realtà, per aumentare la qualità di vita delle persone con disabilità, e un’anima sociale, in cui i nostri tanti volontari sono assoluti protagonisti, attraverso la qualche cerchiamo di non essere una comunità a parte ma parte della comunità. In una parola: cerchiamo di fare inclusione.
L’università e la disabilità: sono due cose compatibili? Ovviamente sì, ma per chi non ne fosse al corrente informiamolo che l’università non è appunto un limite ma anzi un diritto e un benessere anche per le persone disabili
L’accesso allo studio e alla formazione è ovviamente un diritto di tutti, quindi anche delle persone con disabilità, per le quali il diritto viene sancito per la prima volta, in Italia, con la legge 104 del 1992.
Nel 2006, con la Convenzione Onu dei Diritti delle Persone con Disabilità, viene ribadito come il pieno accesso a tutte le forme di partecipazione sociale e di formazione personale sia un diritto umano inviolabile e che le Istituzioni debbano farsi carico degli impedimenti socioculturali che ostacolano l’attuazione di ciò.
Ad oggi, nel nostro Paese, la tutela di questo diritto è ancora a macchia di leopardo.
A Parma come siamo messi? Dottor Antonini ci spieghi come l’Ateneo parmigiano si adatta al benessere dei più fragili e se eventualmente può migliorare su alcuni punti
“Non tutte le Università italiane sono dotate di sportelli o protocolli specifici per garantire gli strumenti compensativi a persone con disabilità o BES (bisogni educativi speciali). In questo l’Ateneo di Parma può vantare grandi risultati e rappresenta uno dei primi Istituti che garantisce il diritto di studio a tutti. In questo, la professoressa Emilia Wanda Caronna è stata una pioniera nel riuscire a rendere l’Università un luogo accogliente senza far perdere di livello la preparazione curricolare”.
L’UniPr ha dei punti di forza e dei punti deboli? Se può ce li illustri
“Il servizio deve far fronte a nuove sfide. Cambiano le disabilità, sempre meno fisiche, sempre più intellettive: la sfida è enorme. La differenza la fanno le persone, quindi i docenti: devono essere aggiornati sugli strumenti compensativi e cosa la tecnologia mette a disposizione, altrimenti ci troviamo di fronte al ragazzo cieco che non può laurearsi in Informatica, quindi si trasferisce a Lingue, ma essendo le lezioni in plessi diversi durante la giornata, non può seguirle perché il pulmino a disposizione è uno soltanto e impegnato. Parliamo di cose realmente accadute.
Risulta necessario che i servizi di supporto allo studio aggiornino i propri protocolli e riescano ad inserirsi in modo autorevole come mediatori tra studenti e polo universitario per garantire il diritto allo studio ascoltando i bisogni dal basso.
Sicuramente inserirsi in modalità d’esame e d’insegnamento consolidate non è mai semplice, tuttavia ci sono buoni precedenti da non perdere.
Nel periodo della didattica a distanza durante la pandemia da Covid-19 si erano attuate molteplici buone pratiche che andavano incontro ai bisogni degli studenti con disabilità e che pian piano si stanno abbandonando.
Farsi garanti di strumenti come la registrazione delle lezioni, materiali didattici in versione digitale o la possibilità di sostenere gli esami orali a distanza potrebbe essere un primo passo per l’ufficio disabili per riuscire a fronteggiare le nuove sfide che incombono sul diritto allo studio delle persone con disabilità”.
Esistono dei tutor per i più fragili, cosa ne pensa?
“Sono figure fondamentali. Si crea spesso un rapporto molto stretto tra studente e tutor, che spesso si incontrano di nuovo nei percorsi successivi, in ruoli diversi. Il problema è che il tutor cambia in continuazione. E la continuità è uno dei problemi poi ai fini della laurea: va bene potersi iscrivere, ma poi conta sapere quanti studenti con disabilità si laureano.
Lo scopo principale infatti, in linea con i dati del report su istruzione e disabilità ISTAT del 2021, è riuscire ad accompagnare fino alla fine del proprio percorso gli studenti e le studentesse con disabilità.
I dati mostrano come ci sia un buon numero di studenti con disabilità che accedono all’università in Emilia Romagna (Parma si trova appena sotto la media regionale) ma chi finisce il percorso di studi di questi è solo il 2% degli studenti totali che si laureano.
Andando nello specifico dei dati, quasi il 50% degli studenti con disabilità che si iscrive ad un percorso universitario triennale effettivamente lo porta a termine. La metà di chi riesce a laurearsi, però, lo fa fuoricorso o cambiando facoltà lungo il percorso.
Se si prendono in considerazione lauree magistrali o a ciclo unico gli studenti con disabilità iscritti sono meno della metà di quelli iscritti alle triennali. Ecco quindi che bisogna garantire non solo l’accesso, ma tutto il percorso”.
Disabilità fisica, autismo e patologia mentale: l’UniPr li distingue bene e si adatta di conseguenza? Ha delle premure anche per le patologie meno conosciute?
“Le premure, così come i protocolli, ci sono. La differenza, ripeto, in contesti ampi come le Università, la fanno le persone. E’ una questione culturale e l’Università è il luogo per cultura per eccellenza. Cultura significa anche leggere il futuro e le nuove sfide per l’inclusione sono tante. Certo, aver visto alla presentazione del libro di Giulia Ghiretti la campionessa paralimpica portata a braccio sulle scale del polo universitario di Borgo Carissimi, perché l’ascensore era fuori uso e nessun operatore sapeva utilizzare lo “scoiattolo” (il montascale elettrico, ndr), è stato molto triste. Quindi c’era il mezzo, ma nessuna persona formata ad utilizzarlo. Ti passa la voglia di fare l’Università se devi essere presa in braccio per andare in aula”.
Sport e disabilità: l’UniPr si è adattata?
“Sì. Ci sono anche corsi specifici. Se ne parla sempre di più. Gli studenti ci dicono però che poi a livello pratico cambia tutto, ma questo vale in tutti i casi: la formazione è un conto, il lavoro è un altro. Però ci sono buoni presupposti. Vorremmo vedere più esami di architettura e ingegneria sulla progettazione inclusiva: ecco, su questo fronte siamo davvero molto indietro. Chi diventa professionista, spesso, si attiene alla mera applicazione di una legge, che tra l’altro conosce poco. Non c’è esperienza, cultura, approfondimento sui temi della progettazione inclusiva in senso universale”.
Consigli per un disabile che vuole frequentare ma ha paura: cose importanti da dirgli per dargli forza e tranquillizzarlo.
“Bisogna sempre provarci. Nella mia esperienza di allenatore di giovanissimi con diverse patologie, nel basket in carrozzina, mi porta a dire che le paure sono spesso delle famiglie. Da dentro le cose si vedono meglio e sembrano sempre più facili. Consiglio sempre di parlare prima con chi ha già fatto quel percorso, quindi con ragazzi con disabilità laureati nella nostra Università, che sono tanti”.
Se ha piacere porti l’esempio di qualcuno che ce l’ha fatta a superare anche eventuali problemi e coronare il sogno della corona d’alloro.
“Non posso fare l’esempio di una persona soltanto, perché farei torto alle decine e decine di ragazze e ragazzi che si sono laureati. Chi in giurisprudenza, chi in lettere, chi in logopedia, chi in ingegneria, chi in psicologia, chi in scienze politiche. Ognuno ha poi intrapreso la sua strada: qualche volta nel settore per cui ha studiato, diventando un ottimo professionista, altre trovando nuovi orizzonti a cui dedicarsi. Ma con una laurea in tasca e un percorso che li ha fatti crescere enormemente, come esseri umani e come cittadini”.
di Nicolò Bertolini
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