Lo studio di Nature sugli effetti del cambiamento climatico sulla tundra

L’Università di Parma è l’unico ateneo coinvolto nella ricerca sugli effetti dell’aumento delle temperature nella tundra

Anche quattro ricercatori dell’Università di Parma hanno contribuito allo studio pubblicato su Nature, una delle più prestigiose riviste accademiche inglesi dal titolo “Enviromental drivers of increased ecosystem respiration in a warming tundra”.
L’Università di Parma è l’unico ateneo italiano ad aver partecipato alla ricerca condotta dalla rete ITEX, l’International Tundra Experiment, e coordinata da Sybryn Maes del Climate Impacts Research Centre dell’Università di Umeå, in Svezia, che ha visto coinvolti più di settanta studiosi provenienti da tutto il mondo.I ricercatori italiani sono Alessandro Petraglia e Michele Carbognani, docenti del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale, Giorgio Chiari e T’ai Gladys Whittingham Forte, assegnisti di ricerca nel laboratorio di Geobotanica e Ecologia Vegetale dell’Università di Parma.

Lo scopo dello studio

L’obiettivo della ricerca condotta dall’ITEX, un network scientifico attivo da trent’anni di ricercatori di più di 13 paesi in cui sono presenti biotopi artici, antartici e alpini, era quello di verificare l’impatto che il cambiamento climatico ha su questi ambienti. La tundra infatti è uno dei più grandi serbatoi di carbonio a livello mondiale, e si sta riscaldando a ritmi notevolmente superiori rispetto alla media globale, motivo per il quale da circa trent’ anni l’ITEX conduce degli esperimenti volti a monitorare il modo in cui la flora e gli ecosistemi locali reagiscono all’aumento delle temperature.

Come si è svolta la ricerca

I settanta scienziati hanno dunque condotto 56 esperimenti attraverso delle “Open Top Chambers”, delle serre a cielo aperto in cui la temperatura è stata aumentata artificialmente in modo da simulare gli scenari futuri a cui il pianeta andrà incontro, e rilevandone le emissioni di CO2 nei 28 diversi siti in cui gli esperimenti sono stati condotti dal team di ricerca.  Dunque, hanno proceduto ad aumentare la temperatura dell’aria di +1.4 °C e quella del suolo di +0.4 °C, hanno ridotto l’umidità  del suolo dell’1,6%, generando così un aumento medio del 30% delle emissioni di CO2.

I risultati

Ciò che i ricercatori hanno scoperto è che il riscaldamento globale potrebbe alterare le caratteristiche della tundra artica e alpina: è stato infatti rilevato che l’aumento delle temperature può determinare il mutamento biogeochimico di un’area facendo sì che gli ecosistemi del luogo rilascino carbonio nell’atmosfera a causa dell’alterazione del pH e dei livelli di azoto del suolo. Il rilascio stimato è risultato essere superiore di ben quattro volte rispetto a quanto gli studi precedenti avessero suggerito; è inoltre stato reso noto che questo stesso rilascio stimola la respirazione dell’ecosistema, ossia il processo tramite il quale la CO2 fissata dalle piante con la fotosintesi torna in atmosfera, con un andamento non lineare nel tempo.
Questo studio serve quindi ad avere una comprensione più dettagliata del modo in cui, in futuro, le caratteristiche biogeochimiche della tundra interagiranno con l’aumento delle temperature, e di conseguenza, a sviluppare dei modelli climatici più accurati, in grado di prevedere le future emissioni di carbonio.

di Marta Montana

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