Il giornalismo (non) è morto

NON CI RESTA CHE PIANGERE

Luca Mautone“Ricordati che devi morire!” – urlerebbe il frate nel film ‘Non ci resta che piangere’.
“Si, si, mò me lo segno!” – risponderebbe un grandissimo Massimo Troisi.
Il memento mori del giornalismo risuona come i rintocchi della campana di una chiesa.
Per le strade di una città, fino ad addentrarsi nelle aule dell’università.
Il luogo degli anni più belli, quelli dove migliaia di ‘aspiranti giornalisti’ si formano, in un continuo divenire, alla ricerca della verità, ma sopratutto di se stessi.
Certo è, che al giorno d’oggi, il futuro della carta stampata (e non solo) appare torbido più che mai.
Ed è in mezzo a questo mare di incertezze, che brilla la luce di una speranza.
Attenzione, però, a non confondere le luci con i fuochi fatui.
È facilissimo cadere nel loro tranello.
In genere il loro bagliore dà l’impressione di essere più luminoso. Ma non c’è da fidarsi. Tutte le leggende relative ai fuochi fatui, parlano di persone che li hanno inseguiti alla ricerca del loro destino, per poi ritrovarsi soli e persi nella più profonda oscurità.
Ecco, i fuochi fatui del futuro del giornalismo li riconosci dall’arroganza, dalla spavalderia, dalla pienezza di sé. Vivono nella convinzione che tutto sia ascritto a loro, e loro soltanto. Non concepiscono l’esistenza degli altri, e pertanto, si auto-ergono a divinità, facendo della loro (presunta) infallibilità, un dogma dal quale non si può prescindere. Non scendono quasi mai a compromessi, tranne nel caso in cui vi sia una logica di ‘do ut des’ sottostante. Dare qualcosa, per ottenere qualcos’altro: il credo di queste persone è che ‘niente va fatto per senza niente’. Non c’è ideale, non c’è passione: le emozioni appartengono ai deboli. I forti sopravvivono grazie al loro cinismo.
Per i fuochi fatui, il giornalismo non è ‘il dono della verità’ verso il mondo. La verità non c’entra un bel niente.
Esiste una sola unica grande menzogna, che nella loro concezione finisce col diventare l’unica verità possibile: la loro.
Ogni giorno, tutti gli ‘aspiranti giornalisti’ si trovano ad avere a che fare con persone del genere. Persone che, al posto di mettersi in gioco, come normalmente farebbe chiunque altro, scelgono di mentire. Dire bugie pur di arrivare dove vogliono. I fuochi fatui sono esseri consumati dalla loro stessa ambizione, disposti a sgambettare perfino chi gli sta vicino. In troppi, convinti che la loro sia una luce ‘autentica’, tentano di inseguirli.
Dimenticando, che l’unica strada a cui possano mai portare i fuochi fatui, è una strada fredda e scura.
Dimenticando, che esistono tante tiepide luci che, pur brillando di meno, costituiscono una certezza.
Piccole fiammelle, ardenti di passione, che, con umiltà e semplicità, si sforzano nel riconoscere i propri limiti, nel tentativo di crescere e superarli.
Queste sono le luci della speranza: persone che si sono messe al servizio della verità, invece che piegare quest’ultima alle proprie esigenze.
Queste sono le luci, che hanno ancora il coraggio di affermare che ‘due più due fa quattro‘.
Queste luci, sono il futuro del giornalismo.

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