Duc Tan Arrigoni e la sua vita da aspirante chef: sveglia presto, lezioni di buon gusto e mani in pasta

IL VENTENNE DI ORIGINE VIETNAMITA RACCONTA LA SUA ESPERIENZA ALLA SCUOLA DI CUCINA INTERNAZIONALE DIRETTA DA GUALTIERO MARCHESI

Passione, dedizione e un pizzico di talento. Sono questi gli ingredienti di base per diventare uno chef. E sono gli stessi che si coltivano ad Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi. La Reggia di Colorno ospita ragazzi di diversa provenienza e aspirazione: c’è chi vuole diventare cuoco o pasticcere, ma anche sommelier o professionista della ristorazione. Tra i primi c’è Duc Tan Arrigoni, un ventenne di origini vietnamite, in Italia, precisamente a Varese, da quando aveva due anni. Ha studiato al liceo scientifico e, tra una lezione di fisica e un compito di matematica, incastrava la sua passione per la cucina e si dilettava ai fornelli. Adesso le sue aspirazioni sono più alte. Affila i coltelli (quelli suoi, personali, che ogni studente deve avere) e intanto si racconta.

duc tan arrigoni- almaCome sei arrivato ad Alma?

“Ci sono finito quasi per curiosità. Dopo il liceo, non avevo intenzione di studiare all’università, ho sempre preferito l’idea di fare subito qualcosa di pratico che mi permettesse di lavorare. All’inizio i miei non erano d’accordo, avrebbero preferito che continuassi con gli studi. Ma poi mi hanno appoggiato. Mi sono appassionato alla cucina sin da piccolo, perchè il mio bisnonno era un sommelier e mio nonno lavorava nelle cucine degli alberghi: sono stati loro a trasmettermi l’amore per questo mestiere e voglio portare avanti la tradizione di famiglia. Mi è capitato di lavorare in un ristorante in Grecia durante i mesi estivi e lì ho capito che cosa avrei voluto fare da grande. Ho deciso di inscrivermi ad Alma per continuare ad imparare e perfezionarmi: ho iniziato con il corso in tecniche di base, provenendo da un liceo scientifico e non avendo due anni di esperienza nel settore come la scuola richiede. Poi ho continuato con il corso superiore e ora sono a metà percorso, mi mancano i 5 mesi di stage. A proposito, sono anche un po’ in ansia per questo perchè la settimana prossima mi comunicheranno la destinazione”.

Cosa ti è rimasto delle tue origini vietnamite?

“Solo l’aspetto (sorride). Sono stato adottato quando avevo due anni, ho pochissimi ricordi, però sono curioso di visitare il mio Paese d’origine. Magari anche professionalmente. Nel frattempo, però, cerco di imparare bene la cucina italiana!”

Raccontaci la giornata tipo all’Alma: a che ora si sveglia un aspirante chef? 

“Le lezioni cominciano alle otto e la mia sveglia personale suona alle sei e mezza. Devo svegliarmi a quest’ora per arrivare in orario, visto che condivido l’appartamento con altri ragazzi. Le ore di lezione in tutto sono otto, con una pausa pranzo di un’ora e qualche break caffè di dieci minuti. Durante il corso base, però, le lezioni cominciavano alle sei del mattino, erano quasi sempre di carattere pratico e bisognava impastare, strinare o spinare pesce! Quando ho la possibilità, durante il tempo libero, faccio sport oppure vado in biblioteca per approfondire tematiche legate alla cucina, magari qualcosa di cui si è parlato poco a lezione. Per esempio ultimamente mi sono appassionato alla cucina orientale o alla corrente spagnola, mentre a lezione si apprende la cucina classica marchesiana e la nouvelle cuisine“.

E la sera? Ci sono bar o locali che frequentate?

“Qui a Colorno c’è un unico bar-pub come luogo di ritrovo oppure ci si incontra a casa di uno di noi. Si finisce spesso a parlare di cucina, le nostre discussioni sono molto legate alla scuola e al mondotan- alma culinario in generale”.

Come consideri l’immagine dello chef/star televisiva? Per esempio Cracco, Barbieri…

“Questo argomento è frequente motivo di dibattito sia tra noi studenti che durante le lezioni con i docenti. Io penso che abbiano comunque tanti meriti e che siano chef di altissimo livello. Il resto è legato a esigenze televisive, è spettacolo!”

Quali sono le tue abitudini alimentari? 

“A pranzo di solito in scuola ci viene offerto un buffet realizzato a turno da una delle sezioni del corso superiore di cucina. Il pasto è completo: un primo, un secondo e verdura di stagione. A cena invece mangio un po’ di frutta o un’insalata, raramente una pizza. In generale non sono uno che si abbuffa e lavorando tutto il giorno a contatto con il cibo capita di assaggiare spesso dei prodotti e l’appetito è sempre in qualche modo colmato. Abbiamo comunque una buona dieta, ci viene data l’opportunità di mangiare tutto e nel giusto quantitativo: facciamo anche delle lezioni con una nutrizionista che ci insegna a mangiare sano”.

Ecco, appunto: quanto è difficile trovare il giusto equilibrio tra i valori nutrizionali e la bontà di un piatto?

Si può fare buona cucina anche con una dieta povera di grassi, però io sono dell’idea che davanti ad un buon piatto al ristorante si possa chiudere un occhio su quelli che sono i principi nutrizionali. Non si può mangiare tanto, tutti i giorni, è importante l’equilibrio. Però si possono trovare i giusti compromessi, come fanno i grandi chef quando per esempio sostituiscono il burro con la maizena per ridurre l’apporto di grassi. In generale, dal mio punto di vista, mangiare bene e nella giusta quantità non fa male”.

C’è uno chef a cui ti ispiri?

“Non ce n’è uno in particolare, cerco di attingere il meglio da tutti. Non è facile identificare uno chef preferito, ognuno ha dei pregi e dei difetti, ma tutti hanno un bagaglio di conoscenze da cui prendere ispirazione. Per ora non mi voglio focalizzare solo su un’unica corrente di pensiero, mtan alma- marchesia cercare di recepire il più possibile. E poi magari, un giorno, specializzarmi in qualcosa di particolare”.

Ti è mai capitato di assaggiare un piatto di un tuo compagno di corso e doverlo giudicare?

“In un certo senso si: siamo molto critici tra noi e ci interessa conoscere i pareri di tutti. Il confronto è bello anche per questo, perché ci permette di mettere insieme palati e gusti diversi, oltre che modalità diverse di cucinare. Il fine di ognuno di noi è la soddisfazione del cliente e in questo senso ci aiutiamo per capire tutte le esigenze. Non c’è competizione o rivalità fra noi, ma un rapporto sano e costruttivo”.

Qual è la tua aspirazione per il futuro? Cosa farai dopo la Scuola?

“Cercherò in tutti i modi di girare il più possibile, penso che sia la cosa più giusta da fare se si vuole intraprendere questo mestiere. Voglio viaggiare, conoscere cose nuove e soprattutto nuovi sapori: sarebbe sia un lavoro che un’esperienza personale di crescita. Mi piacerebbe visitare i Paesi classici famosi per la cucina, ma anche scoprire realtà più piccole e nascoste”.

Per esempio dove andresti a mangiare se volessi esplorare la cucina di un Paese?

“Sicuramente nei posti più piccolini! Per esempio in Italia non puoi scoprire i sapori e le abitudini alimentari tradizionali in un ristorante stellato, ma nell’osteria più nascosta. Oppure alla sagra del paese. Un esempio? La sagra del bruscitt di Busto Arsizio. Così immagino sia anche negli altri Paesi, per scoprire i sapori più autentici legati alla tradizione”.

di Matteo Buonanno Seves e Felicia Vinciguerra

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