Po a secco, “presto per parlare di allarme” ma raccolti a rischio

EMERGENZA SICCITA'? PARLANO GLI ESPERTI: "SERVIREBBERO 20-30 GIORNI DI PIOGGIA"

Po in seccaEra solo dicembre quando i media gridavano all’allarme esondazione del Po e cominciavano a contare i danni di una piena che, in realtà, era stata del tutto modesta: quelli causati nella provincia di Parma si erano rivelati prossimi allo zero. A distanza di tre mesi, per una legge che ha tutta l’aria di quella del contrappasso, si grida all’allarme siccità e il grande fiume torna a far parlare di sé: il livello idrometrico del Po, infatti, risulta inferiore di due metri rispetto allo stesso periodo del 2016. Il motivo, sostanzialmente, è che, oltre alle mezze stagioni, stanno scomparendo anche le stagioni. Questo sfasamento è legato a una tendenza costante al surriscaldamento globale: il 2016 è stato l’anno più caldo di sempre sul pianeta da quando è possibile fare rilevazioni scientifiche, in Italia al quarto posto tra gli anni più caldi “con una temperatura di 1,24 gradi superiore alla media del periodo di riferimento”, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr.
Parlando di oggi, per la prima metà di marzo la temperatura minima è stata superiore di 2,9 gradi rispetto alla media. Per quanto la primavera anticipata possa piacere ai più, l’allarme, se reale, potrebbe significare un futuro meno felice per l’agricoltura e i raccolti estivi. Ma quanto è concreta questa minaccia?

“SUL PO COME AGOSTO. ALLARME SICCITA’ E INCENDI” – Partiamo dai dati: il Po è in secca. E’ quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti sul più grande fiume italiano a Pontelagoscuro, dove il livello idrometrico è di 4,9 metri, lo stesso di agosto 2016. Un inverno caldo e asciutto che sta facendo soffrire tutti i principali bacini idrografici: “Siccità e bombe d’acqua, ma anche gelate estreme e picchi di calore anomali – spiega Coldiretti – si alternano lungo l’anno e lungo tutta la penisola, sconvolgendo i normali cicli stagionali”. Le maggiori preoccupazioni riguardano le regioni del nord dove la riduzione della pioggia è stata del 78,5% a dicembre e del 56,7% a gennaio. “La situazione nel parmense – afferma Luigi Montali, imprenditore agricolo socio di Coldiretti Parma è pari a quella degli altri territori. E’ probabile che ci saranno delle ripercussioni sull’agricoltura in futuro, ma al momento non si può dare per certo che ci saranno dei danni“.  La pioggia e le nevicate invernali, infatti, sono determinanti per ricostruire le riserve idriche necessarie alle piante, durante la ripresa vegetativa primaverile, per crescere e garantire i raccolti. “Più che per i danni conclamati, o che potrebbero verificarsi nel breve termine – conferma Montali – c’è preoccupazione per quelle che sono le riserve. Il mese di marzo di solito vede falde alte, montagne innevate, disponibilità idriche di un certo tipo, ma, ad oggi, la situazione è diversa”. I mesi primaverili, dunque, sono quelli in cui le falde tendono a rimpinguarsi ma “se non ci sarà una primavera adeguatamente piovosa, bisognerà far fronte a problemi di approvvigionamento idrico non solo delle falde superficiali, ma anche di quelle sotterranee, il cui livello è già adesso molto basso”. Se questo dovesse verificarsi “sicuramente sarà un’estate difficile”, continua Montali. Una situazione fuori dal normale, quindi, ma che ancora non ha l’aria di essere critica.

Siccità terrenoTROPPO PRESTO PER PARLARE DI ALLARME – “Nell’asta del fiume Po sono presenti valori di portata inferiori alla media del periodo, seppur abbastanza simili a quelli del 2016. Tranne i disagi per la navigazione, per ora la situazione dei livelli del fiume non genera preoccupazione”. A confermare questa situazione è Alessio Picarelli, della Gestione Risorse Idriche dell’AdbPo (Autorità di Bacino del Fiume Po). Un parere che si accosta a quello di Claudio Riani, geologo del Servizio Tecnico dello stesso ente: “Al momento le autorità non hanno diramato un vero e proprio allarme, e sarebbe prematuro parlarne perché con un aprile o un maggio particolarmente piovosi la situazione tornerebbe in equilibrio. Se questo non dovesse succedere, però, potrebbero esserci problemi anche per l’agricoltura, visto che tra uno o due mesi si comincerà a irrigare: i canali di irrigazione sfruttano l’acqua che arriva dal Po, dalla Parma e dal Baganza, ma chiaramente verrebbero ben riforniti soltanto i canali più vicini, mentre i problemi aumenterebbero man mano che ci si avvicina alla foce del fiume.” In questo contesto “le difficoltà maggiori le avrebbero le pianure, sia per le coltivazioni, sia perché si tratta di zone ad alta densità di popolazione. Le zone dell’Appennino invece ne risentirebbero meno perché da quelle parti non si coltiva più”.
Nel frattempo sul fronte meteo s’intravedono miglioramenti. Come spiega Picarelli, “le previsioni meteorologiche per la prossima settimana prevedono bel tempo, mentre per la successiva si prevedono piogge, che potrebbero produrre un miglioramento della situazione”. Una pioggia improvvisa, però, non basterebbe a risolvere la situazione: “Servirebbero almeno venti o trenta giorni di pioggia, in modo che il terreno possa assorbire l’acqua ricaricando le falde”, continua Riani. “Un’acqua troppo abbondante non aiuterebbe: due mesi fa il Tanaro è esondato in una sola mattinata di pioggia e adesso è praticamente asciutto. Non è neanche necessario che piova o nevichi qui – aggiunge – basterebbero le giuste precipitazioni sull’arco alpino così che l’acqua scenderebbe e invaderebbe i canali portando rifornimenti e stabilizzando la situazione”. Conclude Picarelli: “gli approvvigionamenti idropotabili nella pianura padana, per la maggior parte, arrivano da falde profonde e per ora la situazione è nella normalità. Destano al contrario una certa preoccupazione alcune aree montane, perlopiù a causa dello scarso innevamento. Pertanto la situazione attuale desta attenzione, ma è prematuro parlare di allarme“.

RISCHI E CONTROMISURE PER L’EMERGENZA – Se al momento, secondo gli esperti, non si può parlare di un reale allarme siccità “il vero rischio è che non ci sia una ricarica da qui a maggio”. In una catena di ripercussioni, la scarsità d’acqua causerebbe infatti una diminuzione delle colture e quindi un aumento dei prezzi dei prodotti al dettaglio. In più “anche la qualità dell’acqua stessa potrebbe abbassarsi – aggiunge il geologo Riani – perché una minore quantità significa una maggiore esposizione alle eventuali fonti inquinanti, essendoci minore dispersione”.
Questa situazione peraltro non era nemmeno pronosticabile nei mesi scorsi, dato che “le previsioni hanno un raggio di circa due settimane e su vasta scala non si potevano ipotizzare né la mancanza di piogge e nevi, né l’anticiclone, né delle temperature così alte a questo punto della stagione invernale”.
Mappa LaghiFortunatamente, però, esiste una contromisura: “In casi eccezionali – prosegue Riani – si possono sfruttare i grandi laghi alpini, come il Garda o l’Iseo, che funzionano come regolatori. L’acqua accumulata viene bloccata dentro questi laghi in modo che, all’aumentare della siccità, si può decidere di lasciarla rifluire un po’ alla volta se si verifica la necessità. In questo modo si fanno svasare i laghi e i fiumi possono ingrossarsi”. Sono gli enti preposti a stabilire l’impiego di questo tipo di soluzioni ma, come spiega il tecnico di AdbPo Picarelli, “le eventuali contromisure per contenere il fenomeno vengono adottate solo quando la situazione di siccità progredisce. In questo caso viene attivata la cabina di regia delle crisi idriche dove, a fronte di un monitoraggio giornaliero della situazione, vengono concordati gli eventuali maggiori rilasci dai laghi o si fissano riduzioni temporanee ai prelievi irrigui”.

CAMBIAMENTI CLIMATICI: COME ADATTARSI – Sfasamenti stagionali che alternano i normali cicli sono ormai frequenti. “La siccità di questi giorni – sottolinea Pierluigi Viaroli, professore ordinario di Ecologia all’Università di Parma – segue un periodo che ha visto poche piogge e neve pressoché assente, ma soltanto due anni fa abbiamo avuto piogge decisamente sopra alla media, un inverno particolarmente nevoso e un’estate umida: questo succedersi di periodi umidi e secchi non è inconsueto. Quello che preoccupa è invece l’aumento di eventi estremi e l’incremento della loro intensità“. Un clima che va modificandosi e al quale bisogna adattarsi: “A livello regionale (parlando di regione bio-climatica) – continua Viaroli – si vedono ormai alcune ricorrenze: piogge di breve durata e forte intensità che sono seguite da lunghi periodi di magra o di secca”. Questi cambiamenti, se combinati al cattivo uso del territorio, potrebbero determinare conseguenze di impatto anche notevole per l’uomo. “Ci sono problemi seri – conclude Viaroli – ma su questi da tempo si sta lavorando per trovare soluzioni e rimedi. Dal 2013-14 è stata lanciata la Strategia Nazionale per l’Adattamento al cambiamento climatico che si sta lentamente traducendo in Piani per l’adattamento al cambiamento climatico. Questa è una delle strade più promettenti: cercare le soluzioni in modo scientifico e attuarle per tempo con una logica adattativa, passo dopo passo, correggendo gli errori se necessario”.

 

di Vincenza Di Lecce e Alessandro Caltabiano

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