Mantova: la terra dei sapori

VIAGGIO NELLA STORIA DEI PIATTI TRADIZIONALI

Mantova … La chiamano la città dei tre laghi perché ‘isola circondata dalle acque’, città del Graal, perché nella basilica di S. Andrea è custodito il sangue di Cristo, raccolto da San Longino dopo averlo trafitto con la lancia mentre era sulla croce (alcuni studiosi sostengono infatti che il Graal sia il calice contenente il sangue di Gesù e non quello dove avrebbe bevuto durante l’ultima cena), terra di Virgilio perché il poeta è nato in un paesino che si trova sul suo territorio (Andes, oggi chiamato Pietole) e di Nuvolari, pilota nato a sua volta in un altro paese mantovano, a Castel d’Ario … Tante, troppe cose potrebbero caratterizzare Mantova, piccola città situata sulla punta della Lombardia, confinante con Veneto ed Emilia Romagna, ma una su tutte metterebbe tutti d’accordo: la cucina.

Georg Flegel - Natura morta con dolciumi

Georg Flegel – Natura morta con dolciumi

Tanto per cominciare Mantova è l’unica zona in cui si produce sia il Parmigiano Reggiano che il Grana Padano, quelli che spesso vengono associati solo per ‘rivalità’ e che solo qui convivono; secondo perché il suo carnet culinario copre effettivamente tutte le portate ed ogni tipo di richiesta: pasta o riso; carne o pesce; dolce o salato.

Caso non è che a Mantova sia stato pubblicato il primo libro di cucina L’arte di ben cucinare et instruire i men periti in quella lodeuole profession, intorno alla fine del 1600, da parte del cuoco che cucinò per i Gonzaga: Bartolomeo Stefani, definito oltretutto primo cuoco ‘moderno’ della storia.

Le influenze sono e sono state varie perché a Mantova, storicamente, ci sono stati tutti; qualsiasi regione dello stivale ha avuto rappresentanti che vi sono passati e da oltre confini vi sono stati, tra gli altri, i Francesi e gli Austriaci. Non ci si stupisca quindi se le portate spaziano dal salato al dolce passando per l’agrodolce, ogni influenza è stata convertita in gusto ed applicata ai piatti.

Al di là di quanto si potrebbe pensare però, sebbene città ricca e fiorente, in passato dominata da signori e signorie, l’elemento spesso distintivo della cucina è la povertà; piatti poveri, ma non banali. Piatti che non richiedevano, in origine, e tuttora non richiedono virtuosismi culinari come cotture sottovuoto o l’utilizzo di sifoni e che non sottintendevano e non sottintendono ingredienti rari e costosi. Scorrendo le ricette si può notare, invece, come le specialità autoctone del luogo siano state e siano tuttora sempre elemento essenziale e fondamentale delle portate.

Provando a chiedere ad un Mantovano qual è il piatto tipico si potrebbero incontrare pareri discordanti, non per ignoranza, ma perché i piatti sono talmente tanti che in fondo non ce n’è uno che possa essere eletto IL PIATTO; sì forse sono più noti i tortelli di zucca ed il risotto con salamelle e puntel, come primi, il cotechino ed il luccio in salsa come secondi, la sbrisolona come dolce; ma definire la cucina mantovana con solo questi piatti sarebbe una riduzione, quasi offensiva della vastità che la contraddistingue.

Ai primi si potrebbero aggiungere gli agnoli (guai a definirli tortellini), in brodo oppure con il brodo ed un goccio di vino così da creare ‘al bevrin vin’, alchimia perfetta, oppure i bigoli, spesso con sugo di germano ma anche con lepre o altra selvaggina. Ma, se non si volesse mangiare carne allora si potrebbe deviare sul risotto, ovviamente non c’è solo quello con le salamelle ed il puntel, costina adagiata sopra, (attenzione a non confonderlo con il risotto con il tastasal, piatto veronese che anziché esclusivamente il maiale utilizza anche il manzo) ma sono presenti più varietà di pesce: con i saltarei, gamberettini fritti di acqua dolce, con la psina che aggiunge ai saltarei anche piccolissimi pesciolini, con le rane, con il pesce gatto ed altre infinite varietà di pesce; perché una volta i laghi di Mantova proliferavano di pesci di innumerevoli varietà, tutti edibili e tutti eccellenti.

Se non bastasse però si potrebbe anche mangiare un primo tipico e privo di carne e pesce. I vegetariani, rappresentanti della categoria, potrebbero allora trovare qualcosa che anche a loro si addica. Ai già citati tortelli di zucca (ripieni di un pesto di zucca, grana, amaretti, mostarda e noce moscata), che potrebbero essere serviti in più varianti; con burro fuso, pomodoro (entrambi abbinamenti che tradizionalmente ben si sposano anche con la salsiccia), ed al risotto con lo stesso pesto dei tortelli, si aggiungono quindi i capunsei, gnocchetti di pane che si servono in più varianti: in brodo oppure asciutti con burro o pomodoro.

Se si dovesse pensare, però, che con i primi si esauriscano le portate mantovane ci si sbaglierebbe e non di poco perché la varietà di secondi è altrettanto vasta.

Oltre ai salumi tradizionali vari, in primis il salame (spesso serviti come antipasto accompagnati dalla mostarda, ovviamente mantovana, e scaglie di grana) si presenta qui il cotechino, accompagnato da polenta, lenticchie, purè, ecc. (e si badi che la tradizione lo prevede come pasto principale nel panino per Ferragosto). Accanto agli insaccati vi è poi la selvaggina come la lepre ed i vari volatili: fagiano, faraona, anatra, germano, ecc. L’oculatezza nella gestione delle materie prime però è sempre presente e quindi, una volta fatto il brodo, si recupera il lesso servendolo accompagnato da salse o mostarda: da ingredienti diventano perciò portata principale la gallina ed il manzo. Sempre lesso ed eccellente vi è poi il cappone servito tradizionalmente con frutta candita, specialmente il cedro, uva passa reidratata con marsala, pinoli e melograno, il tutto su un letto di insalata. Da qui l’insalata di cappone che in origine era di ‘zampe’ di cappone perché nemmeno quelle si buttavano via, così come la lingua del manzo, le orecchie del maiale e le interiora dei vari animali. Gli scarti di macellazione poi, proprio quelli, rappresentano una prelibatezza che accompagna spesso la polenta, cioè i ciccioli (o greppole) o il gras pistà, entrambi derivati dal grasso del maiale.

Sempre in accompagnamento alla polenta morbida vengono poi serviti gli stracotti, specialmente di asino ma anche talvolta di manzo e il luccio, famoso con polenta invece grigliata e salsa (ottenuta con peperoni, capperi, olio, prezzemolo, acciughe, aglio e cipolla).

Il pesce comunque è sempre un’alternativa altrettanto prelibata e tutti i pesci presenti nei laghi costituirono e costituiscono tuttora (anche se purtroppo devono essere oggi acquistati, dato che i pesci dei laghi non sono più commestibili) leccornie sulle tavole. Sono esempi quindi il pesce gatto, il branzino, la carpa e l’anguilla, quest’ultima presentabile sotto più versioni: in umido, fritta o arrosto.

Al dolce quindi si arriva abbastanza sazi ma, se si trova un po’ di spazio, si ha anche qui l’imbarazzo della scelta. Al di là della già citata sbrisolona, caratterizzata dall’utilizzo delle mandorle e della farina di mais, si possono trovare l’elvezia, formata da dischi cotti di mandorle, albumi e zucchero alternati a zabaione e panna montata; la torta mantovana, che leggenda vuole essere arrivata nella città lombarda perché lasciata come eredità ad Isabella d’Este, la quale sposò poi Francesco Gonzaga; la torta di rose, formata appunto da rose di pasta lievitata e la torta di tagliatelle voluta per la regina Cristina di Svezia dal duca di Mantova nel famoso banchetto che la storia vuole essersi tenuto il 27 novembre 1655.

Per occasioni speciali sono quindi serviti il 17 Gennaio, Sant’Antonio, il chisol, dolce secco (perché senza lievito) a lui dedicato e per Natale l’anello di Monaco, all’apparenza simile (ma non uguale, attenzione) ad un panettone caratterizzato da una pasta lievitata arricchita dalla presenza di una crema di nocciola all’interno e da una glassa di zucchero sopra.

Finito il pantagruelico pasto, accompagnato dal tipico vino mantovano Lambrusco, sia bianco che nero, ci si potrebbe alzare da tavola un po’ appesantiti, ad ogni modo, come già accennato in apertura, Mantova è ricca di tesori e palazzi da visitare, oltre che da spazi di natura incontaminati caratterizzati da una flora ed una fauna vastissima.

Visitare la città sarà quindi un’ottima idea per vedere alcune di queste tante ricchezze. Magari, dopo, tornerà la fame e, in questo caso, una cosa è certa: sicuramente qualcosa da scegliere nel menù si troverà!

di Davide Morselli

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