Ventisette anni senza Giovanni Falcone

STORIA DI UN MAGISTRATO PASSATO ALLA STORIA

Per essere eroi non servono superpoteri, bastano il coraggio e la forza di non essere indifferenti di fronte ai soprusi: Falcone, senza dubbio, lo era.

Ma chi era veramente Giovanni Falcone?

Nato a Palermo nel 1939, ebbe un’infanzia normale in una famiglia normale. Studiò giurisprudenza e divenne un magistrato. Qui cominciarono i guai. Dedito a quei valori che non si trovano in tutti gli uomini, decise di intraprendere la lotta contro la mafia, anche a costo di rimetterci la vita.

Nel maggio del 1979 divenne collega di Paolo Borsellino e solo un anno dopo Rocco Chinnici affidò a Falcone la sua prima inchiesta contro Rosario Spatola, un costruttore edile palermitano, incensurato e molto rispettato perché la sua impresa aveva dato lavoro a centinaia di operai. Doveva la sua fortuna al riciclaggio di denaro frutto del traffico di eroina dei clan italo-americani, guidati da Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Carlo Gambino.

Alle prese con questo caso, Falcone comprese che per indagare con successo le associazioni mafiose doveva basarsi anche su indagini patrimoniali e bancarie, ricostruire il percorso del denaro che accompagnava i traffici e avere un quadro complessivo del fenomeno. Grazie a un attento controllo di tutte le carte richieste, una volta superate le reticenze delle banche, e “seguendo i soldi” riuscì a cominciare a vedere il quadro di una gigantesca organizzazione criminale: i confini di Cosa Nostra. Risalì così al rapporto fra gli amici di Spatola e la famiglia Gambino, rivelando i collegamenti fra mafia americana e siciliana. Il 6 agosto dello stesso anno fu ucciso il procuratore capo di Palermo Gaetano Costa e subito dopo assegnarono la scorta a Falcone.

Questo fu solo l’inizio di una lotta contro la mafia che avveniva ogni giorno. Falcone si ribellò con tutte le sue forze ad un’organizzazione che non ammette sconfitte. Una mafia che fece saltare in aria lui, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Dicillo, in quella che viene comunemente definita come ‘La strage di Capaci‘.

Sono passati ventisette anni da quel 23 maggio del 1992. Ventisette anni da quella strage di corpi e di valori. Valori che, però, sono stati trasmessi ai giovani da quelle istituzioni che non hanno mai smesso di ribellarsi alla mafia. Valori come l’onestà e l’incorruttibilità che tutt’ora vengono coltivati nelle scuole e nelle società formate soprattutto da adolescenti.

I ragazzi hanno dato vita ad una manifestazione che ogni anno si svolge il 23 maggio a Palermo, in Via Notarbartolo, dove è situato l’albero ‘di Falcone’ che si trova proprio sotto il suo appartamento. Per la ricorrenza vengono invitati ospiti speciali, spesso cantanti o comici, che all’interno del loro spettacolo esprimono le proprie convinzioni sull’argomento. Non sappiamo ancora in che modo ci sorprenderà Palermo nel 2019, ma una cosa è certa: sta già preparando un pomeriggio pieno di sorprese. Sono accorsi giovani da tutta Italia per assistere e sostenere un’iniziativa così interessante che porta avanti dei principi così significativi.

Non basta crederci un giorno all’anno, sarebbe troppo facile. Ma vedere un’Italia stretta nel dolore in un giorno così importante alimenta la speranza. Palermo uguale mafia è un’equazione troppo semplice e troppo stereotipata, è un’affermazione pensata ed enunciata solo da chi non vede una città che si ribella, un popolo che cambia e si evolve, la gente che ricomincia a vivere senza mai dimenticare chi si è sacrificato in nome di quei valori che ci sforziamo di portare avanti. Il ficus magnolia di via Notarbartolo è così diventato un simbolo di rivolta e riscatto, un albero che, nonostante ricordi continuamente la morte di qualcuno, è vita.

Perché, come riporta lo striscione situato sul tronco, “non li hanno uccisi, le loro idee camminano sulle nostre gambe”.

di Flavia Geraldi

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