Centocelle: quel vuoto che deve spaventare più degli incendi

PECORA ELETTRICA, CENTRO55 E BARAKA BISTROT SONO VITTIME DELLA CRIMINALITÀ, MA ANCOR PRIMA DELLA NONCURANZA DI UNO STATO TROPPO SPESSO ASSENTE

Dalla pagina Facebook della Pecora Elettrica

Che forma ha la criminalità? Più o meno quella che ha l’acqua. Si infiltra, si espande dove trova spazio. Va a riempire vuoti di cui le Istituzioni nemmeno si accorgono, finché questi stessi vuoti non diventano dei ‘pieni’ così ricchi da creare fastidio. Ecco, spesso la criminalità ha la forma del vuoto istituzionale. E se nel quartiere romano di Centocelle al posto di un semplice vuoto è stata distrattamente lasciata una voragine, è facile capire quanto spazio libero abbia avuto quest’infiltrazione d’acqua sporca.

Cosa è successo? Il caffè letterario La Pecora elettrica di via delle Palme a Roma è stato date alle fiamme due volte in sei mesi: la prima il 25 aprile scorso, la seconda qualche giorno fa, il 06 novembre. Avrebbe riaperto il giorno successivo, anche grazie alla solidarietà di un quartiere che prova a non sentirsi solo. Il 09 ottobre, sempre in via delle Palme, era stato appiccato un altro incendio a un secondo locale – quasi davanti alla Pecora elettrica. A prendere fuoco questa volta è stata la pizzeria Cento55 Pinsa Romana. E siccome non c’è due senza tre, l’11 novembre è stato incendiato anche il Baraka Bistrot di via dei Ciclamini – una perpendicolare di via delle Palme – vicinissimo agli altri due locali.

Proviamo per un attimo a lasciare stare il dolore, lo sconforto e la rabbia. Andiamo oltre la disperazione di chi ha investito tutto in un’attività letteralmente andata in fumo – niente risatine, grazie. Accantoniamo anche il fatto che, dopo una prima ipotesi sul coinvolgimento di gruppi neofascisti – La Pecora elettrica era un locale dichiaratamente antifascista – le indagini si sono arenate e di ipotesi non ce ne sono state più.

Se – a fatica – si soprassiede su tutti questi elementi, cosa resta? Restano una via buia e un piccolo parco. Via delle Palme: senza luci, con pochi lampioni rotti o non in funzione.  Solo i locali la illuminano, ma ultimamente vengono ‘spenti’ anche quelli. Il parco è quello intitolato a Don Cadmo Biavati: un’area verde lasciata al degrado, con erba alta, panchine divelte e recinzioni rotte. Anche zona di spacco e bivacco, chiaramente.

Nel luglio 2018 era stato convocato un collegio per discutere della questione – anche in seguito alle lamentele dei cittadini – e Marco Palumbo, presidente della commissione Controllo, Garanzia e Trasparenza capitolina, aveva posto l’accento su alcune criticità ai microfoni di RomaDailyNews.it. “Da ormai almeno due anni il parco don Cadmo Biavati, in via delle Palme a Centocelle, è abbandonato al completo degrado. […] Cassonetti stracolmi di rifiuti. Pavimentazione sconnessa e ultimamente erba alta, spaccio e bivacco di ogni genere”.

Come è normale che sia, erano stati invitati a partecipare alla commissione anche i rappresentanti dell’amministrazione e del Municipio. Come è invece meno normale, nessuno si è mai presentato. Ve li ricordate i vuoti istituzionali? Ecco. Nessuno si è interessato a una strada buia e a un vecchio parco malandato. Senza troppe accuse, può capitare: lo Stato italiano è fatto di tanti “poi ci penseremo”. Il Municipio Roma V – di cui Centocelle fa parte – avrà questioni più urgenti. Ma i buchi, appunto, si riempiono sempre. E allora un parco in stato di semi abbandono diventa terreno fertile per spaccio e consumo di droga e una via poco illuminata favorisce gli affari. Serve che tutto resti così. La pizzeria e il caffè invece portano troppi avventori: il traffico di auto e persone disturba. In un attimo Cento55 e Pecora elettrica non infastidiscono più.

Foto di Antonio Citti nell’evento Fb Combatti la paura difendi il quartiere

Ma qualcuno, per fortuna, non ci sta. La rassegnazione non ha ancora affievolito questa porzione di Capitale. Gli abitanti di Centocelle si risollevano nel modo più sincero possibile: mobilitandosi. Nascono così le passeggiate Combatti la paura! Difendi il quartiere: partono da piazza dei Mirti, girano per le strade e si fermano davanti alla Pecora. Un pellegrinaggio laico e commosso che va volutamente a disturbare chi crede di aver steso una lunga mano d’ombra su via delle Palme. Ci pensano i cittadini a illuminarla: con le torce, i telefonini e la loro presenza. E chi non può esserci, si fa sentire comunque: librerie di tutta Italia – da Bologna a Monza – hanno organizzato maratone di lettura che dimostrino solidarietà alla collega romana. Ognuno si organizza come può nell’attesa che chi di dovere si scuota dal suo torpore.

E infatti di soprassalto, disorientate, alla fine le Istituzioni si svegliano. E partono tweet di vicinanza, messaggi di commozione, qualcuno dalle alte sfere ha anche il coraggio di indignarsi pubblicamente. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti ha twittato “Ai proprietari dico di tener duro e lottare per restituire a Roma la bellezza e la passione del loro impegno sociale”.

Sì presidente, la bellezza di Roma sta anche in chi, come i proprietari della Pecora elettrica, non si arrende. Solo che il coraggio bisogna incentivarlo, altrimenti viene schiacciato dal peso dell’assenza. Assenza di interesse, di giustizia, di soluzioni. La sindaca Virginia Raggi non è stata certo più incisiva. Prima di tutto ha promesso che ADESSO l’illuminazione della strada verrà potenziata: “ACEA è già al lavoro”. Aaaah la prevenzione, questa sconosciuta. Ha chiuso poi in bellezza su Twitter dichiarando che “Se fosse confermato l’atto doloso sarebbe estremamente grave”.

Signora sindaca, poteva francamente fare di meglio. I proprietari hanno il quartiere e tutta Italia a stargli vicini, Lei dovrebbe forse fare di più. O scrivere tweet più originali, veda un po’ Lei.  Ma si sa, i pesci grossi alla Regione e in Campidoglio possono ripararsi nelle piattaforme social e ricevere al massimo qualche insulto virtuale. Raramente vanno a toccare con mano i danni causati dai buchi che creano. Sono i pesci piccoli a dover parlare con le persone reali. Sono loro a dover nuotare contro la corrente d’acqua sporca che cerca di infiltrarsi nelle crepe del sistema.

A cospargersi il capo di cenere sulla pubblica piazza, questa volta, c’è andato lui: Giovanni Boccuzzi, presidente del Municipio Roma V, esponente del Movimento 5 stelle. Eletto al ballottaggio nel giungo 2016, Boccuzzi è lo stesso rappresentante del Municipio che evitò serenamente di presentarsi alla chiamata della commissione Trasparenza. Giusto per inquadrare un attimo il soggetto. Immolato come vittima tutto fuorché innocente, il presidente si reca a Centocelle con sei mesi di ritardo e accusa il colpo. Alle telecamere di RomaToday Boccuzzi appare in difficoltà, come colto in fallo e senza argomentazioni. “Porteremo all’attenzione…faremo presente” continua a ripetere. Forse le argomentazioni non le ha davvero: questo è il volto della politica che ha perso.

È il 07 novembre e il presidente stringe la mano al proprietario della Pecora elettrica per la prima volta: ci volevano due attentati per fare le presentazioni. Il malcontento è evidente, nessuno ha più voglia di andare per il sottile. I vuoti vanno riempiti e gli abitanti del quartiere sono stufi di sapere che a farlo è sempre e solo la malavita. Un cittadino chiede al presidente del Municipio: “Chi decide su questo pezzo di territorio?! Chi governa questo pezzo di Centocelle?!”. La consapevolezza dell’abbandono è quasi peggiore dell’abbandono stesso.

 

di Bianca Trombelli

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