“Io non ho paura del lupo”: l’associazione che combatte contro i pregiudizi su questo fantastico predatore
LA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA COME ARMA: SOLO CON LA CONOSCENZA È POSSIBILE CONVIVERE CON LA NATURA E CON UN PREDATORE ESSENZIALE COME IL LUPO
Abbiamo condannato il lupo non per quello che è, ma per quello che abbiamo deliberatamente ed erroneamente percepito che fosse, l’immagine mitizzata di uno spietato assassino selvaggio. Che, in realtà, non è altro che l’immagine riflessa di noi stessi.
Così scriveva lo scrittore canadese Forley Mowat nel suo libro ‘Mai gridare Al Lupo’ (Never Cry Wolf) pubblicato nel 1963. Dopo mezzo secolo sembra che le persone facciano ancora fatica a capire questo messaggio. Ancora oggi, purtroppo, molti lupi vengono abbattuti. E a Parma, sulla sua incolumità, si sta fortemente impegnando l’associazione “Io non ho paura del lupo”.
La convivenza tra lupo e uomo
“Io non ho paura del lupo” è un’associazione composta da abitanti della montagna, cittadini e amanti della natura. Nasce nel 2016 in Val Taro, a seguito di numerosi attacchi nei confronti dei lupi, perché visti come un pericolo per la popolazione locale. Situazione che una delle volontarie del gruppo, Elena Gabbi, ha chiarito durante un’intervista a Le Iene: “Si diceva che qui in zona ci fossero migliaia di lupi che attaccavano le persone, che fossimo in un territorio in cui era impossibile vivere. Ma questo non era assolutamente vero, anche perché io avevo delle pecore. Quindi abbiamo creato questo gruppo di abitanti della valle, con lo scopo di convincere la gente che nonostante la presenza di lupi si possa convivere con questi predatori. Animali che portano anche turismo e interesse verso questa valle”.
Oltre a Elena Gabbi, socia fondatrice , il direttivo è costituito dal presidente socio fondatore Daniele Ecotti, dal vice presidente e responsabile di comunicazione Francesco Romito, dal consigliere socio fondatore Guido Sardella, da Maria Chiara Valenti e da più di venti volontari, formati allo scopo di aiutare il monitoraggio del lupo in Appennino e sulle Alpi attraverso metodi di indagine non invasivi: “Si tratta di ragazzi appassionati di lupi e di fauna – spiega Gabbi – pronti a lavorare per la protezione degli animali e della natura, a volte anche disposti ad andare a parlare con le aziende per convincere gli allevatori che può esserci una convivenza con i lupi. Sappiamo che molti di loro sono molto scettici al riguardo, che sono spaventati e ancora non sono preparati ad attuare i corretti metodi di prevenzione”.
Scetticismo che molte volte sfocia nell’abbattimento del lupo tramite colpi di arma da fuoco o l’uso di bocconi avvelenati, la forma di bracconaggio più vigliacca, difficile da contrastare anche con l’aiuto dei cani antiveleno. Un comportamento che la legge riconosce come reato ma che, alla fine, non è in grado di contenere.
Come spiega Elena Gabbi: “Capita qualche volta di trovare lupi uccisi, magari in incidenti stradali ma possiamo supporre dai video della fototrappole che i lupi uccisi siano molti di più. Vediamo lupi forti fisicamente e in perfetta salute che con il tempo spariscono e che vengono rimpiazzati da lupi più giovani, e questo ci porta a pensare che sia opera di bracconaggio“. Ma il dato preoccupante è la mancanza di termini per denunciare il fatto perché i bracconieri, grazie alla loro approfondita conoscenza del territorio (tale e quale a quella dei cacciatori “regolari”), riescono a muoversi senza lasciare tracce e di conseguenza risultano difficilmente incriminabili perché mai colti in flagranza di reato. Soprattutto in periodo di caccia spariscono molte fototrappole, dalle quali si estraggono dati molto importanti sul monitoraggio dei branchi di lupi.
Doveri e progetti per il lupo
Sin dall’ inizio l’associazione ha sempre tenuto molto in considerazione i piccoli allevatori e da un anno ha messo energie ad un progetto importante, se non basilare, per la convivenza che prevede l’adeguato uso della lana. A tale scopo è nata la collaborazione con Lana di Montagna Alta Val Taro, un’associazione di donne di montagna, che recuperano la lana delle tosature direttamente da alcuni piccoli allevatori, liberandoli dall’onere economico di dover smaltire questa preziosa materia prima, a volte riuscendo a pagarla. Dopo la tosatura delle pecore, la lana nella maggior parte dei casi viene buttata e questo comporta, oltre ad un enorme spreco di materiale, anche un costo elevato per lo smaltimento. La collaborazione di INHPDL con Lana di Montagna Alta Val Taro consiste nella realizzazione di prodotti che vengono alla fine venduti tramite il sito dell’associazione stessa. Il ricavato è destinato agli allevatori come aiuto per la convivenza con il lupo, #come cartelli di segnalazione, recinzioni, cani da guardiania.
Secondo un recente studio, in Italia sono circa 8.700 tonnellate di lana a finire nelle discariche, anche se secondo i membri di INHPDL il numero ufficiale è molto più alto. “La base di questo progetto è ridare valore ad un materiale prezioso che è stato dimenticato. – spiega Gabbi – Un materiale che ha scaldato i nostri nonni per millenni, e che purtroppo è diventato oggi una sorta di rifiuto da smaltire. Noi lo troviamo assolutamente ingiusto, perché è sempre un prodotto agricolo molto utile per il settore industriale”.
Il compito importante svolto da INHPDL è poi il monitoraggio dei lupi in Val Taro, in grado di seguire gli spostamenti e le gerarchie dei branchi presenti nella zona. Se la leadership all’interno di un branco di lupi garantisce protezione e cibo al resto del branco, un eventuale cambio è causa di dispute tra nuovi e vecchi membri del gruppo che portano insicurezza al branco, con possibili conseguenze sul bestiame degli allevatori.
Sulla questione “è fondamentale monitorare le popolazioni presenti nel territorio, – continua Gabbi – in questo modo si può alzare la guardia nei periodi di cambio leadership, nei periodi delle cucciolate. Le azioni di prevenzione devono essere comunque sempre attuate, quali possono essere reti elettriche sempre efficienti o abitudini da evitare, come non lasciar cibo o carcasse nei pressi del bestiame”.
La missione fondamentale per l’associazione è però la divulgazione scientifica, perché solamente attraverso la conoscenza e l’informazione è possibile convivere con la natura e con un predatore essenziale come il lupo.
“Spesso l’associazione è stata coinvolta in eventi divulgativi come conferenze o seminari, – conclude Gabbi – oltre ad aver collaborato con alcune scuole attraverso delle gite in montagna, per divulgare a studenti le informazioni sul grande carnivoro e sulla convivenza”.
Realtà associative come ‘Io non ho paura del lupo’ fanno capire l’importanza della convivenza uomo-natura, che può sembrare scontata e banale, ma nel ventunesimo secolo, storie come quella del lupo, ci fanno rendere conto che non è poi così scontata. Proprio per questo bisogna continuare lavorare ed organizzarsi, per non disgregare, riallacciandosi a quello che dovrebbe essere il legame più naturale possibile.
Raccolta fondi
di Elisa Mantovani, Antonio De Vivo, Mattia Celio
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