“Narcos carioca”: il lungo viaggio di Mattia Fossati

Intervista all'autore di Narcos carioca. Dall'università alla vita in Brasile sulle tracce della malavita

E’ uscito il 24 Settembre scorso il nuovo libro di Mattia Fossati dal titolo Narcos Carioca. Una storia di mafia e favelas, che rappresenta l’ultimo sforzo di un giovanissimo ragazzo che ha di recente varcato la porta dell’Università di Parma.

Nasce infatti a Parma nella nostra università la vita da scrittore, giornalista e giramondo di Mattia Fossati. Iscrittosi al corso di Giornalismo e Cultura editoriale dell’Università di Parma, che ricorda con grande affetto, si trasferisce in Brasile con il programma Overworld, grazie al quale inizia un tirocinio in una televisione locale. Ha collaborato, nel corso della sua permanenza a Parma, anche con Parmateneo, un’impegno che definisce molto interessante, divertente e formativo dato che gli ha permesso fin da subito di confrontarsi con la propria passione e con una vera redazione giornalistica. “Ricordo il giorno del mio primo incarico, dovevo fare un’intervista e  scrivere un articolo ma non avevo idea di come si facesse. Perciò tornai a casa e digitai su Google: Come si scrive un articolo? Ma tutto questo ora mi ha aiutato tantissimo“.  

Quella del talentuoso scrittore è però una carriera iniziata prestissimo, agli albori della suo percorso universitario ispirato – come ci racconta lui stesso – soprattutto dal libro di Marco Travaglio E’ Stato la mafiaun’opera letteraria e teatrale che Fossati definisce fondamentale e illuminante. Grazie a questo libro Fossati ha aperto gli occhi sensibilizzandosi riguardo i processi che stanno alla base della criminalità organizzata e le loro infiltrazioni statali, che non riguardano solo le ristrette corti del potere, ma interessano ogni singolo cittadino.

Descrive candidamente la missione del giornalista, come un impegno civile e sociale in cui chi racconta deve farsi carico di rappresentare l’interesse del popolo nel perseguire la verità.La cosa che più mi gratifica – spiega – è sapere che il proprio lavoro ha permesso a qualcuno di conoscere qualcosa che non conosceva, qualcosa di nuovo, aprendo gli occhi su dinamiche troppo spesso celate e sconosciute. Molte cose che succedono, principalmente in America Latina, non vengono raccontate, non raggiungono i canali di diffusione, perciò il mio scopo è quello di raccontare qualcosa che gli altri non possono sapere e spiegare qualcosa che gli altri non possono capire.

Raccontando i suoi esordi parla con leggerezza e simpatia della tenacia dimostrata davanti ai rifiuti subiti dai vari editori che lo porteranno prima a pubblicare in maniera autonoma i suoi libri d’esordio (Anonimo – Diario di un giovane ribelle.Lettere Animate, 2017, e Ci pensa Fonzie – Dalla defenestrazione di Letta al Referenzum, Youcanprint, 2016) fino ad affidarsi alla casa editrice triestina Asterios, per la quale scrive e pubblica Anima Nera e Comandiamo noi, la prima vera inchiesta (di grande successo) che accende i riflettori sulla storia della “Mala del Brenta” e sul boss Felice Maniero.

Mattia Fossati nella comuna 13 di Medellin, da FB

Narcos carioca. Una storia di mafie e favelas

Edito da Asterios, il libro entra nel dettaglio di quella che Fossati stesso definisce la più grande organizzazione criminale del Brasile, il Primero Comando de Capitao o più semplicemente PCC. Il libro racconta il processo di genesi, di sviluppo e di realizzazione di questa realtà della malavita brasiliana, dalle origini nelle carceri, alle rivolte, le evasioni, i traffici di droga fino alla volontà di interferire con i massimi livelli di potere brasiliani e globali.

L’idea di indagare su tutto ciò, come confessa lo stesso autore, nasce da una volontà elementare come quella di comprendere come si sviluppa il narcotraffico in Brasile. Si concentra perciò sul seguire i percorsi della droga, dagli stati produttori ai cosiddetti ‘corridoi’: indagando sulle varie rotte che questo mercato miliardario segue. Da quando esiste, il narcotraffico è considerato la principale fonte di guadagno di qualsiasi attività criminale, il rubinetto a cui attingere economicamente per sostenere qualsiasi altra attività.

Il libro sposta l’attenzione esattamente su questa dinamica illustrando come, tramite loschi affari, oggi il Primero Comando può permettersi di eleggere leader politici e gestire la vita di un Paese intero. “Dato che il clima in Brasile è o troppo umido o troppo secco, non vi sono le condizioni per poter coltivare la foglia della Coca – racconta Fossati – perciò il Brasile deve importarla da altri Stati attraverso segrete rotte commerciali che attraversano ogni Paese del Sud America. Ciò di cui mi sono occupato è perciò tentare di capire da chi comprano e come faccia poi il prodotto lavorato dal Brasile ad arrivare in Europa“. 

Ogni riga del libro, ogni testimonianza, ogni storia è frutto di un viaggio, iniziato in un pullman, dal Brasile nel luglio del 2019 con uno zaino, un blocco per gli appunti, un registratore ed una felpa. Un viaggio avventuroso fatto di persone, di incontri e racconti. Tra produttori di Coca, nei Barrio Colombiani e nelle visite ai laboratori boliviani lo scrittore studia i processi di creazione, spedizione e vendita della droga e dei legami che questa ha con i vertici del PCC.

Molto interessante è a questo proposito un’intervista, raccontata nel dettaglio, ad un PCC pentito – chiamato Spiedino nel libro – incontrato durante la sua permanenza in Colombia che spiega i vari rapporti che i brasiliani intrattengono con i più grandi cartelli della droga del Paese, gli eredi di Pablo Escobar. Il libro perciò è un’inchiesta scrupolosa, dettagliata e per certi versi globale che accende i riflettori su un’organizzazione malavitosa nata a San Paolo e i suoi rapporti con le alte sfere del potere.

Favelas visitata da Mattia Fossati. Dal suo profilo FB.

Ci soffermiamo con lui infine su un grande problema legato al mutamento che da un po’ di tempo a questa parte è avvenuto sul modo di raccontare queste storie. Oggi grazie all’avvento di Serie Tv e colossal cinematografici è cambiato il modo di comunicare queste storie ed i suoi protagonisti che spesso sono visti più come modelli a cui ispirarsi rispetto a criminali dalle cui gesta prendere le distanze.

Lo scrittore, che ha vissuto in prima persona la situazione, ci tiene a specificare: “In Brasile, così come in Colombia, questi signori della droga vengono spesso osannati dalla popolazione. Tutta la spettacolarizzazione, giusta e sacrosanta, di serie come Narcos o Gomorra, ha però contribuito a far passare in secondo piano la violenza e il caos che hanno combinato questi criminali. Non è raro vedere magliette e souvenir di Pablo Escobar qui in Colombia, come mi è capitato di vedere in Italia chioschi vendere magliette con su scritte le frasi di Felice Maniero o di Gomorra. Dobbiamo saper guardare quello che in realtà queste organizzazioni sono, scindere la spettacolarizzazione con la quale ci vengono presentate situazioni e personaggi dal rovescio della medaglia, spesso fatta di sangue e vite spezzate non solo direttamente dai tanti omicidi ma anche e soprattutto tramite il commercio di droga“.

Rendere la propria passione una professione non è un’impresa semplice, richiede sacrificio, dedizione e passione. Consigli? “Non preparatevi un piano B. Approcciandomi a questa professione mi hanno sempre detto di doverlo avere, ma se è questo che si vuole fare c’è bisogno di dedicargli ogni energia, non deresponsabilizziamoci, cerchiamo altre strade, se avete qualcosa di valido, di bello da raccontare, per cui vale la pena, non fermatevi, raccontatelo. Ci sarà sempre bisogno di noi“. 

 

di Edoardo Gregori

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