L’ombra della mafia anche su Parma: “L’isola felice non esiste più”

IL GIORNALISTA PONZI: "SOTTOVALUTAZIONE INTOLLERABILE DELLE ISTITUZIONI". BERNINI SCAGIONATO DAL RIESAME

La mafia al Nord non esiste, diceva il Prefetto di Parma nel 2009 nei confronti dello scrittore Roberto Saviano, che durante il programma Che tempo che fa aveva raccontato la storia di un imprenditore parmigiano arrestato per appartenenza al clan dei Casalesi. Nulla di più sbagliato. Ne sono prova i 117 arresti scattati recentemente per affiliazioni con la ‘Ndrangheta nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri denominata ‘Aemilia’, condotta dalla Dda di Bologna. Secondo le indagini in corso, sul territorio emiliano si è infiltrato il clan Grande Aracri di Cutro (Crotone). I reati contestati sono associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, emissione di fatture false; è stato inoltre richiesto il sequestro di beni per 100 milioni di euro.

BerniniANCHE PARMA NEL MIRINO – Tra gli indagati c’è anche Giovanni Paolo Bernini, ex presidente del Consiglio comunale di Parma ed ex assessore della giunta Vignali, appartenente a Forza Italia, per il quale la Procura aveva chiesto l’arresto non concesso però dal gip. E’ accusato di “aver contribuito pur senza farne parte al rafforzamento e alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa” perché “richiedeva e otteneva dagli associati voti a suo favore in relazione alla campagna elettorale 2007 per l’elezione del sindaco e del consiglio comunale di Parma”.
Finito in manette già nel 2011 nell’ambito dell’inchiesta ‘Easy money’ per corruzione e tentata concussione nell’ambito di una vicenda legata agli appalti delle mense pubbliche, Bernini è accusato anche di appropriazione indebita di 16mila euro spariti da un conto corrente per una raccolta fondi per i bambini di Haiti. L’azzurro era già entrato in contatto con l’antimafia di Napoli per un incontro risalente al 2003 con il boss dei Casalesi Pasquale Zagaria, senza che però finisse tra gli indagati. Stavolta invece, da quello che si evince dalle carte dell’indagine ‘Aemilia’, il suo ruolo sarebbe stato decisamente più attivo. Tra gli indagati ci sono poi anche l’imprenditore edile Francesco Falbo, mentre è scattato l’arresto per il boss Michele Bolognino, considerato il referente per la ‘Ndrangheta nel Parmense. Il procuratore di Catanzaro, Vincenzo Antonio Lombardo, ha spiegato che il clan Grande Aracri è il punto di riferimento per le cosche calabresi insediate in Emilia Romagna.

“I SOLDI SPORCHI SI MUOVONO DOVE GIRANO QUELLI PULITI” – “Noi giornalisti scriviamo di mafia in Emilia Romagna fin dagli anni Novanta e abbiamo dovuto aspettare il 2015 e l’inchiesta “Aemilia”: abbiamo dato 25 anni di vantaggio alla mafia” afferma Luca Ponzi, giornalista Rai. Quanto è radicato il fenomeno mafioso a Parma? “Il Nord è territorio privilegiato per gli affari mafiosi specialmente se si parla di riciclo di capitali di provenienza illecita – continua Ponzi -. I soldi sporchi si muovono dove girano i soldi puliti perché in questo modo hanno la possibilità di diluirsi e nascondersi meglio”.

Secondo Christian Abbondanza e Antonio Amorosi, autori de ‘Tra la Via Emilia e il clan‘, l’Emilia Romagna, come Lombardia e Liguria, è uno dei tasselli fondamentali perché crocevia di traffici e rapporti con la politica e l’imprenditoria. La relazione della Procura Nazionale Antimafia del 2008 riferisce che l’Emilia Romagna è un territorio fortemente minacciato all’influenza di gruppi mafiosi originari del crotonese, della provincia di Palermo e dal potente cartello camorristico dei Casalesi. Da decenni si ha la presenza di Cosa Nostra, in particolare dei gelesi, e di infiltrazioni delle mafie straniere, russa, albanese e cinese prime fra tutte. Dagli anni Ottanta e Novanta la ‘Ndrangheta si è radicata con un “assetto organizzativo stabile ed efficiente” operando nei settori del traffico delle sostanze stupefacenti e delle estorsioni. In particolare a Parma sono attive “dirette articolazioni strutturali di alcune delle più pericolose cosche calabresi”.

Nicolino

LE SOCIETA’ DI SORBOLO – L’inchiesta Aemilia ha portato al sequestro di aziende note nel parmense tramite le quali gli affiliati al clan Grande Aracri riciclavano denaro e facevano affari con politici e imprenditori (I beni sotto sequestro preventivo). Servendosi di prestanome, amici e familiari consenzienti o di vere e proprie estorsioni, la ‘Ndrangheta è arrivata ad avere un patrimonio non indifferente sul territorio emiliano. Il gip Alberto Ziroldi ha ordinato il sequestro preventivo e la confisca di 58 società di cui solo 8 operanti a Sorbolo, e di vari immobili nel crotonese, nel parmense e nel reggiano. L’infiltrazione mafiosa era così radicata nel territorio che società come la ‘Bianchini Costruzioni’ riusciva a vincere appalti per lavori affidati dal comune di Finale Emilia anche se non aveva i requisiti adatti.

La mafia si serve degli imprenditori per costruire il suo sistema di potere. Per esempio, il 28 gennaio a Sorbolo sono stati sequestrati gli edifici della Gea Immobiliare, società edile accusata di fare affari con la ‘Ndrangheta. Secondo le indagini della Dda di Bologna la mafia aveva costruito un intero quartiere nella periferia del paese di 10 mila abitanti: Romolo Villirillo, emissario del boss Nicolino Grande Aracri (fulcro degli affari ‘ndrini in tutta Emilia, nella foto), si occupava dei cantieri dell’area guadagnando dai 30 mila ai 40 mila euro al mese. Il giro d’affari si aggirava intorno ai 20 milioni di euro anche grazie all’aiuto di Francesco Falbo, imprenditore sorbolese originario di Cutro, città dove venivano mandati in gran parte i profitti delle operazioni.

“I COMICI SI SONO PRESI LA CITTA'” – Elezioni comunali del 2012. Vince Federico Pizzarotti, del Movimento 5 stelle. Al telefono, l’imprenditore edile di Sala Baganza parmense Gino Frijio, commenta: “I comici si sono presi la città”.

A quelle consultazioni elettorali la ‘Ndrangheta cerca di sostenere il candidato Pd Pierpaolo Scarpino, della lista a sostegno di Vincenzo Bernazzoli, che tuttavia viene soppiantato da Frijio perché facente parte della sponda politica sbagliata. Così il pacchetto di voti ‘ndrini sarebbe dovuto essere dirottato su Gianluca Armellini, del Pdl, per la candidatura a sindaco di Paolo Buzzi, secondo ciò che si può ascoltare nelle intercettazioni. Peccato che il piano sia saltato perché il Pdl non riuscì ad arrivare nemmeno al ballottaggio. Diversa la situazione che si era verificata nel 2007, quando Giovanni Paolo Bernini si schierò con il futuro sindaco Pietro Vignali nella lista ‘Per Parma con Ubaldi’. Allora sì che la ‘Ndrangheta aveva vinto. A campagna elettorale avviata, quando Villirillo aveva deciso di appoggiare Bernini con l’approvazione degli altri ‘ndranghetisti, sono cominciati i favori tra politici e mafiosi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Bernini versò sul conto di un prestanome 20 mila euro a favore di Villirillo e si disse disponibile a coprire le spese di albergo e viaggio per portare alcuni parenti e amici dei cutresi a Parma per una riunione. Il 12 giugno 2007 Vignali diventò sindaco e Villirillo chiamò Frijio esultando: “Avete sempre la vittoria!”

Non sono solo le elezioni di Parma, tuttavia, ad essere interessate da fenomeni mafiosi. Alle amministrative del 2006 di Salsomaggiore, le intercettazioni raccolte nell’ambito dell’inchiesta ‘Aemilia’ fanno emergere il sostegno della ‘Ndrangheta nei confronti del vincitore Massimo Tedeschi (che però non risulta indagato). La stessa cosa succede nel 2011 a Sala Baganza, dove la cosca si attiva per la riconferma di Cristina Merusi a sindaco nonostante lei risulti estranea alla vicenda). “Non si può ammettere l’ignoranza quando si tratta di mafia. La sottovalutazione del fenomeno mafioso al Nord da parte delle istituzioni è intollerabile e dannoso” sostiene Ponzi.

LA VOCE DI LIBERA Libera, l’associazione fondata da Don Ciotti per contrastare le mafie, è attiva sul territorio di Parma dal 2009. Dopo i fatti del 28 gennaio, è arrivata pronta la sua risposta. Il 2 febbraio, infatti, è apparso un comunicato in cui si invita l’intera cittadinanza “maggior impegno nel contrasto alle infiltrazioni delle mafie nella nostra economia, di porre sempre più attenzione ai segnali che arrivano dai fatti di cronaca che riguardano le infiltrazioni delle mafie” Ancora una volta viene ribadito un concetto forse mai abbastanza chiaro: “Non sono fenomeni isolati – si legge -. L’Emilia felice, regione ‘esente da mafia’, non esiste da anni”.

Proprio a Sorbolo,  il 7 febbraio Libera ha organizzato una cena della legalità. E non è una coincidenza. “Libera organizza regolarmente queste cene – spiega il referente parmense, Carlo Cantini- per raccogliere fondi”. Negli anni scorsi gli introiti venivano destinati alla creazione di cooperative Libera-terra, al fine di accompagnare le nascenti cooperative nei primi passi del loro lavoro, mentre “quest’anno – continua Cantini – in vista della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime di mafia (che si svolgerà a Bologna il prossimo 21 marzo) tutti i fondi saranno utilizzati per l’organizzazione di questo evento”.  Ma è solo una coincidenza che si svolga a Sorbolo? “No, perché noi abbiamo ben in mente quali siano i territori a rischio nella nostra provincia. Sorbolo, essendo ai confini con Reggio Emilia e Brescello, è per noi uno dei territori più attenzionati”.

“Non c’è niente da stupirsi –  commenta ancora il coordinatore di Libera Parma- le mafie qui sono sempre esistite”. Il suo invito è quello a non focalizzarsi esclusivamente sui dati quantitativi della vicenda, bensì anche sulla “qualità” di quanto emerso: “C’è stato un poliziotto – racconta Cantini – autista del questore di Reggio Emilia, che ha cercato di intimidire una giornalista(Sabrina Pignedoli, penna del Resto del Carlin0) perché pubblicava delle notizie su una famiglia di ‘Ndrangheta (i Muto) residente a Reggio Emilia”. E non finisce qui: “Sono stati tratti in arresto dei rappresentanti delle forze dell’ordine, un giornalista (Marco Gibertini, volto di TeleReggio, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa), che attraverso il suo canale televisivo dava spazio agli ‘ndranghetisti”. “Addirittura -prosegue come un fiume in piena- Nicolino Grande Aracri aveva interessato un altro prelato della Chiesa per cercare di far spostare un detenuto in un carcere più vicino a casa”. E ancora parla di mafia dei colletti bianchi, “il terzo motivo per cui la mafia si è intensificata al Nord”, concludendo questa serie di esempi con una sola parola: piovra, quel mostro che estende i suoi tentacoli in ogni ambito del Paese. Infatti “le mafie non sarebbero riuscite a penetrare l’economia sana del Paese se non avessero avuto la collusione di coloro che sono fuori da esse”,  dell’economia e della  politica “che non hanno fatto il loro dovere, cioè quello di essere fedeli al contratto con la Costituzione”.

Dovremmo ormai essere consapevoli di ciò che accade intorno a noi, in “un Paese -sentenzia Cantini- governato  dai magistrati  o dalla ‘Ndrangheta,  dalle guardie o dai ladri, non dalla politica”. Pertanto dev’essere compito di tutti, dei soggetti economici e di  quelli sociali, combattere le mafie, andando a formare quella che Carlo Cantini definisce una “falange democratica“, che coinvolga anche gli ordini dei professionisti, le associazioni di categoria, il mondo politico e bancario, la scuola, la Chiesa. Ormai i tempi sono più che maturi , sono caduti  i sospetti, lasciando solo certezze. Si è discusso a lungo in questi anni. Ora “Basta osservatori – conclude Cantini – più laboratori per contrastare l’infiltrazione mafiosa”.

di Silvia Moranduzzo e Giuseppe Mugnano

 

Giovanni Paolo BerniniAGGIORNAMENTO: SCAGIONATO BERNINI – A diversi mesi dall’operazione “Aemilia” è stato scagionato Giovanni Paolo Bernini indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il tribunale del Riesame di Bologna a fine maggio ha infatti depositato la decisione di respingimento dell’appello presentato dal pm contro la decisione del giudice per le indagini preliminari che aveva già rigettato la richiesta della misura cautelare in carcere per il politico di Fi avanzata della Procura antimafia bolognese. Accuse “infondate ed infamanti” secondo lo stesso Bernini, che lo hanno visto “vittima di una assurda vicenda giudiziaria”.

 

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