Demi Lovato e il genere non binario

Cantante di successo fa coming out e adotta i pronomi neutri inglesi they/them. Cerchiamo di capire la situazione non-binary in Italia grazie alla psicoterapeuta Daniela Anna Nadalin

Il 19 maggio Demi Lovato ha dichiarato di identificarsi come persona non binaria. Sul suo profilo Instagram, che vanta oltre 100 milioni di follower, ha fatto coming out affermando di non riconoscersi nella binarietà dei generi (maschile e femminile).

Per questo motivo ha deciso anche di adottare pronomi diversi per definirsi d’ora in avanti. Il passaggio dunque è da “she/her” – pronomi inglesi femminili corrispondenti all’italiano “lei”- a “they/them” – pronomi inglesi plurali e neutri, che potremmo tradurre con “loro”.

Cosa significa essere non-binary

L’immagine socio-psicologica che un individuo ha di se stesso corrisponde al genere. Il sesso è invece determinato dalla biologia dell’individuo. Quando l’identità di genere combacia con il sesso e/o genere assegnato alla nascita si parla di persone cisgender; se una persona presenta un’identità di genere diversa dal sesso e/o dal genere assegnatogli alla nascita, allora è definita transgender.

Tra le persone transgender ci sono le persone non binarie, come appunto Demi Lovato, che non si riconoscono nella dicotomia maschio/femmina. Le persone non binarie possono appartenere a entrambi i generi (bigender), a nessuno (agender) o spostarsi tra i generi con un’identità di genere fluttuante (genderfluid). Per identificarsi usano il pronome “loro” che rispecchia la libertà nello scegliere di non incasellarsi in un binario o nell’altro.

 

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Le parole di Demi Lovato

Ex star di Disney Channel e oggi cantante pop di successo, Demi Lovato ha usato precisamente queste parole nel suo post su Instagram: “Ogni giorno che ci svegliamo, ci viene data un’altra opportunità e la possibilità di essere chi vogliamo e desideriamo essere. Ho passato la maggior parte della mia vita a crescere davanti a tutti voi … avete visto il buono, il brutto e tutto il resto. […] Oggi è un giorno in cui sono così felice di condividere di più della mia vita con tutti voi – sono orgoglios* di farvi sapere che mi identifico come non-binary e che cambierò ufficialmente i miei pronomi in they/them d’ora in avanti”.

Il non-binary in Italia

La psicoterapeuta Daniela Anna Nadalin, Coordinatrice dell’attività consultoriale ASL MIT (Movimento Identità Trans) di Bologna, segue varie persone non-binary. “Oggi la popolazione non-binary è in aumento – ci dice la Psicoterapeuta – e non lo vediamo solo noi del MIT, è un dato che condividiamo con anche tutti gli altri centri nazionali con cui siamo in contatto”.

Sono fortunatamente sempre di più le persone che vivono felicemente il loro essere e vengono comprese dalla società. “Le famiglie e le scuole sono sempre più aggiornate su queste tematiche. Certo, dipende sempre dalla lente con la quale guardiamo. Non è sempre tutto rose e fiori”. Sono infatti sempre presenti varie problematiche: “A parte le difficoltà culturali, quello che manca è una corretta presa in carico con dei protocolli ben delineati”.

Infatti il MIT segue persone che nella maggior parte dei casi vogliono effettuare una transizione (dal punto di vista endocrinologico, chirurgico e legale) dal maschile al femminile o viceversa . Le persone non-binary non hanno invece come riferimenti questi due ‘binari’ ma una ‘neutralità’.

“Le richieste al nostro centro sono quindi nuove, molto spesso sono di tipo sanitario. Ci stiamo attrezzando per dare delle risposte adeguate. Ci sono persone non-binary che vorrebbero ad esempio un azzeramento dei livelli ormonali. Questo risultato sarebbe anche raggiungibile, ma porterebbe all’ipogonadismo (condizione caratterizzata da una riduzione più o meno marcata dell’attività funzionale delle gonadi). Per andare incontro all’esigenza della persona allora spesso la soluzione è il microdosaggio, ovvero ottenere il livello ormonale minimo sufficiente che garantisca la salute, ma anche la felicità della persona. Queste sono difficoltà che portano a vivere delle sofferenze molto pronunciate”.

La Dottoressa Nadalin dice che a volte capita di dover spiegare queste tematiche ai bambini. “Non hanno problemi a comprendere un espressione di genere che sia transgender o non-binary. In generale si può spiegare ai bambini la varianza di genere. Come esistono i capelli neri, biondi, mori e rossi che si manifestano con percentuali diverse, così è l’espressione dell’identità di genere. Ai bambini interessa che si voglia loro bene. Come si esprima il genere diventa secondario e sono bravissimi a trovare delle soluzioni quando la situazione riguarda ad esempio un loro parente.”

Infine, una riflessione riguardante la linguistica dell’italiano. “Quando ho a che fare con una persona non-binary io chiedo sempre come desidera che io mi rivolga a lei. Tuttavia alcune volte neanche la persona ha la soluzione perché non c’è effettivamente il genere neutro nella nostra lingua. A volte qualcuno passa dal parlare al maschile al femminile e questa soluzione va loro bene. Per qualcun altro, invece, ci sarebbe proprio la necessità del genere neutro in italiano. Io sarei favorevole ad una ipotetica introduzione del neutro nella nostra lingua, però faccio un esame di realtà: bisogna avere un’aspettativa adeguata. A mio avviso è molto difficile pensare di introdurre il neutro in contesti non sempre inclusivi. Nella scrittura, e in circostanze tutelanti, era abbastanza utilizzato anni fa l’asterisco. Oggi è forse maggiormente utilizzata la vocale neutra, lo schwa, che si presenta come una “e” rovesciata: ə. Tutto ciò vale però per la scrittura. Nel parlato si fa più fatica. Tra non molto tempo si terrà un seminario che tratterà proprio tutte queste tematiche”.

Il webinar, inserito all’interno delle attività dell’ONIG (Osservatorio Nazionale Identità di Genere), sarà gratuito e aperto a chiunque volesse partecipare e verrà pubblicato sul sito ONIG.

di Lorena Polizzotto

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