Ecomafia: sostenibilità oltre la legge. Al campus di Libera l’intervento del Tenente Saccarello

Per combattere la mafia bisogna saperla riconoscere in tutte le sue forme. Per questo motivo il Podere Mille Pioppi ha ospitato un evento all'insegna della lotta all'Ecomafia

Quando si parla di mafia ci possiamo figurare il classico uomo panciuto dalla parlata mediterranea, in abito sartoriale con la coppola e la sigaretta, che si rivolge al piccolo bottegaio pretendendo il pizzo, il personaggio che siamo abituati a vedere sul grande schermo e che spesso ha il volto di Robert De Niro. E’ inevitabile poi che sorgano nella nostra mente amche i nomi di Falcone e Borsellino, e di lì tutto ciò che ha segnato la storia del nostro Paese nell’ambito della criminalità organizzata. Ma come ogni creazione dell’essere umano, anche la mafia si è sviluppata ed evoluta, avvolgendo tra le sue spire viscide ambiti e dinamiche a cui non penseremmo così istintivamente.

Per combattere questo fenomeno ormai radicato e ancora vivo, sono state istituite associazioni come Libera, un cartello di associazioni che lottano contro le mafie. La sua nascita ufficiale è avvenuta nel 1995 presso la sede della Cgil di Roma: qui Don Luigi Ciotti viene nominato presidente nazionale e aderiscono 300 tra gruppi e associazioni come Arci, Acli, Legambiente, Fuci, Gruppo Abele, Cgil. Da allora Libera combatte il mostro della mafia cercando di coinvolgere e sensibilizzare la popolazione alla problematica, tra gli altri eventi, attraverso giornate di contatto con il pubblico: come quella tenutasi domenica 3 ottobre presso il Podere Mille Pioppi a Salsomaggiore Terme in provincia di Parma, a cui hanno partecipato Spi e UdU Parma. 

Profilo Facebook Libera Parma

Da anni si rinnova l’appuntamento per la lotta a favore della cultura della legalità e prima dello scoppio della pandemia ha sempre garantito giornate con attività a tema, permettendo anche il pernottamento ai partecipanti in modo da dar vita ad un’esperienza completa. Quest’anno, viste le ristrettezze legate al Coronavirus si tratta di un campus seminariale ospitato appunto dal Podere Mille Pioppi la cui storia assume un significato rilevante per la tematica.

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Il Podere Mille Pioppi

“Questo luogo ha un valore simbolico molto forte. – introduce Emilia, una dei volontari di Libera- Dodici anni fa è nata Libera come coordinamento di Parma e l’anno dopo è partito subito il campus. Ne approfitto per ricordare la figura di Sergio Tralongo che era l’allora direttore di questa area e ci ha accolti ed educati. Noi siamo tutti volontari e venivamo da formazioni diverse e con lui abbiamo fatto un percorso di formazione importante. Tornare qui e vederlo com’è oggi è sicuramente emozionante”.

Da quando è stato confiscato circa quindici anni fa, il Podere Mille Pioppi ha vissuto una fase di progettualità continua in cui sono intervenuti enti che hanno supportato il suo sviluppo a livello tecnico e finanziario, contribuendo alla realizzazione di quello che ad oggi è un luogo di crescita, conoscenza e promozione. Ad introdurre il podere è Enrica Montanini, funzionaria del Mille Pioppi da circa un anno e mezzo, che si occupa di organizzazione di iniziative culturali in natura e di educazione alla sostenibilità. Montanini racconta la storia del podere e di come sia diventato il luogo di apprendimento e scambio che possiamo vedere oggi: pur non essendo edifici di grande rilevanza artistica, nel 2004 sono stati presi sotto la custodia del Ministero dei Beni e delle Attività culturali. “Il lavoro dei colleghi è stato quello di rivalorizzare quest’area per la biodiversità creando micro habitat diversificati che ospitano diversi tipologie di fauna.”

In quanto area protetta, il Podere Mille Pioppi si propone di conservare la biodiversità, promuovere la sostenibilità e promuovere una fruizione consapevole delle aree naturali, obiettivi che vogliono essere trasmessi alle comunità non solo come regole da rispettare all’interno di un parco ma anche come dettami di un modus vivendi più sensibile e attento a quelle situazioni ad impatto ambientale che possono essere ricondotte nell’ampio ambito della cosiddetta Ecomafia. Su tale tema interviene il Tenente Federico Saccarello, che sottolinea la vicinanza dell’Arma dei Carabinieri a questo genere di iniziative: “La cultura parte dalla condivisione e se non viene condivisa rimane cultura personale che porta a non conoscere. Per questo oggi sono qui.”

Esperienza sul campo: il Tenente Saccarello

Ufficiale dei carabinieri nel ruolo forestale, ha vissuto nel 2017 l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato da parte dell’Arma dei Carabinieri da cui è nato il Comando Unità Forestale che ha sede a Roma, e si occupa di foreste, ambiente e agricoltura. “Quello che dicevamo prima della cultura vale anche a livello di conoscenza, territorio, dinamiche, informazioni che possiamo carpire per la tutela dell’ambiente, per questo è fondamentale essere sul territorio, non è possibile conoscere una dinamica ambientale chiusi in un ufficio.”

Il Tenente Saccarello dà avvio al workshop con una specificazione sul tema: “Vedremo come il ciclo dei rifiuti, il ciclo del cemento, il settore agroalimentare in realtà non siano compartimenti stagni, ma sfumino uno nell’altro, come il nome che diamo per identificare il fenomeno, che può essere ecomafia, agromafia, zoomafia. In realtà sono nomi che servono a noi per inquadrare un fenomeno, ma sfumano uno nell’altro perchè in questi contesti criminali si ragiona in termini di opportunità, e le opportunità che si colgono in un settore non è detto che non si possano sfruttare in un altro.” Prosegue raccontando che per la prima volta nel 1994 si sente parlare di ecomafia, fenomeno che nasce in contesto sociale di cui sfrutta le occasioni, come nelle pubbliche amministrazioni. Il fenomeno nasce intorno agli anni ’80, quando le aziende produttive devono classificare i prodotti come rifiuti, che devono essere gestiti. Il problema della gestione nasce subito, ed è evidente che inserirsi in queste dinamiche è un’opportunità favorevole. La problematica che ruoto attorno a questi ambienti è la pericolosità dei rifiuti e la difficoltà dello smaltimento.

Mafia significa anche…

Andando più nello specifico, i settori maggiormente interessati da questa realtà sono lo smaltimento del cemento, gli animali, gli incendi, l’agroalimentare e l’archeomafia legata al patrimonio. “Il problema è che forse il fenomeno non è percepito: dobbiamo uscire dalla visione stereotipata della mafia. Esiste la mafia come la intendiamo noi, che agisce in maniera violenta e visibile. Ma quando parliamo di ambiente parliamo di una criminalità di impresa che più difficilmente percepibile.” Ad uno sguardo più mirato sull’Emilia, i dati non sono comunque incoraggianti, anche se non si tratta delle zone più colpite quali Puglia e Sicilia: i reati minori risultano pochi solo perchè si è dovuto aspettare fino al 2018 perchè venissero considerati reati a tutti gli effetti, ovvero come delitti contro l’ambiente. “Ciò non toglie che, essendo fenomeni estremamente complessi, che passare da una sanzione a livello amministrativo ad un contesto più ampio per arrivare a misure come l’arresto è molto complicato.”

Il fenomeno è stato alimentato dal fatto che quando nel 2006 e 2007 i Paesi esteri hanno chiuso le frontiere per l’esportazione e lo smaltimento dei rifiuti, queste organizzazioni criminali hanno quindi colto l’occasione per far passare sotto la propria gestione queste dinamiche: il cosiddetto “broker” prende in carico lo smaltimento dei rifiuti delle piccole aziende che falliscono e non solo guadagnano ma acquisiscono anche potere sociale. “Da qui il problema ambientale: nella migliore delle ipotesi il capannone utilizzato viene abbandonato chiuso con un lucchetto. Ma quando c’è un sentore che qualcuno ha visto qualcosa, viene dato alle fiamme innescando una problematica ambientale di respiro più ampio perchè quei rifiuti entrano nell’agricoltura depositandosi sui campi e tutta la frutta e la verdura consumata in ambito domestico o dagli animali alimenta un circolo di contaminazione”.

La stessa problematica si estende all’ambito dell’edilizia: soprattutto al Nord, c’è sempre la necessità di alimentare il mercato dell’edilizia e delle grandi opere come autostrade e ponti. Bisogna però fare attenzione perchè la criminalità non si nasconde nei grandi appalti, ma nei piccoli appalti, come la movimentazione delle rocce da scavo. “Se vediamo un movimento terra ci allarmiamo subito: magari nella maggior parte dei casi è davvero tale; ma abbiamo sempre un margine di dubbio che possa essere qualcosa di più grave.”

 

Legato invece all’agricoltura c’è l’uso di fanghi tossici. “Nella provincia di Parma siamo abbastanza salvaguardati perchè abbiamo evitato questo tipo di spandimenti a monte. Altre province limitrofe sono invece interessate da questa situazione, come Reggio Emilia.” I fanghi, spiega il Tenente Saccarello, sono sempre provenienti dalle industrie e dai processi produttivi specifici come la miscelazione di acqua e altre sostanze pericolose.

Per avere un quadro generale consapevole, è bene riflettere sulla dinamica di gestione del rifiuto, che dovrebbe avvenire in un circuito chiuso o “economia circolare”. “C’è una fase di produzione, una fase di consumo, uno scarto e una parte destinata al riciclaggio, tutto questo per attingere in maniera sostenibili alle risorse non rinnovabili del pianeta.” Il Tenente chiede di porre l’attenzione su un dettaglio: nel momento in cui ci si vuole disfare di qualunque sostanza, questa diventa rifiuto ed è un momento delicato perchè essi devono essere categorizzati come speciali o non, pericolosi o non. Quindi, si può scegliere di seguire il percorso definitivo dell’abbandono in discarica o del riciclo. Saccarello spiega che è una fase delicata perchè “essendo un rifiuto speciale ha costi elevati ed è qui che si insinua la criminalità organizzata: prende il rifiuto a qualunque condizione e lo gestisce. In realtà si perde una cosa fondamentale che è la tracciabilità del rifiuto e non si sa a cosa sia destinato.”

Il problema di base di questo genere di criminalità è che non si basa più su persone ricche e potenti, ma anche persone colte, che conoscono le leggi e quindi sanno come aggirarle e con quali strumenti che ritorcono contro le aziende a l’amministrazione stessa. “Sono persone in giacca e cravatta che allestiscono delle reti attraverso false analisi, falsi certificati e figure che architettano espedienti amministrativi e burocratici per permettere queste dinamiche.”

A tal proposito il Tenente Saccarello si rivolge direttamente al pubblico presente, costituito soprattutto da ragazzi dell’Università di Parma: “Parlo con voi che sarete coinvolti nella vostra professionalità a dover gestire queste dinamiche. Quando vedrete certificazioni facilitate, quando vedete che le stesse persone lavorano sempre con le stesse aziende, quando vedete che le aziende entrano nella pubblica amministrazione come padroni, dovete sempre pensare che chi manca di rispetto al singolo pubblico dipendente manca di rispetto a noi, allo Stato, e in quanto cittadini è questo che ci deve sempre spingere a portare la bandiera dello Stato, perchè lo Stato siamo noi.”

di Camilla Ardissone 

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