Che squillino le trombe signori spettatori: che parlino i podcast

Il genere podcast sotto ai riflettori dal lockdown: dialogo, racconto, interazione con le autrici di FIKA, il podcast che parla di letteratura e femminismo!

In un mondo sempre più dominato dall’immagine, statica o in movimento che sia, che domina la scena dei social, dell’intrattenimento e dell’arte, si sta facendo di nuovo spazio la pratica dell’ascolto sotto forma di podcast.

Se vogliamo fare un passo in più e contestualizzare il podcast alla nostra contemporaneità, in particolare a partire dal periodo pandemico e il conseguente lockdown, possiamo interpretarlo come la dimensione audio che torna alla ribalta e fa sentire la sua voce non meno forte della presenza invadente della dimensione visiva.

Trattandosi di una forma di intrattenimento molto simile alla radio e quindi, seppur generalmente seriale, lontana dalla più nota pratica di visione di serie tv o film, si è collocata in una posizione di nicchia, dando però segni di crescita dal 2018 fino ad oggi. Si parla infatti sempre più spesso di questo genere che, come libri, film e serie tv ha dato vita a fandom, rubriche e recensioni.

Lorenzo Brillo, uno degli autori che scrive per VOIS (podcast media company), in un suo articolo scrive: “Per descrivere il percorso seguito dal podcast nel corso del tempo in relazione all’interesse del pubblico, viene utilizzata la metodologia dell’Hype Cycle, letteralmente ciclo dell’esagerazione, sviluppato dalla Gartner, una società di monitoraggio delle tecnologie e di consulenza americana.”

Questo modello è caratterizzato da fasi e noi oggi viviamo la più recente, ovvero la “Plateau of productivity”, ovvero la fase in cui sia a livello produttivo aziendale sia a livello amatoriale, il podcast viene sempre più utilizzato e sperimentato, ma anche apprezzato e diffuso.

Amicizia, letteratura e femminismo: questa è Fika

Non si può quindi trascurare il portato innovativo e la risorsa che è questo prodotto per i futuri lavoratori delle industrie creative. Per vedere più nello specifico le dinamiche che animano il genere, le creatrici del podcast “FIKA. Libri, femminismo, attualità e tutto quello che le storie hanno da insegnarci”. 

Camilla Magnani e Federica Caslotti ci hanno raccontato la loro esperienza dall’ideazione ai consigli per aspiranti produttori.

Tornando a qualche anno fa, Camilla Magnani racconta: “Il podcast è nato nella primavera del 2019 in cui alcune di noi avevano finito l’università, altre no, ma comunque eravamo compagne di università, poi si sono aggiunte altre persone per il blog. Avendo frequentato la facoltà di Lettere parlavamo sempre di libri e quindi abbiamo detto: ”Perché non facciamo un
book club?” Poi alla fine abbiamo letto solo un libro tutte insieme. È partito tutto da me, Veronica e Giulia, anche se ora non fanno più parte del podcast”.

Le autrici di Fika hanno avuto modo di constatare come la complementarietà tra partner sia necessaria non solo per rendere piacevole il lavoro in sé ma anche per garantire una maggiore funzionalità al contenuto stesso della puntata: “Il fatto che fossimo già amiche rende tutto molto più facile, anche prenderci in giro. Se fossi con una persona che non conosco magari non direi certe cose. Invece con Federica posso andare a ruota libera” commenta Camilla.

Copertina ufficiale da Google

Al di là della complicità però come ogni buon prodotto deve essere elaborato e realizzato attraverso una serie di mansioni divise tra i collaboratori. Riguardo a questo punto le ragazze spiegano che la loro dinamica prevede la scelta di un libro (alternativamente), la lettura di quest’ultimo da parte di entrambe e poi la stesura individuale della propria parte.

Camilla, che si occupa della parte di montaggio, racconta come questa parte del lavoro sia abbastanza complessa: “vogliamo che sia immersivo, usando la musica, gli effetti”.

Ma il lavoro non finisce qui poiché le due atrici di Fika condividono sulla piattaforma WordPress la versione scritta della puntata, così da poter riportare le fonti dei fatti storici che citano durante il podcast. Infine, mentre Federica realizza le grafiche perchè “è quella più artistica”, Camilla si interfaccia con i distributori per far arrivare il podcast in piattaforma.

Come abbiamo detto, il visivo è preponderante nella gerarchia odierna dei sensi, e uno degli elementi più interessanti di Fika è proprio la sua immagine di copertina che richiama un’idea ben precisa, nonché il suo titolo: Fika appunto.

Approfondendo al questione macro-temi, Camilla e Federica rivelano appunto che avendo studiato entrambe Lettere è stato quasi naturale decidere di incentrare il proprio podcast sulla letteratura. “Partendo da un libro abbiamo pensato che taglio possiamo dare perché sia qualcosa fatto da noi? Ci sono molte persone online che parlano dei nostri stessi argomenti, a volte anche insieme, noi vogliamo che sia personale” racconta Camilla, seguita da Federica che sottolinea l’importanza della condivisione, quantomeno all’interno del team, degli stessi valori: “Io direi che sono due cose che stavano a cuore a tutte.

Quando c’è stata la proposta di darci un tema da portare avanti abbiamo pensato che quello che ci accomunava fossero gli ideali del femminismo. Poi il femminismo non è un dogma, ognuna avrà le sue opinioni, noi cerchiamo di discutere delle cose che ci stanno a cuore. Ci siamo riservate anche di tenere le tematiche aperte: nella parte di attualità e curiosità cerchiamo di parlare di quello che ci piace. Lo trovo giusto perché permette di passare alle tematiche forti e pesanti a parti che risollevano il morale”.

Tipps per aspiranti producer

fika podcast

Post dalla pagina Instagram

Per coloro i quali volessero intraprendere una carriera nel mondo delle industrie creative e realizzare un podcast, che sia a livello amatoriale o per farne una vera attività lavorativa, il primo passo per ottenere un prodotto di qualità è avere un buon microfono per registrare.

Per quanto possa sembrare scontato come consiglio, in realtà ha una grandissima importanza, come spiega Camilla: “Se usi un microfono discreto si sente e il problema è che statisticamente la maggior parte degli ascoltatori di podcast smette di farlo per la cattiva qualità audio. Quindi magari hai qualcosa di meraviglioso da dire ma si sente male ed è fastidioso. Ovviamente mi rendo conto che non tutti si possono permettere di investire in attrezzatura professionale, però un buon microfono è la prima regola”.

Poi è fondamentale avere buoni programmi di montaggio, come ad esempio Audacity, Garage Band o Adobe Audition. E poi c’è la parte della distribuzione: “Ci sono diversi siti. Quello che consiglio è vedere un video dove altre persone hanno provato i vari distributori e dicono la loro esperienza” aggiunge Camilla.

Inoltre, le creatrici di Fika danno una dritta sulla struttura e sulle tempistiche: “Un altro consiglio è avere un’idea chiara del formato: se si vuole fare conversazione aperta senza tagli, o se si vuole qualcosa di più immersivo, di più strutturato o a braccio. E anche il tempo, ovvero quanto dura la puntata e quanto spesso esce. Questo è importante per la programmazione dei contenuti”.

Infine, non può mancare un po’ di promozione social: “Noi ad esempio abbiamo aperto la pagina Instagram perché eravamo consce del fatto che avendo un episodio al mese dovevamo tenere vivo l’hype” specifica Camilla relativamente al fatto che come tutte le novità che vogliono farsi conoscere è necessario andare incontro al pubblico e facilitare a sua volta l’avvicinamento al proprio prodotto restando sempre visibili.

Per concludere le due podcaster si concentrano su un aspetto che riassume la natura del prodotto: “È un mix di quello che si dice e come lo dice. I podcast stanno avendo successo perché non è necessario metterci la faccia e molte persone si sentono molto più libere di esprimersi, ad essere un po’ più esagerate, a chiacchierare”.

Perciò si vede che questo formato permette più respiro ed espressione anche a quelle personalità un po’ più timide che adesso possono esibirsi anche senza essere direttamente sotto le luci della ribalta.

Evoluzione del genere: videopodcast

Camilla e Federica vivono la realtà creativa di questo genere ormai da qualche anno e hanno costruito il loro universo narrativo con regole e dinamiche proprie. Facendo un passo indietro e guardando al loro percorso, quello che vedono oggi nelle loro mani è soprattutto consapevolezza: “Secondo me con il tempo, abbiamo una consapevolezza maggiore di cosa può essere intrattenimento e come gestire le tematiche di informazione, divertimento” racconta Camilla, a cui si aggiunge subito Federica: “abbiamo sviluppato anche una certa sensibilità, un occhio critico nel rendersi conto di che tipo di libro abbiamo davanti.

Federica Caslotti nota come la loro attività si sia intensificata durante la pandemia e il conseguente lockdown, che non hanno lasciato intoccato il mondo dei media, e tantomeno quello dei podcast.

Molto più tempo a disposizione e una forzatura domestica hanno indotto in massa all’avvicinamento al formato podcast, in seguito ad un’evidente necessità di ricercare forme di svago alternative a quelle più note come guardare una serie o leggere.

Anche questa forma continua a svilupparsi e pare che la sua evoluzione più diretta sia quella del videopodcast su cui Camilla e Federica ci offrono due prospettive diverse. Secondo Camilla “È un formato che funziona molto. Io adesso sto scrivendo un podcast in cui parlo di storia e geografia e lo sto facendo anche con video. Fika secondo me non funzionerebbe come videopodcast perché volendo essere immersivo non è la sua forma. In generale però il video può aiutare molto: ci sono podcast che hanno la parte video che sono solo disegni. È difficile tenere l’attenzione per tanto tempo, un podcast non richiede questa attenzione, un video sì, e se una persona parla e basta il video non dirà molto”.

Per Federica invece assomiglia alla continuazione di YouTube: “Ci sono podcast che secondo me funzionano perché sono solo da ascoltare e tu puoi fare altro perché te lo permettono. Per esempio, io passo molto tempo su tiktok e ho notato questa tipologia di video fatti da spezzoni ripresi da podcast più o meno lunghi dove leggono post di pagine di informazione e lo usano come audio di sottofondo a un contenuto visivo totalmente differente, ad esempio video di ragazze che si truccano.

Ed è una cosa che mi prende proprio e vado a cercare gli audio originali per sentire tutta la puntata. Inoltre sono montati su video molto brevi che ti gratificano, e intanto in sottofondo raccontano una storia. Secondo me la forza di alcuni podcast è proprio il poter essere ascoltati mentre si fa altro, proprio perché non c’è la richiesta di attenzione che richiede il video.”

Bisogna porre attenzione ad un ultimo aspetto non indifferente che le podcaster fanno notare: il podcast è un formato molto difficile da gestire per raggiungere grandi ascolti: “Se si vuole guadagnare con i podcast c’è bisogno di moltissimi ascolti. La percentuale di ascolti per arrivare al guadagno è alta e c’è anche la componente della pubblicità che è fondamentale. All’inizio noi non volevamo metterla, però poi abbiamo visto che era quasi necessario” spiega Camilla. Infatti molti podcast passano a YouTube proprio perché permette di monetizzare in modo molto più facile, mentre invece altre piattaforme. Infatti Camilla prosegue: “Noi ad esempio abbiamo aperto un canale dove carichiamo video fatti solo da copertina e audio perché vorremmo vedere come funziona. Non che con YouTube sia semplice, ma è molto più semplice che con le piattaforme apposite per podcast”.

Vediamo allora come una forma mediale si sviluppi secondo una natura del tutto individuale, le cui possibilità creative spesso si scontrano con le necessità economiche se si vuole investire il proprio prodotto anche della dimensione commerciale. Come hanno raccontato Camilla e Federica però resta sempre fondamentale, ancora prima della funzionalità economica, un’identità trasparente che si dichiari subito per quelli che sono i suoi obiettivi, con l’unica pretesa di presentare se stessa ad un pubblico il cui scopo sia quello di condivisione e confronto. 

 

di Camilla Ardissone 

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