Sostenibilità alimentare: l’Italia deve accelerare

Continua a crescere il livello di povertà in Italia. La prossima riforma costituzionale basterà a saziare la fame di cambiamento?

In Italia la povertà è aumentata. Secondo il report Istat, più di cinque milioni di persone vivono in condizioni di povertà assoluta: un bilancio sul quale pesa la pandemia che ha sottratto a molte famiglie una quota importante dei propri introiti. Il 9,4% della popolazione residente in Italia non ha accesso al cibo.

Ciò rende indispensabile parlare di diritto alimentare e di equità: temi che sono stati al centro del Progetto “Verso la sostenibilità alimentare: nuove prospettive di diritto pubblico comparato”. Questa iniziativa, promossa dalle docenti Laura Pineschi e Lucia Scaffardi e realizzata dal Dipartimento di Giurisprudenza, Studi Politici e Internazionali e dalla Scuola di Studi Superiori in Alimenti e Nutrizione dell’Università di Parma, ha offerto un tavolo di confronto multidisciplinare sulla nozione di sostenibilità alimentare dandone una definizione ad ampio raggio.

Il terzo appuntamento di questo percorso formativo, svoltosi il 17 febbraio, é stato introdotto da Alessio Malcevschi, Delegato dell’Ateneo nella Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile, che ha menzionato l’approvazione definitiva della Camera al disegno di riforma costituzionale, in seguito alla quale la Repubblica tutelerà l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

“Un passo importantissimo promosso dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo sostenibile, Asvis, con cui l’Italia si allinea ad altri Paesi europei introducendo nella propria costituzione i principi della sostenibilità”, spiega Malcevschi, che ribadisce l’importanza di un approccio sistemico al tema della fame e del diritto all’alimentazione.

Nel 2050 la popolazione globale supererà la soglia di 9,7 miliardi di persone portando un significativo aumento del fabbisogno alimentare”, ricorda la professoressa Scaffardi. Un aumento stimato del 70%, secondo i dati riportati da FAO. A peggiorare lo scenario la costante diminuzione delle risorse disponibili, conseguente agli effetti prodotti dal cambiamento climatico.

In questa prospettiva è evidente l’esigenza di garantire lo sviluppo sostenibile della filiera agroalimentare in un sistema, “che sia capace di conciliare la necessità di soddisfare una domanda alimentare in espansione, la food security, con il bisogno di ridurre l’impatto delle attività umane sul clima e sull’ecosistema del pianeta, la food sustainability, mantenendo elevato il livello di sicurezza dei prodotti, la food safety”, prosegue la professoressa.

Benché la sostenibilità stia trovando sempre maggiore riconoscimento nell’ordinamento giuridico italiano, molto, troppo, deve ancora essere fatto: permane una “discreta discrepanza tra il sostegno politico espresso a favore degli SDG e l’integrazione dei 17 Obiettivi nei processi strategici di politica pubblica”, secondo Sustainable Development Solutions Network Italia. Motivo per cui l’Italia si classifica al 26esimo posto tra i 165 Paesi che hanno adottato gli OSS. Del resto, si registra un peggioramento al livello globale nel percorso verso lo sviluppo sostenibile, che testimonia come la pandemia non si sia limitata a innescare un’emergenza sanitaria, ma abbia anche aumentato le diseguaglianze in termini di accesso al cibo.

Uno sguardo all’Europa, leader nella promozione di modelli sostenibili

“Bisogna guardare al diritto europeo con la curiosità del comparatista che in esso coglie elementi, tendenze e modelli utili a conoscere meglio il proprio sistema” suggerisce il prof. Albisinni, meno entusiasta della riforma costituzionale approvata l’8 febbraio scorso.

A suo parere la modifica al testo costituzionale non rappresenta di per sé il cambiamento, non aggiungendo niente di nuovo rispetto a quanto era già previsto: la tutela dell’ambiente, della biodiversità e dell’ecosistema, infatti, è tra i principi dell’Unione Europea, al cui rispetto lo Stato è vincolato sin dalla sua adesione all’ordinamento comunitario.

Come poteva essere altrimenti? Garantire la sicurezza degli approvvigionamenti è stato l’obiettivo comune a tutte le organizzazioni europee ed è lo scopo principale della politica agricola comune dell’Unione.

Ma solo la pandemia riporta l’attenzione della Commissione sulla necessità di adottare modelli di commercio alimentare sostenibili. Nel 2018, infatti, qualsiasi riferimento allo sviluppo sostenibile scompare dai documenti dell’istituzione per tornare, a dicembre del 2021, nel Regolamento sui piani strategici della PAC: la futura politica agricola comune dovrà promuovere la modernizzazione e la sostenibilità, inclusa la sostenibilità economica, sociale, ambientale e climatica.

La leadership europea si dimostra anche nella tutela del benessere animale: l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze degli animali in quanto esseri senzienti, stabilisce il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Riconoscere loro questo modo di essere supera di gran lunga la norma costituzionale italiana, che, per come è riformata, si limiterà a demandare allo Stato il compito di disciplinare i modi e le forme di tutela degli animali.

Che sia il legislatore italiano a trovarsi impreparato ad affrontare le nuove sfide del futuro? C’è da domandarsi infatti se le sue prudenti manovre normative siano in grado di tenere il passo di un mondo che esige un cambiamento rapido.

di Simona Coduti

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