Parma, nuove povertà e piani per il futuro: intervista all’assessora Laura Rossi

Il Comune pensa a nuovi appalti e a un servizio h24 in stazione. "Bisogna cambiare il modo in cui pensiamo ai sistemi di Welfare, oggi mirati soltanto ad alcune categorie di persone e bisogni. Non colgono più la complessità della società"

Caro bollette, pandemia, crisi finanziaria. Tutti questi elementi hanno contribuito a modificare profondamente l’assetto della nostra società e il concetto stesso di povertà. Per fare il punto della situazione, e approfondire temi delicati come quelli di decoro e di assistenza ai senza fissa dimora, abbiamo intervistato l’assessora al Welfare del Comune di Parma, Laura Rossi

Nuovi poveri, stessa povertà

Il caro bollette è solo l’ultima entrata in un complesso contesto di difficoltà economiche, povertà e aiuti istituzionali. Il Covid, negli ultimi due anni, ha causato l’insorgere di nuove figure legate alla povertà, i cosiddetti “nuovi poveri”, ma, per l’assessora Rossi, la radice dei cambiamenti sociali è molto più profonda. 

“Questo cambiamento avviene da molto tempo. È cambiato il profilo sociale delle nostre città a partire dalla crisi del 2008, e dal 2011 in poi si sono visti gli effetti reali di quella situazione. Chiaramente noi facciamo i conti con figure di povertà di diverso tipo. Dal 2011 in poi abbiamo visto un impoverimento generale di una classe medio-bassa. Le famiglie mono reddito, le famiglie a reddito basso o normale, ma con più figli, cadono in una situazione di povertà. Con il Covid ancora di più. La pandemia ha solo accelerato alcune situazioni di perdita del lavoro, però l’andamento è sempre quello: ci sono nuclei familiari che fanno molta fatica. Sono le cosiddette nuove povertà, che sono in realtà quelle di prima, ma colpiscono persone diverse.  Lo vediamo con l’aumento degli sfratti e con le difficoltà a trovare una casa per chi ha un reddito medio basso”. 

Come sottolinea l’assessora Rossi, le conseguenze di rincari e crisi si manifestano sempre tempo dopo il loro inizio. Ovviamente il caro bollette non è un’eccezione. 

“Nel mondo del sociale gli effetti sono più a lungo termine rispetto a quando accadono le cose, per cui in questo momento noi non stiamo registrando agli sportelli richieste di aiuto a causa del caro bollette. Il primo bimestre del caro bollette del 2022 si vedrà a marzo, e ci aspettiamo che nel secondo bimestre inizino ad aumentare le richieste agli sportelli comunali”. 

Visto il probabile aumento, il Comune per quest’anno immagina di fare “un’operazione anticipatoria”. 

“Di solito aspettiamo la domanda. Però, visto che abbiamo in carico una serie di persone che sappiamo essere fragili e vulnerabili, che sicuramente avranno delle difficoltà a pagare le bollette, stiamo lavorando per iniziare da marzo a contattare le persone già in carico e conosciute per provare a definire un piano di sostegno economico puntuale“.

Gli strumenti del Comune di Parma

Il piano di intervento anticipatorio, così come ogni altra forma di assistenza, sono erogati attraverso gli strumenti a disposizione del Comune. Ci sono tre grandi macro categorie di contributi economici: il progetto personalizzato, il sostegno all’abitare e il sostegno alle utenze.

L’assessora al Welfare Laura Rossi con il sindaco Federico Pizzarotti

“Questi strumenti consentono di sostenere economicamente i nuclei familiari con contributi a volte una tantum a volte continuativi, a seconda del progetto. Sono mirati essenzialmente a un’integrazione del reddito complessivo, oppure all’ingresso al primo alloggio, oppure a un aiuto per il pagamento delle utenze”.

L’assessora continua spiegando le difficoltà di convogliare prestazioni di carattere locale con quelle nazionali. 

“Lo strumento dei contributi economici di Parma è molto cambiato in questi ultimi anni. Se fino a qualche anno fa avevamo a bilancio 2,6 milioni di euro, complessivamente per il sostegno economico e tutti i contributi, successivamente abbiamo dovuto fare i conti con degli strumenti nazionali. Prima il REI – Reddito di inclusione – e il SIA  – Sostegno per l’Inclusione Attiva -, poi il Reddito di Cittadinanza. Il Reddito di Cittadinanza è uno strumento di sostegno al reddito nazionale e universale, quindi è proprio lo strumento che aspettavamo da tanto tempo, che consente a tutti di avere un minimo reddito di dignità. Lo abbiamo dunque accolto molto volentieri, ma questo ha un impatto sui nostri servizi, perché le due cose non possono coesistere”.

“Se noi eroghiamo un contributo economico per le bollette a un nucleo che riceve il Reddito di Cittadinanza, – chiarisce Rossi – siccome siamo obbligati a registrare sul casellario dell’assistenza qualsiasi erogazione monetaria, l’INPS leggerà il contributo che abbiamo fornito e di conseguenza ridurrà o addirittura toglierà il Reddito di Cittadinanza agli interessati. Questo sarebbe insensato, andremmo a togliere un contributo nazionale per darne uno locale. Quindi, tendenzialmente, non sosteniamo i percettori di Reddito di Cittadinanza riducendo la nostra platea di molto. A volte però, purtroppo, ci troviamo a dover intervenire anche con chi riceve il Reddito di Cittadinanza, perché ci sono persone molto fragili e vulnerabili che non sono in grado di gestire il contributo nazionale, e si trovano comunque le utenze staccate”. 

Nuovi progetti: un pronto intervento h24 con sede alla stazione di Parma

Le idee, i progetti, i finanziamenti non mancano. Le difficoltà, spesso, si riscontrano nel riuscire ad organizzare le varie somme stanziate, e, soprattutto, nel trovare qualcuno disposto a prendere in carico i lavori proposti tramite gare d’appalto. 

“Negli ultimi tre anni ci sono stati molti finanziamenti per la lotta alla povertà. Finanziamenti tuttavia spezzettati. La difficoltà è riuscire a immaginare qualcosa ‘a sistema’, senza andare avanti solo con progetti che finiscono, riprendono e poi finiscono nuovamente. Abbiamo quindi fatto un’operazione per riorganizzare, coprendo i buchi tra un finanziamento e l’altro con il bilancio comunale. In questo modo, a breve, usciremo con una gara d’appalto importante”. 

Per sfruttare i finanziamenti, e organizzare il sistema di servizi di cui sopra, il Comune di Parma ha immaginato “un servizio di pronto intervento 24 ore su 24. Con il PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – ristruttureremo una buona parte di immobile vicino alla stazione, dove ci sarà la sede di questo pronto intervento, nonché la sede dell’unità di strada che si muoverà molto di più rispetto ad ora. Inoltre si prevede un centro diurno, in cui le persone che gravitano intorno alla stazione e sono più in difficoltà possano anche fisicamente avvicinarsi agli aiuti”. 

Il concetto di “decoro”

I principali soggetti che fruirebbero del nuovo progetto sono i senza fissa dimora, argomento al centro di polemiche negli ultimi giorni per via del rapporto tra questi ultimi e l’idea di ‘decoro’

“Mi stupiscono sempre questo termine e questo modo di vedere la città. Il fatto che una persona in difficoltà venga percepita come un fastidio rispetto alla nostra voglia di vedere tutto bello, mi fa pensare che questa società stia andando fuori dai binari: stiamo parlando di persone non cose. Posso capire che dia fastidio in termini di decoro dell’immondizia lasciata per terra o una bottiglia rotta, ma quando c’è di mezzo una persona io non userei queste parole, anzi, mi preoccuperei del perché ci sono certe situazioni e come sia possibile aiutare. Non deve essere mai una questione di decoro, è una questione di dignità delle persone”.

I senza fissa dimora formano una categoria, come detto, estremamente grande e complessa. Ci sono diversi tipi di persone che vivono in strada, e non con tutte si riesce a risolvere la situazione. 

Nei senza fissa dimora ci sono tante tipologie di persone. Ci sono gli homeless, che vivono fuori da tanto tempo e sono una categoria difficile; ci sono le persone con problemi di dipendenza; ci sono le persone con cui è già stato tentato di tutto e di più. Quando una persona ha fatto un percorso in un centro di prima accoglienza, ha fatto un percorso di seconda accoglienza, gli sono state offerte possibilità di tirocinio, di formazione, e dopo tantissimi tentativi non si riesce a risolvere la questione, a un certo punto noi dobbiamo dire: ‘il progetto è finito’. A noi dispiace, ma siamo i primi a sapere che non sempre è possibile intervenire a fondo. Cerchiamo di portare chi è in difficoltà verso dei percorsi di autonomia, di condivisione di regole e se possibile anche di empowerment. E infatti c’è chi è uscito da questa situazione e ha trovato una sua dimensione lavorativa e di autonomia”.

Chi rifiuta aiuto

Spesso, come spiega l’assessora Rossi, capita che dei senza fissa dimora rifiutino qualsiasi tipo di aiuto. Sono persone che, vivendo ai margini della società da anni, non credono più che un aiuto, una mano amica, possano esistere. 

“Basta poco nella vita per ritrovarsi senza nulla, soprattutto per le persone che hanno poche risorse. A una delle ultime persone che abbiamo incontrato è bastato che durante il lockdown venisse a mancare l’unica figura di riferimento, la madre. Non c’è stata più capacità di vivere in autonomia e pagare le utenze; ha perso la casa ed è andata a vivere in strada. Quando si arriva sulla strada, già sopravvivere è molto difficile. Dopo un po’ ci si abitua talmente tanto che diventa impossibile immaginare di uscire da quella situazione. Si cade talmente in basso che non si ha più alcuna fiducia in sé stessi fino al punto da non credere neanche a una possibilità d’aiuto”.

“Se una persona è in grado di intendere e di volere, dice di non volere andare in dormitorio, di non volere alcun tipo di aiuto e di voler rimanere dov’è: non ci sono modi coercitivi per obbligarla. Quello che facciamo noi è provarci e riprovarci continuamente, questa è la filosofia di servizio. E la verità è che non esistono strumenti costruibili in ufficio o con dei manuali, perché quello che funziona è una relazione umana che in maniera non controllabile, a volte, può avere un risultato positivo e altre volte no. Dipende”.

Storie parmigiane

Storie di grandi difficoltà, povertà, marginalità vengono raccontate dall’assessora Rossi. In particolare, descrive l’esperienza avuta da una donna che, improvvisamente, si è vista obbligata a vivere in strada, senza nemmeno i suoi documenti d’identità. 

“Un’esperienza tragica di questo ultimo anno che ci ha lasciati molto perplessi è stata la presenza di una donna in stazione, di cui noi abbiamo costruito la storia a posteriori, avendola scoperta solo alla fine. Questa signora faceva la badante; morto il signore che accudiva, lei si è trovata in strada, senza più niente. Le hanno rubato i documenti, tutti quelli che aveva. Si è dunque trovata da sola, in strada, e senza prova della sua identità. Per una persona straniera andare a spiegare che è in regola e che ha solo perso i documenti non è una cosa semplice, tant’è che per un po’ ha provato a dirlo e fare denunce, ma nessuno le ha creduto, quindi è rimasta in strada per un anno”.

“Altre persone che conosciamo ci hanno poi raccontato di averla aiutata a vivere in strada, e quando siamo riusciti a intervenire abbiamo scoperto che lei effettivamente aveva i documenti, e aveva anche fatto la denuncia. Successivamente è stato riattivato il suo telefono e ha recuperato alcune cose, e passo dopo passo sta ricominciando una vita quasi normale. Lei ha casualmente incontrato una persona che le ha creduto e l’ha voluta sostenere, ed era molto perplessa ad accettare l’aiuto, perché dopo un anno non credeva più che esistesse qualcuno disposto ad aiutarla”. 

Non solo anziani e disabili: le necessità di cambiamento nel Welfare

L’assessora conclude con una serie di considerazioni riguardo l’attuale assetto del Welfare della Regione Emilia Romagna. I tempi, nella pubblica amministrazione, come spiega, sono spesso troppo lunghi, e le innovazioni arrivano quando ormai ci sono già nuove necessità. Si è ancorati a una concezione di supporto alla popolazione in difficoltà che, oggi, non è più al passo con i tempi

“C’è una classe media della popolazione in situazione di difficoltà economica, anche se non abbastanza grave per accedere ai servizi sociali assistenziali che offriamo. È dal 2010 che diciamo in tutte le sedi possibli che bisogna completamente cambiare il modo in cui pensiamo ai sistemi del Welfare, che sono mirati soltanto ad alcune categorie di persone e ad alcune tipologie di bisogni, e non colgono più la complessità della società che è cambiata o i nuovi bisogni che vengono avanti. Non abbiamo servizi per i giovani, per i NEET – Neither in Employment or in Education or Training; cioè tutti i giovani non impegnati nello studio, né nel lavoro, né nella formazione. In Italia chiamati anche né-né – , non abbiamo servizi per le tante persone sole e fragili che ci sono all’interno della comunità”.

“Quello che è indispensabile è una riforma complessiva del welfare, che non deve essere solo economica, normativa e giuridica, ma anche culturale. Non possiamo continuare a pensare che il welfare sia solo per anziani e disabili. Queste sono categorie da curare, però ci sono anche tutte le fragilità della società che dobbiamo provare a intercettare prima che si aggravino. Anche attraverso servizi a pagamento, perché non è detto che tutti debbano avere aiuti gratis; qualcuno infatti può riuscire a contribuire. Bisogna immaginare tutto un sistema di servizi forse più vicino al modello lombardo. Un sistema di servizi che lavorano sulla prevenzione e non solo sulla cura, che siano davvero universali, rivolti a tutti, che tengano conto di bisogni che adesso non affrontiamo”.

“Un esempio: – conclude l’assessora Rossi – tutti i padri separati che vanno in difficoltà economica, non hanno un luogo dove stare, non sanno cosa fare quando finalmente hanno la possibilità di stare con i figli. Questi sono bisogni che adesso sono completamente inevasi. Dobbiamo ripensare un po’ a tutto”.

di Alex Iuliani

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