Ricordando Letizia Battaglia: una grande fotoreporter con un grande sogno

Immaginava una Sicilia senza mafia. I suoi scatti in bianco e nero ne raccontavano l'esistenza durante gli anni più cupi. Oggi sono storia

Letizia Battaglia

Ci ha lasciati, all’età di 87 anni, una donna con un infinito coraggio: Letizia Battaglia, fotoreporter palermitana che ha fatto della sua città il cuore del suo successo. Letizia è diventata famosa per i suoi scatti di mafia, nonostante lei stessa non amasse l’etichetta a lei attribuita di “fotografa della mafia” e nonostante le sue foto non rappresentino esclusivamente questa brutta realtà. Battaglia non è stata solo una fotografa e non ha fotografato solo vittime di mafia. Aveva tanto da dire e da trasmettere, soprattutto alle persone che come lei avevano una grande sensibilità e un grande impegno civico. È stata anche assessora nella sua città, ma ebbe presto da ridire su quel contesto politico in cui rimase per poco.

Bambine che giocano © Letizia Battaglia

I suoi scatti più celebri

È nella fotografia che Letizia ha trovato l’essenza della sua esistenza. Riusciva a padroneggiare perfettamente quest’arte, la macchina fotografica e lei erano un’unica cosa e la definirà la sua “compagna di vita“. “Prepari il fuoco, la distanza, i tempi e poi dai un colpo di tosse così non si sente lo scatto”, spiegava così quale fosse la tecnica per scattare, evitando, durante eventi pubblici come i funerali delle vittime di mafia, di essere identificati, per poi ricevere sguardi spiacevoli e minacce. La fotografa ha provato a raccontarsi completamente nel documentario Shooting the Mafia, parlando dei suoi amori, delle ambizioni e anche di delusioni, lasciando un meritato spazio alla sua carriera.

La bambina col pallone © Letizia Battaglia

La mafia uccide e il silenzio pure”, si legge in una scena del film. La scritta è di un rosso vivo, come il sangue che hanno versato vittime di mafia e innocenti fotografati da Letizia, lo sfondo è il bianco di un lenzuolo che ondeggia da un balcone siciliano. Quel silenzio lei non lo conosceva affatto. A chi le chiedeva se avesse paura rispondeva: “La paura è un lusso. Non non ci possiamo permettere di avere paura”.

La forte passione per la giustizia e la libertà e il grande amore per Palermo l’hanno sempre contraddistinta e la sua determinazione le ha permesso di farsi spazio tra i tanti che sottovalutavano il suo impegno.

© Letizia Battaglia

La mafia e la corruzione politica hanno provocato molta povertà, ed è proprio in quei quartieri di Palermo in cui la povertà si viveva di più, che Patrizia iniziò a utilizzare il suo strumento preferito. Erano i cosiddetti anni di piombo. La mafia pareva ben lontana dall’essere un nome astratto: si vedeva, si toccava, si respirava. Proprio Letizia, con la fotografia, testimoniava il bagno di sangue che era stata Palermo. “Si viveva una mattanza continua, era così doloroso e difficile da sopportare” racconta nel documentario.

La sua vita, diceva, era stata una “lotta senza saperlo”. Letizia non era consapevole del grande lavoro che stava facendo, del grande contributo all’antimafia che stava dando. Il suo era un lavoro difficile che la metteva continuamente a contatto con la realtà più atroce. Lei stessa ne prese coscienza piano piano, ma nonostante ciò continuava ad amarlo.

1975 Omicidio a Palermo © Letizia Battaglia
Una vittima di mafia a Palermo © Letizia Battaglia
1993 Rosaria Schifani, moglie di Vito Schifani, agente di scorta di Falcone © Letizia Battaglia

La storia di Letizia:

Letizia è nata il 5 marzo 1935 in una Palermo difficile e complicata che diverrà lo sfondo di ogni suo scatto diventato celebre. Era ancora una bambina quando si trova di fronte a un signore che si masturbò guardandola. Questa scena le rimarrà impressa diventando motivo di domande, dubbi e angosce che dureranno non poco, alimentate anche dalla scelta dei genitori di non farla più uscire da casa e di privarla della libertà. Da quel momento iniziò a fotografare bambine, in cui rivedeva se stessa a dieci anni, quando, privata della libertà, aveva cercato di riconquistarsela. Sposa un uomo perchè convinta che andando via di casa potesse ritrovarla. Purtroppo il matrimonio si rivelerà una vera gabbia e le impedisce di viaggiare ed esplorare il mondo e di continuare a coltivare le sue passioni.

Torna una donna libera e comincia a capire cosa amava davvero e come mettersi in gioco. Odia qualsiasi forma di convenzionalismo e vuole a tutti i costi lavorare. Inizia a scrivere articoli per il giornale L’Ora di Palermo e scatta le sue prime foto da fotoreport. Capì di amare la fotografia più della scrittura, diceva di riuscire a esprimere se stessa. Diventò la prima fotografa in Italia a lavorare per un quotidiano. Quelle foto che ancora oggi possiamo apprezzare sono intrise di vita.

Con la fotografia io sentii che potevo raccontare anche me stessa

Letizia Battaglia

Si recava sui luoghi ignara di quello che avrebbe trovato, ma iniziò presto a capire che avrebbe dovuto abituarsi a quei corpi di morti ammazzati dalla mafia. Fu in quei momenti che Letizia riscontrò le prime difficoltà: si sentiva spesso discriminata da giornalisti, poliziotti e carabinieri che in quanto donna trovavano inopportuna la sua presenza. Tra i suoi servizi più importanti c’è quello sull’omicidio di Piersanti Mattarella, uno degli scatti più celebri di Battaglia.

1980 Piersanti Mattarella viene estratto morente dall’auto dal fratello Sergio © Letizia Battaglia

Non era facile vivere nella “capitale della mafia”, come era stata definita da molti, soprattutto se decidi di sfidae i criminali. “In città c’era un’atmosfera cupa, ogni volta che uscivo dicevo: questi ora mi sparano […] ma poi ti adatti, lo accetti“. Furono molte le minacce ricevute: macchine fotografiche rotte, sputi, lettere anonime, ma Letizia è sempre stata una donna molto coraggiosa convinta di ciò che faceva. Tutto il mondo imparò a conoscerla. Vinse molti premi prestigiosi. Fu la prima donna europea a ricevere il premio americano Eugene Smith nel 1985 e collaborò con le più importanti agenzie giornalistiche.

Uno degli incontri più forti fu quello con Luciano Liggio, boss mafioso imputato al Maxiprocesso, che Letizia fotografò all’interno del tribunale. Lo descrisse come una figura piena di autorità e di orgoglio che nonostante si trovasse in catene accanto a un poliziotto manteneva sempre la testa alta. “Tremavo, non di paura ma di emozione, perché in quel momento lo stavo sfidando”.

Luciano Liggio fa segno a Letizia di avvicinarsi © Letizia Battaglia

Gli attentati a Falcone e Borsellino

“Noi amavamo molto Falcone, lo vedevamo come un eroe moderno” raccontava emozionata Letizia nel suo docu-film. Per i palermitani, il forte senso di giustizia che aveva mosso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino rappresentava una grande speranza, entrambi erano diventati degli eroi per i siciliani. Nonostante non fossero i soli a combattere la mafia, il loro contributo è rimasto saldo nelle nostre menti. Aprirono la strada a molti successi raggiunti anche dopo la loro morte, credendo fino all’ultimo istante di essere più forti della mafia.

Giovanni Falcone fuori dalla procura di Palermo © Letizia Battaglia

Era domenica ed ero da mia madre, c’era la TV accesa quando all’improvviso interruppero i programmi e dissero: <è successo qualcosa in autostrada>. Io non ebbi la forza di andare”

Letizia descriveva il momento in cui apprese la notizia dell’attentato a Falcone. Quando morì Borsellino “era di nuovo domenica ed ero sempre da mia madre quando a un certo punto sentimmo la bomba”. I due attentati rappresentarono per Battaglia la fine dei suoi scatti di mafia. Intimamente ha confessato di aver sofferto moltissimo la loro scomparsa pur essendo una conseguenza messa in conto da tutti. Da quel momento non si sentì più a suo agio a scattare, aveva perso ogni stimolo. Con l’attentato che vide vittima il giudice Borsellino decise definitivamente di fermarsi. “Non volevo più fotografare. Non volevo più raccontare storie di sangue” .

Gli ultimi anni di Letizia

Non amava definirsi femminista ma stava dalla parte delle donne e le amava, soprattutto quelle in cui riusciva a riconoscersi. È proprio la donna, con la sua nudità, che ritroviamo tra i soggetti dei suoi ultimi lavori. Donne completamente nude che esprimono serietà e consapevolezza di se stesse senza mai cadere nel ridicolo. Spiegava che la sua fosse una scelta politica che invitava le donne a continuare il loro percorso di emancipazione. “Bisogna dire la verità: siccome nel mondo i capi sono quasi tutti maschi, le guerre vengono promosse dai maschi. Continuo a pensare che le donne promuoverebbero meno conflitti.” Dall’intervista per Nikon school. Letizia adorava i giovani, credeva nelle nuove generazioni e sognava una Sicilia libera dalla mafia. Quest’ultima purtroppo c’è ancora anche se ha cambiato veste: sopravvive conquistando nuovi campi e si sviluppa utilizzando nuovi modi che hanno preso distanza da quella che era la ripetuta violenza del passato. Inevitabilmente è meno potente di allora, non è più lo stesso bagno di sangue degli anni ’70, ’80 e ’90. Questo è stato possibile grazie al lavoro che ha fatto la magistratura e a tutti coloro che hanno dedicato la loro vita alla lotta alla mafia. Oggi in quella lista di persone che hanno dato un importante contributo c’è anche il nome di Letizia Battaglia e i suoi archivi di fotografia racconteranno sempre istanti impossibili da dimenticare.

“Abbiamo fatto di tutto, con passione, per lottare contro questa brutta bestia che era e che è la mafia.”

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