Allergie e intolleranze alimentari in aumento: le cause e teorie più dibattute

Chi non si è ritrovato almeno una volta a cena con un amico celiaco o intollerante al lattosio, per esempio, che ha dovuto per forza chiedere una variazione del piatto?

Oggi c’è chi ritiene che l’integrazione di soluzioni alternative nei menù dei ristoranti o tra gli scaffali dei supermercati sia solo una ‘moda’. Non è così semplice in realtà: quello delle allergie e delle intolleranze alimentari è un problema concreto ed in continuo aumento. Il mercato alimentare, negli ultimi anni, si è impegnato nella produzione di cibi senza glutine, lattosio, uova, soia, frutta a guscio e altri alimenti che la Commissione europea ha suggerito come “potenziali allergeni”. Questo proprio perché i casi di reazioni avverse al cibo sono aumentati significativamente negli ultimi decenni. Ma, chiariamo subito la differenza fra intolleranza e allergia alimentare: la prima è un disturbo decisamente meno grave, che non coinvolge il sistema immunitario. In genere i sintomi sono variabili, ad esempio: nausea, gonfiore addominale o piccoli sfoghi cutanei, ma bisogna anche considerare che le intolleranze possono scomparire, o riaccutizzarsi, negli anni. Un allergia alimentare invece può provocare serie reazioni come shock anafilattico, orticaria, gonfiore della gola, della lingua e del viso.

Cos’è esattamente un’allergia?

In particolare, l’allergia è una reazione immunitaria scatenata dall’incontro degli allergeni con gli anticorpi, a cui l’organismo risponde rilasciando i cosiddetti ‘mediatori chimici’, tipol’istamina.  Infatti, nelle allergie alimentari, succede che il sistema immunitario scambia una sostanza alimentare presente in un cibo per una minaccia (allergene) e, al primo contatto con essa, risponde producendo particolari anticorpi, le immunoglobuline E, IgE. Dalla successiva assunzione di quella specifica sostanza o alimento, gli anticorpi IgE intervengono segnalando al sistema immunitario di rilasciare nel sangue la sostanza chimica detta istamina. Per cui, ci sarà un primo episodio di sensibilizzazione ed eventualmente un secondo episodio in cui il corpo scatenerà la reazione allergica, dunque l’istamina gioca un ruolo chiave nella manifestazione dei sintomi delle reazioni allergiche!

Le teorie più dibattute sulla crescita delle allergie alimentari

Secondo le statistiche nazionali, i soggetti allergici ed intolleranti ad alcuni alimenti sono triplicati negli ultimi 40 anni e le cause non sono ancora state individuate con certezza, tuttavia tra le teorie più dibattute ci sarebbero: le condizioni igieniche, il cambiamento degli stili di vita, la genetica, la mancanza di vitamina D e i fattori ambientali. Sembrerebbe infatti, che le allergie si sviluppano maggiormente nelle aree urbanizzate rispetto a quelle rurali, questo perché se da un lato aumenta l’inquinamento ambientale, dall’altro aumentano anche le condizioni igieniche ed essendo meno esposti ai germi e trascorrendo meno tempo in mezzo alla natura, il nostro sistema immunitario non viene sufficientemente messo alla prova ed esposto a batteri e virus. Come scrive Umair Irfan su Vox: “I paesi in via di sviluppo vedono aumentare le probabilità di allergia man mano che il loro tenore di vita migliora. In Cina, i casi di allergia alimentare sono aumentati dal 5 per cento nel decennio tra il 1999 e il 2008 all’8 per cento tra il 2009 e il 2018. Le persone che emigrano dai paesi più poveri ai paesi più ricchi, vedono salire le loro probabilità di riscontrare un’allergia, e i loro figli presto sperimentano allergie con la stessa frequenza dei residenti nativi”.

Si ritiene anche che le allergie tendano alla familiarità, dunque la genetica è una delle principali fonti di sviluppo di questi disturbi! Esistono infatti persone molto più sensibili allo sviluppo di reazioni avverse, il rischio tendenzialmente aumenta se in famiglia sono presenti altri disturbi allergici.

Bisogna anche prendere in considerazione le nostre abitudini nutrizionali, oggi i cibi sono meno contaminati da microrganismi, anche l’acqua che beviamo è quasi sempre depurata e ciò comporta una ridotta esposizione ad agenti infettivi e batteri, con il conseguente aumento delle probabilità di sviluppare un’allergia. Inoltre con il crescere delle importazioni, giungono a noi cibi da tutto il mondo e il nostro sistema immunitario entra in contatto con allergeni prima d’ora sconosciuti. Tra l’altro, come spiegato da Riccardo Borgacci su Mypersonaltrainer “esistono allergie che risultano più frequenti in determinate aree geografiche e questo sembra correlato alle abitudini alimentari della popolazione locale, perché tanto maggiore è il consumo di un alimento e tanto superiore è la probabilità che ci si possa sensibilizzare ad esso. Un esempio è dato dall’allergia al kiwi, un tempo sconosciuta in Italia ma diventata frequente a partire dagli anni ’80, da quando, cioè, l’alimento è entrato a far parte delle normali abitudini dietetiche degli italiani. L’allergia al riso è un altro chiaro esempio, poiché è praticamente sconosciuta in Italia ed in Europa, mentre è molto frequente nei Paesi asiatici, dove l’alimentazione è quasi esclusivamente basata sul consumo di questo cereale”.

Alcuni ricercatori sostengono che, la vitamina D svolge un ruolo cruciale nella regolazione del sistema immunitario; secondo recenti studi, al diminuire dei livelli di vitamina D (poiché la gente passa più tempo al chiuso, soprattutto nei paesi più sviluppati), aumentano i casi di allergia alimentare.

I disagi quotidiani legati alle allergie

Se ci mettessimo per un attimo nei panni di una persona allergica o intollerante, capiremmo subito di trovarci in seria difficoltà, soprattutto se il disturbo dovesse interessare uno degli alimenti principali della nostra dieta, come il glutine, il latte, le uova. Fare i conti con una o più allergie è un grande disagio, spesso la gente preferisce rinunciare ad una cena fuori proprio perché non tutti i ristoranti fanno attenzione alle contaminazioni, e sarebbe come affidare la propria vita ad uno sconosciuto! Inoltre, è anche estremamente dispendioso, poiché i costi di prodotti senza lattosio o senza glutine sono decisamente più elevati rispetto ai classici alimenti. A questo proposito Vox riporta che: “Tra visite mediche, ospedalizzazioni, medicine, assistenza sanitaria, perdita di produttività e pasti specifici, le allergie alimentari costano all’economia statunitense quasi 25 miliardi di dollari all’anno”.

di Veronica Ripa

Le informazioni contenute in questo articolo sono da intendersi a puro scopo informativo e divulgativo e non devono essere intese in alcun modo come diagnosi, prognosi o terapie da sostituirsi a quelle farmacologiche eventualmente in atto. In nessun caso sostituiscono la consulenza medica specialistica. L’autore ed il sito declinano ogni responsabilità rispetto ad eventuali reazioni indesiderate.

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