Testamento biologico a 20 anni: tu lo faresti?

Fare o non fare il testamento biologico? In Italia il numero di persone non più autosufficienti è cresciuto sempre di più e spesso comprende ragazzi giovanissimi

Fonte: freepik.com

A quale età è giusto fare il testamento biologico? Prima di provare a dare una risposta, bisogna chiarire il significato di testamento biologico. Secondo un’indagine condotta dall’Associazione Luca Coscioni, a 5 anni dalla regolamentazione della legge 219 del 22 dicembre 2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018, e conosciuta come legge sul Testamento Biologico o biotestamento, solo lo 0,4% degli italiani sa cosa sia.

Il testamento biologico è un atto scritto che ognuno di noi può fare, in cui si decide se essere a favore di alcuni trattamenti sanitari, alle terapie, e agli esami diagnostici, ai quali ci vorremmo sottoporre o meno nel momento del bisogno, e soprattutto quando non si hanno più le capacità decisionali. Non è un semplice foglio: infatti prima di sottoscriverlo bisogna essere informati su alcune tematiche, come la nutrizione artificiale, le cure e le terapie sperimentali. È sicuramente molto utile perché si prendono decisioni in termini di salute e tutela, in prospettiva di un futuro lontano, ma molto spesso più vicino di quanto si possa credere.

In Italia, negli ultimi anni si è registrato un aumento di persone non più autosufficienti. Questo dato ha generato grande preoccupazione in molti, che si sono chiesti chi avrebbe poi garantito il rispetto delle loro volontà nel caso in cui si ritrovassero in una condizione molto simile. Non sempre purtroppo i nostri desideri sono gli stessi dei nostri genitori ed è giusto tutelarsi.

Come si scrive il testamento biologico?

Deve essere redatto in forma scritta e da un soggetto che abbia le capacità di intendere e di volere. Può avere tre forme: una scrittura privata autenticata; un atto pubblico notarile o un documento redatto tramite pc senza dimenticare la sottoscrizione e la data. La situazione può essere maggiormente critica quando il soggetto direttamente interessato, che vuole manifestare in anticipo le sue decisioni, non è in grado di scrivere. In questi casi, sono stati garantiti degli strumenti nuovi come la tecnica della videoregistrazione o una nota audio.

Una domanda che sorge spontanea è: quanto è affidabile il testamento biologico? Ovvero, siamo sicuri che venga rispettato quando sarà il momento? Il professionista sanitario per legge deve attenersi a quanto è stato scritto dal testatore, indipendentemente dai suoi pensieri in merito. Nel caso, c’è la possibilità che un fiduciario si assuma il compito di far rispettare i desideri del testatore, soprattutto se si dovesse creare un conflitto con il medico in disaccordo. Dopo averlo redatto, deve essere trasmesso all’Ufficio di Stato Civile di riferimento, in cui è presente un registro dei testamenti biologici, oppure direttamente presso la struttura sanitaria in cui si è già in cura (consultare il seguente link).

Ad oggi solo 186 mila persone hanno compilato il testamento biologico, soprattutto perché ritengono di non essere informati a sufficienza. Il ministero della Salute ha una pagina dedicata a riguardo, ma non è mai stata realizzata una campagna informativa. La stesura del testamento può essere fatta a partire da alcuni modelli facsimile messi a disposizione dai comuni italiani, oppure richiedere direttamente a questo link  quello dell’associazione Luca Coscioni, o a quest’altro link quello della Fondazione Veronesi.

Inoltre, bisogna precisare che il testamento biologico è del tutto gratuito, non è richiesto il versamento di nessun contributo. Nel momento in cui il testatore elegge un fiduciario (se ne consigliano sempre due, nel caso in cui uno sia impossibilitato) può in qualsiasi momento revocare la nomina senza fornire le motivazioni. Quindi, è un documento che si può sempre modificare, basta compilarne uno nuovo e depositarlo, scrivendo: “Il presente modifica/elimina ogni altra disposizione anticipata di trattamento precedentemente depositata”. Una volta consegnato nel proprio comune di residenza all’Ufficio di Stato civile, quest’ultimo dovrà rilasciare una ricevuta al testatore e trasferirlo poi alla Banca dati nazionale.

Ritornando al caso in cui non sia possibile per il soggetto scrivere il testamento, se decide di far uso della videoregistrazione, sarebbe meglio inquadrare anche dei testimoni. La videoregistrazione può essere sempre mandata al proprio Comune, il quale penserà a registrarla nella Banca dati nazionale.

Esiste una casistica per cui un medico possa opporsi alle decisioni del testatore, cioè nel caso siano emerse nuove terapie e possibilità concrete di miglioramento delle condizioni di vita. Se nasce un conflitto tra il medico e il fiduciario, la scelta finale aspetterà solo al giudice.

Una sezione del modulo per compilare le DAT, consigliato dall’associazione Luca Coscioni Fonte: ilpost.it

Farlo o non farlo? Ecco quante persone hanno aderito

L’indagine condotta in collaborazione con le Cellule Coscioni ha chiesto a 6.500 comuni italiani quante DAT, Disposizioni Anticipate di Trattamento, sono state ricevute dall’entrata in vigore della legge e quante di queste sono state trasferite alla Banca dati nazionale del ministero della Salute. I comuni hanno detto di aver ricevuto circa 4.665 DAT e quelle trasferite alla Banca sono state circa 4.170. Dall’entrata in vigore a oggi sono state depositate 186mila DAT e ne sono state inviate 145mila. Lo studio che è stato condotto è consultabile a questo link. Sono numeri molto bassi se si pensa alla facilità con cui si possa fare domanda, sia online tramite la richiesta del modello di Luca Coscioni ma non solo.

Spesso uomini e donne di una certa età si sentono in dovere di scrivere il testamento biologico, probabilmente perché credono di essere più vicini a quella condizione. I ragazzi, soprattutto chi si trova ancora nella fase adolescenziale, hanno altre preoccupazioni, di conseguenza questa non è una delle tematiche di maggiore interesse per loro.

Tuttavia c’è sempre un’eccezione: nel maggio del 2011 un gruppo di giovani democratici si sono recati negli uffici dell’anagrafe di via Scarlatti a Perugia, consegnando il proprio testamento biologico; il gruppo era composto da: Franco Parlavecchio, segretario del Pd; Francesco Zuccherini, segretario Gd di Perugia; Tommaso Boni, promotore dell’istituzione del registro e Daniele Chiappini, coordinatore della segreteria provinciale del Pd. Le parole rilasciate dopo aver consegnato i testamenti biologici sono state le seguenti: “Una scelta individuale per ognuno di noi a cui abbiamo voluto dare un valore di testimonianza rispetto al tema fondamentale della libertà sui trattamenti medici a cui essere o non essere sottoposti”.

Parlavecchio, Zuccherini, Boni e Chappini Fonte: umbria24.it

Una ricerca nazionale promossa da Vidas, associazione che offre assistenza sociosanitaria a persone con malattie inguaribili, e realizzata da Focus Management a partire da un campione di 1602 cittadini, ha rilevato come in Italia solo lo 0,7% della popolazione ha redatto le DAT e solo 3 persone su 10 si sono poste di pianificare il proprio fine vita.

Secondo la ricerca le persone più sensibili a questa tematica sono le donne, non credenti, di età compresa fra i 26 e i 40 anni, con un livello di istruzione medio-alto e residenti principalmente nelle regioni del nord-ovest. I meno informati sono coloro che vivono al sud e sono credenti di età superiore ai 70 anni. La ricerca di Vidas è stata presentata a Palazzo Marino, sede del comune di Milano. Solo il 19% dichiara di essere ben informato, mentre il 28% non sa cosa sia il testamento biologico. In una scala da 1 a 7, dove 1 indica ‘assolutamente contrario’ e 7 significa ‘assolutamente favorevole’, il valore medio è di 4,5. In Basilicata si registra un 5,3 mentre in Piemonte un 4,9 e in Lombardia un 4,7.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

Il 32% sostiene che il momento più adatto per decidere sia il prima possibile anche in condizioni di salute ottimali, mentre per il 25% è opportuno solo in una situazione di malattia. Ciononostante, purtroppo sono ancora in molti a rimandare questa scelta a un tempo indefinito. Quello che preoccupa maggiormente, come dice Barbara Rizzi, medico palliativista e direttore scientifico di Vidas “è la scarsa conoscenza della legge nel mondo sanitario e in particolare tra i medici, da quelli di base fino a quelli di pronto soccorso e agli anestesisti rianimatori”.

Sebbene un’età giusta non ci sia e i pareri siano molto discordanti tra loro, bisognerebbe pensare in anticipo alla propria salute. Non si è mai troppo giovani per farlo.

di Patricia Iori

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