Le merendine italiane compiono 70 anni: ma come sono cambiate?

La rivoluzione 'silenziosa' delle merendine: -30% di zuccheri, -20% di grassi saturi e -21% del contenuto calorico. Sempre buone ma con un giusto equilibrio tra gusto e salute

L’Unione Italiana Food mostra come il settore delle merendine sia in costante crescita, per un valore di 1,3 miliardi di euro pari al 29% del totale dei Prodotti da Forno e Cereali, non a caso ogni anno vengono promosse 8-10 nuove merendine sul mercato.

Nel 1953, il Mottino, una specie di panettone di piccolo formato, si è trasformato nel Buondì, e da lì verranno introdotte sul mercato altre merendine molto note come la Brioss o la Crostatina. La ricerca BVA DOXA – Unione Italiana Food ha dimostrato che le merendine sono consumate da 8 italiani su 10 (83%) e che vengono mangiate almeno 1-2 volte a settimane dalla maggior parte delle persone.

Tra le tipologie più vendute, secondo una rivelazione Circana relativa all’anno 2022, si hanno: i trancini (32%), i croissant (27%), i plumcake (9,6%), le tortine (8%), le sfoglie (6,3%), le crostatine (5,3%), le altre brioches (4,7%) e i panini al latte (4,6%).

Nel grafico a torta sottostante, a partire da un campione di 18 persone, di età media tra i 25 e i 60 anni, sono state ottenute le seguenti risposte (il grafico è stato realizzato da me tramite Google Forms). L’obiettivo è stato quello di valutare le abitudini alimentari e soprattutto di acquisto, confrontandole con i dati precedenti.

Tutte le merendine che hanno fatto la storia

Fonte: unsplash.com

Negli anni Cinquanta, il Buondì era la merendina per eccellenza con cui si faceva la pausa pomeridiana, poi negli anni Sessanta arriva la “Brioss”, pan di spagna farcito con marmellata. Il successo della “Brioss” si deve anche alle prime raccolte punti, soprattutto incentivate da concorsi come “una giornata con il tuo calciatore preferito”. Nel medesimo anno, si è diffusa la “Fiesta”, la cui notorietà sarà legata anche al Carosello e al jingle pubblicitario interpretato dai Ricchi e Poveri. Le novità non finiscono, con la “Girella” nel 1973, riconoscibile per la sua forma a spirale e per “Toro Farcito” costretto a difendere la sua merendina preferita dagli assalti del Golosastro. Nel 1975, si ha “Kinder Brioss”, mentre nel 1978 con il “Saccottino”, farcito all’albicocca, cioccolato o crema, e la “Crostatina” con molte sorprese nella confezione.  Nel 1981, “Kinder Colazione Più” con cinque cereali diversi, i “Tegolini (1983) e i “Soldini” (1986), quest’ultimi ricordati per la monetina che veniva staccata e mangiata subito. Sempre negli anni Ottanta, nasce un’idea innovativa di merendina, cercando di unire le fibre allo yogurt, come con le “Camille”, tortine alle carote e mandorle ma anche i “Plumcake”. Negli anni Novanta, si diffondono le merendine da conservare in frigo, dal “Kinder fetta al latte” al “Kinder Pinguì”, fino alla diffusione dei “Croissant”.

Negli anni Duemila, le merendine vivono una fase di rinnovamento, grazie a un equilibrio tra leggerezza e gusto, e con la diminuzione dell’apporto calorico, come la quantità di zucchero e di grassi saturi, ma anche grassi idrogenati e acidi grassi trans.

Meno grassi e meno zuccheri: ecco i nuovi valori nutrizionali

Fonte: ilfattoalimentare.it

Molte persone non sanno che la composizione di questi dolci sia migliorata nel tempo, grazie alla scomparsa dei grassi trans, una forma particolare di grassi insaturi, ma anche con la scomparsa dell’olio di palma. Tre italiani su quattro sono fortemente convinti che l’obesità infantile possa dipendere dal consumo eccessivo di merendine, sebbene, come sostiene Aidepi, Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane, l’obesità dipende non solo da ciò che si mangia ma anche dallo stile di vita, se si pratica dello sport si ha una maggiore possibilità di bruciare le calorie. Sei italiani su dieci invece pensano che una sola merendina possa far superare il fabbisogno giornaliero di zucchero di un bambino, una certezza infondata in quanto non è l’unico pasto contenente zucchero. Secondo le Linee guida dell’Oms, gli zuccheri semplici, ossia quelli aggiunti, o quelli che troviamo normalmente nel miele e nei succhi di frutta, non dovrebbero coprire più del 10% del fabbisogno calorico giornaliero. Queste linee guida parlano di una quota di zuccheri da non superare e non di un fabbisogno di zuccheri semplici, in quanto non esiste.

Secondo Margherita Caroli, esperta in nutrizione pediatrica, past president dello European Childhood Obesity Group, Gruppo europeo obesità infantile, lo zucchero per l’organismo è come un colpo di pistola, che stimola la produzione di insulina, e come conseguenza la glicemia si abbassa rapidamente e l’effetto di sazietà dura poco. Gli zuccheri della frutta hanno un effetto diverso, poiché con la presenza della fibra, il rilascio è più graduale.

In ogni caso, negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a una vera e propria rivoluzione ‘silenziosa’ delle merendine. Il contenuto di zuccheri è stato diminuito del -30%, del -20% quello dei grassi saturi e del -21% il contenuto calorico. Nel 2008, la quantità di grassi saturi presenti nelle merendine era di circa 11g ogni 100 di prodotto, poi è scesa a 8,8g (-20%), al di sotto dell’obiettivo di 10g, voluto dal Ministero. Il contenuto di grassi saturi è sceso a 6,4g se si considerano solo le merendine base pan di spagna e pasta sfoglia. Anche la presenza di zucchero è stata ridotta del -30% passando dai 35g per ogni 100g di prodotto del 2008 ai 25g del 2017, lo stesso Ministero della Salute si era fissato l’obiettivo di 28g. Per quanto riguarda invece il contenuto calorico, oggi quello medio per porzione è circa di 157 kcal contro le 200 kcal di dieci anni fa (-21%).

Valeria De Balzo, biologa nutrizionista, ha sostenuto che: “La riduzione della quantità di zuccheri, grassi saturi e del valore energetico per porzione rende le merendine, ancor di più rispetto al passato, una delle alternative nutrizionali alla merenda degli italiani […] sono caratterizzate da un modesto contenuto di calorie, vanno dalle 110 delle più semplici fino alle 180 delle più ricche, e coprono in media tra il 6 e il 7% della quantità di energia raccomandata ogni giorno a bambini e ragazzi”.

L’obiettivo è stato quello di ‘rivisitare’ le merendine che hanno fatto successo, mantenendo la solita piacevolezza, senza però penalizzare gli aspetti nutrizionali, e offrendo il giusto equilibrio. Non solo si è cercato di diminuire gli zuccheri e i grassi saturi, ma anche di eliminare i conservanti.

Bisogna anche ricordare che le industrie alimentari cercano il bliss point, ossia il punto di beatitudine che rende un prodotto irresistibile, e che siamo quotidianamente sottoposti a delle campagne di marketing che esaltano qualsiasi tipo di dolciume.

di Patricia Iori

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