C’è spazio per i corpi “grassi” al cinema?

Come vengono rappresentati i corpi grassi al cinema? Esiste una visione positiva o negativa? Nonostante i continui pregiudizi, sembra che qualcosa stia cambiando, come dimostrano le serie tv Shrill e Dietland

Esistono molti reality show che mostrano sullo schermo corpi grassi, come Vite al limite, The Biggest Loser, Obesity Factor, o spot il cui messaggio è quello di dimagrire e rinascere. Si evince così, che l’obiettivo sembra essere quello di promuovere un corpo magro, come se fosse sinonimo di corpo in salute, sebbene non sia sempre così.

Anche il termine “grassofobia” ricorre spesso in questi casi, e non è altro che la traduzione italiana del termine fat shame, ossia un bias comportamentale e discriminatorio che descrive e valuta le persone a partire dal loro peso. Uno studio, condotto dall’università di Marburgo, avrebbe dimostrato come le persone che si ritrovano a vivere in un corpo grasso, siano coloro che trovano maggiori difficoltà a inserirsi nel campo lavorativo, percependo anche uno stipendio minore rispetto alla media.

Anche la scrittrice Amy Erdman Farrell, con il suo saggio Lo stigma del corpo grasso, pubblicato nel 2011, ha affrontato questa tematica, ricordando come questo stigma sia nato già a partire dall’Ottocento con l’avvento delle prime industrie dietetiche. Esistono due fasi secondo Farrell: la prima è detta “fase premoderna”, in cui il concetto di grasso era sinonimo di ricchezza; successivamente si è parlato di “fase moderna”, soprattutto con la nascita dell’industria alimentare e dietetica, in cui l’idea di grasso è diventata una condizione associata alla pigrizia.

Purtroppo, sono pregiudizi ancora molto radicati nella società, che influenzano le rappresentazioni multimediali.

Quando il cinema è lo specchio della società

Monica Geller (Courteney Cox) nella serie tv Friends Fonte: boldzine.com

Nella serie tv Upload (2020), in una scena una donna chiede a un uomo “Hai mai mangiato in un fast food?” e lui risponde “Per favore”, con un tono alquanto sarcastico, mostrando il suo corpo magro e muscoloso. Questo è uno dei tanti esempi che si potrebbero fare, di come ancora una volta il corpo grasso venga visto come la conseguenza di una “cattiva alimentazione”. Un altro esempio, sono i personaggi come Homer Simpson e Peter Griffin, che vengono mostrati mentre mangiano cibo spazzatura seduti su un divano davanti alla tv.

Ciò che fa maggiormente riflettere è l’esistenza di una sola e unica rappresentazione del corpo grasso. Un altro caso è in Friends con Monica Geller (Courteney Cox), che durante un flashback decide di dimagrire per sedurre e poi umiliare Chandler Bing (Matthew Perry), perché l’aveva chiamata “balena”. E ancora, in Avengers: Endgame (2019), il personaggio di Thor (Chris Hemsworth) a causa della sua frustrazione dopo aver perso la battaglia contro Thanos (Josh Brolin), si abbandona a un aspetto trasandato e in un corpo grasso. Altro dettaglio da ricordare, è quando Thor rivede sua madre morta e prima di separarsi, lei gli dice di “mangiare un’insalata”.

Collegare l’idea di corpo grasso a una cattiva e non sana alimentazione e a un’assenza di attività fisica non è del tutto sbagliato, ma non sono nemmeno le uniche cause, e sarebbe interessante comprendere anche le ragioni che ci portano ad assumere un’alimentazione sbagliata e a essere pigri. Innanzitutto, tra le altre cause che portano all’obesità abbiamo: casi di origine genetica, alterazioni ormonali e metaboliche, come anche disfunzioni della tiroide.

Il Ministero della Salute, sul suo sito a proposito del tema Alimentazione, nella sezione rischi di una cattiva alimentazione, avrebbe detto: “L’assunzione errata di alimenti, sia nella quantità che nella qualità, può essere uno dei fattori principali nella determinazione di stati patologici quali: ipertensione arteriosa, malattie dell’approccio cardiocircolatorio […] il rischio di obesità, in particolare, è determinato oltre che da un eccesso di calorie introdotte, rispetto a quelle consumate, anche da uno stile di vita sedentario”. Il Ministero, con queste parole, tende ad associare la responsabilità esclusivamente ai comportamenti scorretti adottati dai singoli. Ciò che il Ministero omette, è come queste condotte siano in realtà influenzate dalle condizioni sociali, economiche e culturali in cui viviamo.

La principale colpa di una cattiva alimentazione è da attribuire al sistema alimentare e alla pressione dell’industria stessa. In Cile, dal 2016, è obbligatorio apporre nella parte frontale delle confezioni degli alimenti processati dei bollini neri, al fine di mostrare al possibile acquirente come questi cibi superino le quantità di grassi saturi e non solo, indicate dal Ministero della Salute. L’obiettivo è di informare in modo chiaro e trasparente il cliente. La scelta adottata dal Cile è stata funzionale, ottenendo una diminuzione degli acquisti relativi ad alcune categorie di cibo: 14% in meno nell’acquisto di cereali per la prima colazione; un calo del 25% nell’acquisto delle bevande zuccherate e una riduzione del 17% nell’acquisto di dolci confezionati. Percentuali che dimostrano come l’acquirente sia stato più consapevole e attento nella sua spesa.

Nel 2011, la Finlandia decise di intraprendere un programma al fine di arginare il problema dell’obesità infantile, considerando il problema per quello che era. Innanzitutto, si occupò di: migliorare la pianificazione urbana promuovendo una maggiore attività fisica; adottare menù scolastici a base di ingredienti più sani; regolamentare la pubblicità degli alimenti e applicare una tassa alimentare su dolci e gelati. Il risultato ottenuto mostrò come non si potessero risolvere i problemi puntando il dito contro ogni singola persona.

In riferimento al personaggio di Thor, il suo aumento di peso non è così banale. Non bisogna dimenticare come la depressione o l’ansia possano causare un aumento di peso, anche in base ai farmaci che vengono assunti. Queste cause possono condurre la persona ad assumere cibo in eccesso, scelte alimentari povere e uno stile di vita maggiormente sedentario. L’obesità può essere così una delle cause che si possono verificare con il passare del tempo. Uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) avrebbero dimostrato come il 43% degli adulti affetti da depressione siano state vittime di obesità, sottolineando come la probabilità di trovarsi in sovrappeso sia maggiore negli adulti a cui è stata riscontrata la depressione.

Qualche volta può succedere che la rappresentazione multimediale fatta non sia del tutto negativa, piuttosto positiva ma da un punto di vista comico, come con la coppia Jonah Hill e Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street (2013), oppure se i personaggi sono i protagonisti di un film o di una serie tv, il film appartiene sicuramente al genere comico: come con Melissa McCarthy, Rebel Wilson e Amy Schumer.

Anche il concetto di desessualizzazione è comune nei personaggi dai corpi grassi. Si tende a pensare che solo chi ha un corpo magro sia in grado di attrarre gli altri, provando invece una sorta di disgusto per i corpi non conformi. Così è evidente nella serie tv Le terrificanti avventure di Sabrina (2018-20), in cui Hilda Spellman (Lucy Davis), la zia buona della protagonista, vista come donna grassa, si oppone all’altra zia magra ma severa di nome Zelda Spellman (Miranda Otto). Nella serie tv, si sottolinea come Hilda non abbia mai avuto un rapporto sessuale, fino a quando non inizierà una relazione con quell’uomo che l’ha amata fin da subito per il suo aspetto interiore. Una situazione molto simile è presente anche nella serie tv Euphoria (2019- in corso), in cui Kat Hernandez (Barbie Ferreira) è stata lasciata dal suo ragazzo perché è in sovrappeso ed è l’unica delle sue amiche a essere ancora vergine, motivo per cui la perderà con il primo ragazzo che incontrerà. Per fortuna, qui Kat interpreta il concetto di body-positivity, infatti, alla fine riuscirà a trovare la giusta sicurezza, apprezzando il suo corpo.

Charlie (Brendan Fraser) nel film The Whale Fonte: mymovies.it

Un film che merita un’attenzione particolare è sicuramente The Whale (2022) di Darren Aronofsky, presentato lo scorso anno al Festival del Cinema di Venezia, che è stato candidato a ben tre nomination agli Oscar 2023, vincendo Brendan Fraser l’oscar come miglior protagonista. È un film che ha fatto parlare molto di sé, soprattutto per quanto riguarda il tema della fat suit, indossata da Brendan Fraser nei panni di Charlie.

Charlie è un professore di inglese obeso che tiene dei corsi di scrittura universitari sempre in videoconferenza, non attivando mai la sua webcam per paura di mostrare il suo fisico, ciononostante, cercherà di riscattarsi. In molti hanno criticato questa produzione cinematografica, accusandola di grassofobia, proprio perché non sembra allontanare il protagonista da questi stereotipi. La grassofobia fa riferimento a due condizioni che per molti si sviluppano contemporaneamente: si pensa che la persona presa in considerazione voglia cambiare la sua condizione e che tale azione debba per forza dipendere da una forza di volontà, che in tal caso, sembra essere assente.

Lo stesso Samuel D. Hunter, autore della sceneggiatura del film, racconta come The Whale, adattamento cinematografico dell’omonima opera teatrale del 2012, sempre scritta da lui, non sia altro che una storia basata sulla sua esperienza personale durante gli anni del college, la cui depressione si è espressa con un aumento del peso. Hunter ha riferito che “quando ho perso peso, sono rimasto scioccato da come le persone erano in generale più carine con me, tipo i cassieri o la gente per strada […] cosa mi sarebbe accaduto se non avessi avuto una rete di supporto? […] penso che Charlie potrei benissimo essere io”.

In questo film, Fraser indossa una tuta per il corpo e ulteriori make-up prostetici per avere l’aspetto di Charlie, oltre a sottoporsi all’effetto della GCI, ossia Computer-generated imagery.

Il corpo grasso chiede riscatto al cinema?

Annie Easton (Aidy Bryant) nella serie tv Shrill Fonte: hollywoodoutbreak.com

Due esempi un po’ diversi, in cui si tratta sempre il corpo grasso ma da un punto di vista positivo, ossia di riappropriazione di sé, è il caso della serie tv Dietland (2018), ispirata all’omonimo romanzo del 2015, e la serie tv Shrill (2019), trasposizione del libro Shrill: Notes from a Loud Woman (2016). Sebbene, il nome Dietland possa far credere che sia la solita storia di una ragazza che vuole perdere peso, la serie poi prende una svolta differente. La protagonista Plum Kettle (Joy Nash) è la ghostwriter di una rivista femminile, il cui lavoro è quello di rispondere alle lettere delle lettrici. Tutto cambia, quando viene chiamata dalla Calliope House, una comunità composta da donne che rifiutano le regole della società, da lì capirà che il suo corpo non ha nulla che non va. Si rende conto che la società le ha fatto credere che il suo corpo fosse sbagliato.

Nel caso di Shrill, si parla di una donna rumorosa, loud woman, ossia una donna che non scende a compromessi con nessuno, soprattutto non le interessa ciò che dicono gli altri su di lei. La protagonista è Annie Easton (Aidy Bryant), una giovane redattrice attiva che crede a quello che fa, e che mette a tacere ciò che la società pensa. Lindy West, autrice del libro da cui è stata tratta la serie tv, ha dimostrato come “l’essere grassa non riguarda ogni momento della vita della persona grassa, che invece sta cercando di godersi lo stesso tipo di vita complicata, eccitante, divertente, bella e difficile di tutti gli altri”. Finalmente, qui sono presenti delle scene sessuali tra persone grasse, e non più con l’obiettivo di deriderle.

Bisogna smetterla di avere dei pregiudizi sul corpo altrui, piuttosto dovremmo riappropriarci delle proprie forme.

di Patricia Iori

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