Il giornalista Luca Misculin e il podcast “La Nave”, direttamente dalla Geo Barents

Il giornalista de Il Post è salito a bordo della nave ONG giovedì 16 marzo fino al completamento della missione per capire come funziona, come ci si vive e cosa vuol dire soccorrere nel Mediterraneo

Geo Barents

La nave è il podcast di Luca Misculin, giornalista de Il Post, realizzato direttamente dalla Geo Barents, la nave nel Mediterraneo di Medici senza frontiere. Tramite questo podcast, composto da 12 puntate reperibili anche su Spotify, il giornalista ha cercato di raccontare ogni giorno, dal 16 marzo fino alla fine della missione, come funzionano le cose a bordo della Geo Barents, mostrandoci soprattutto tutto ciò che bisogna sapere sulle attività di navi di ricerca e soccorso delle ONG (organismi no-profit che svolgono il proprio lavoro senza fini di lucro, utilizzando principalmente finanziamenti esterni). Per esempio, ha spiegato quanto siano grandi, chi lavora a bordo, come si effettua un soccorso e quanto sia difficile rimanere lucidi mentalmente in alcune situazioni.

Come lavora la Geo Barents?

Luca Misculin, giornalista de Il Post Fonte: facebook.com

Giovedì 16 marzo, la Geo Barents è salpata dal porto di Augusta per una missione nel Mediterraneo centrale. La partenza era stata programmata verso fine febbraio, ma è stata posticipata a causa del fermo amministrativo imposto il 23 febbraio dal Governo Meloni, voluto per aver violato il codice di condotta esteso a tutte le navi delle ONG (al seguente link per approfondire).

La missione principale della Geo Barents è quella di soccorrere i migranti in difficoltà – ricorda Misculin – e lo stesso podcast cerca di raccontare come si svolgono queste operazioni. La prima puntata è stata dedicata proprio a come sia strutturata la Geo Barents, ricordando come, inizialmente, non fosse utilizzata da Medici Senza Frontiere, ma per indagini geologiche in cui venivano gettati dei cavi metallici molto lunghi con dei sensori che sparavano delle onde d’urto nel mare e, a seconda di come rimbalzavano sul fondale, si poteva capire se c’era un giacimento. Oggi, i cavi non sono più presenti ma sono ancora visibili a bordo le bobine che li contenevano. Tale spazio è utile per ospitare più persone possibili soccorse nel Mediterraneo.

Lunga 77 metri e larga 20 metri, oltre ad avere dimensioni importanti è anche quella che dispone dell’equipaggio più esperto – l’equipaggio marittimo – composto da 37 persone, che permette la funzionalità della nave, mentre lo staff dei Medici è composto da 22 persone. I due team hanno ritmi e orari differenti e soprattutto mansioni diverse. Alla prima categoria appartengono figure tecniche come marinai, cuochi, i quali lavorano su turni sfasati, mentre il personale di Medici Senza Frontiere è più visibile e riconoscibile grazie alla maglietta che indossano. Quest’ultimo equipaggio si divide in due: coloro che appartengono al SAR TEAM, squadra di ricerca e soccorso in mare, e quelli che si occupano della gestione e accoglienza dei sopravvissuti, soprannominati appunto SURVIVORS.

Inoltre la prua (la parte davanti) contiene gli ambienti chiusi riservati all’equipaggio marittimo e a quello di Medici senza frontiere, mentre la poppa (parte dietro) è costituita da due ponti parzialmente scoperti, in cui vengono ospitate le persone soccorse dal mare. I migranti, come ricorda Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di soccorso di Medici Senza Frontiere, sono sottoposti a un check rapido non appena vengono accolti a bordo.

Il personale a bordo della Geo Barents deve essere pronto ad affrontare qualsiasi situazione e, per farlo, si fanno delle esercitazioni per essere in grado di seguire i protocolli e mettere in atto i comportamenti richiesti. Queste esercitazioni sono essenziali anche per costruire il giusto affiatamento tra i componenti del team; durante i primi giorni, ci si esercita su come rianimare o come fare un massaggio cardiaco a chi ha perso i sensi. Quando i migranti vengono soccorsi, si utilizzano due gommoni scoperti a scafo semirigido, che fanno da spola tra l’imbarcazione o le persone in acqua e la Geo Barents. I due gommoni si chiamano Mike e Orca e – solitamente – un gommone si occupa di soccorrere i migranti, l’altro osserva che vada tutto liscio e poi si danno il cambio. Sul gommone c’è spazio per massimo 6 soccorritori e 30 migranti. Nel caso in cui ci fosse della gente in acqua, si lanciano salvagenti e ciambelle, cercando di tirarli su il prima possibile. Successivamente, vengono fatti salire sulla Geo Barents uno per volta.

Nel podcast Misculin ha spiegato come quasi tutti soffrano il mal di mare e come non esista nessuna esercitazione che ti possa preparare, sebbene la Geo Barents sia una nave abbastanza stabile. A riguardo, sono stati intervistati diversi membri dell’equipaggio, e tra questi anche Fulvia Conte, vice responsabile dei soccorritori a bordo, la quale ha sostenuto che ognuno abbia i propri metodi e rimedi come: prendere una boccata d’aria guardando l’orizzonte ma anche fare un’infusione di zenzero. Misculin ha chiesto un parere anche a Riccardo De Bernardi, medico responsabile della clinica di bordo, che ha consigliato di: “Mangiare e bere poco, senza esagerare, ma anche evitare le zone estreme come la poppa e la prua, perché più si sta vicino al baricentro e meno si muove la nave, e stendersi nella direzione delle onde”. A proposito di orizzonte, c’è chi lo guarda con un obiettivo del tutto diverso, ossia individuare persone e imbarcazioni in difficoltà, come fa l’equipaggio della Nave. Ovviamente, gli occhi non bastano, esistono diversi strumenti che possono fornire un aiuto: ascoltare la radio sulle frequenze VHF, soprattutto le conversazioni tra altre navi tenendosi in contatto con le altre ONG; il sistema satellitare Immarsat con cui i centri nazionali di coordinamento del soccorso marittimo comunicano i casi delle imbarcazioni in difficoltà e, molto simile a quest’ultimo, Navtex usato per comunicazioni varie da parte degli stati costieri, sia per navi in difficoltà che per comunicazioni su barche che vengono segnalate come vuote.

Medici Senza Frontiere lavora solitamente in contesti di guerra e violenza e, in base alle condizioni dei migranti, ci sono dei codici di diversi colori: il verde indica una priorità bassa; il blu viene utilizzato per una persona già morta o per la quale non c’è più nulla da fare; quello rosso per i pazienti più gravi e quello giallo per i casi meno seri, per esempio per le persone ancora coscienti che hanno bisogno di cure. De Bernardi ricorda che chi mostra sintomi gravi ed è bisognoso di cure si ferma nel pit stop; chi non si trova in tali condizioni, viene accompagnato al banco di accettazione, dove gli vengono consegnati vestiti puliti, acqua e una barretta energetica.

La deriva fisica della nave può comportare una deriva psicologica, come spiega Misculin. Ma cosa intendiamo con ciò? Durante una traversata, può succedere che il morale dell’equipaggio tenda a diminuire, ma è importante ricordarsi quotidianamente che ci si trova lì per un preciso obiettivo. Inoltre, questa deriva psicologica presente nel personale della Geo Barents può incidere negativamente sulla salute mentale delle persone soccorse. Infatti, la nave è cosparsa di cartelli motivazionali con l’obiettivo di tenere alto il morale, invitando tutti a prendersi cura della propria salute mentale. Per esempio, si può leggere che “è normale essere stanchi, sopraffatti e arrabbiati. È una reazione normale alla anormalità della ricerca di soccorso in mare”.

Basta esercitazioni, è giunto il momento di agire

Fonte: pugliapress.org

Alle 21.32 di giovedì 23 marzo è arrivato un messaggio, che annunciava un’allerta per un peschereccio con 190 persone a bordo, a circa 180 km dalle coste libiche. I responsabili della ricerca e soccorso della Geo Barents hanno così riunito in mensa le persone che sarebbero dovute salire sui due gommoni. È ancora più difficile soccorrere una barca di notte, il motore potrebbe prendere fuoco, e le persone si potrebbero buttare in acqua per paura, complicando ancora di più l’operazione di salvataggio.

L’equipaggio della Geo Barents ha calato Orca in mare con a bordo anche Luca Misculin. Orca è partita per prima seguendo le indicazioni che gli erano state fornite e, dopo un quarto d’ora di navigazione, ha raggiunto il peschereccio. Alla guida di Orca c’era Gatti, che aveva comunicato all’equipaggio della Geo Barents, rimasto sulla nave, che la situazione era sotto controllo, ma che il peschereccio era molto pieno.

Il gommone Mike si manteneva a una distanza di 10 metri per monitorare la situazione. Non c’erano donne e nemmeno bambini, solo uomini, e a ognuno di loro era stato dato un braccialetto con un numero da 0 a 190. Chi si trovava in condizioni stabili era stato accompagnato al banco di accettazione e sottoposto a un breve colloquio, poi è stata fatta un’altra fila in cui sono state fornite loro una coperta e una borsa di plastica blu con il kit di prima emergenza.

L’operazione di soccorso si è conclusa verso le 2 di mattina del venerdì. Inizialmente, i migranti erano partiti da Zuara, città sulla costa libica Occidentale, con una barca in ottime condizioni, ma una volta che erano arrivati in acque Tunisine, sono stati obbligati dai trafficanti a cedere la loro nave, andando sul peschereccio e continuando così il viaggio. Avevano solo qualche litro d’acqua e pochi biscotti.

Non tutti vogliono rimanere in Italia, alcuni di loro hanno per esempio parenti o amici in altri paesi. La legge Bossi-Fini, in vigore dal 2002 e mai abrogata, prevede che per entrare in Italia, un lavoratore straniero debba avere già un’offerta di lavoro nel nostro paese, per questo motivo, molti giungono qui clandestinamente in due modi: via terra tramite la rotta Balcanica (potete ascoltare il podcast di Valerio Nicolosi per Chora Media) o via mare, partendo dalla Tunisia o dalla Libia, rischiando purtroppo la vita.

Dal 2015 a oggi, almeno 16.000 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Italia via mare. Chi riesce ad arrivare nel nostro Paese gode del diritto di poter chiedere asilo, di essere seguito da un avvocato e ospitato in un centro di accoglienza, evitando così di finire nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio.

Missione completata

Fonte: vita.it

Il 26 marzo, verso le 17.00 la Geo Barents è arrivata in prossimità del porto di Bari. Lucia Blanco Soto, vice responsabile della missione di Medici senza frontiere, ha annunciato che stavano per iniziare le operazioni di sbarco. Ha ringraziato tutte le persone soccorse, soprattutto per la loro collaborazione. Alle 17.30 si trovavano già all’ingresso del porto di Bari, e un marinaio ha aggiunto, alle bandiere che già sventolavano (quella norvegese e quella gialla, dove quest’ultima viene usata quando una nave entra nelle acque nazionali di un certo paese, in cui dovrà sbrigare alcune pratiche doganali), una bandiera biancorossa al pennone della nave, la quale segnala la presenza a bordo del pilota di porto. L’equipaggio ha calato dei cuscini al fine di agevolare la nave, per appoggiarsi delicatamente alla banchina, sulla quale erano in attesa alcuni della Croce Rossa, volontari della Caritas e altri.

Inizialmente, è stato fatto un controllo medico da parte dei funzionari dell’USMAF insieme alla Croce Rossa. Le persone soccorse che avevano bisogno con urgenza di cure mediche erano 12 collocate a sinistra, al centro 8 minori non accompagnati e a destra 49 persone che soffrivano di scabbia. Ogni persona che arrivava al molo riceveva una mascherina, un kit con asciugamano e ciabatte, poi hanno fatto una fila per delle operazioni burocratiche. Erano già presenti i pullman per trasportali in diversi centri di accoglienza: 120 persone in Puglia, 30 in Umbria, 20 nelle Marche, 10 in Molise e i minori in una struttura a Brindisi.

Lo sbarco è finito domenica sera, anche l’equipaggio di Medici senza frontiere è sceso, ma molti rimarranno a bordo e ripartiranno martedì, non Misculin però. Per chiudere una missione di soccorso c’è un messaggio in codice da dire: “Il team di Medici Senza Frontiere (ripetuto) soccorso completato”.

di Patricia Iori

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