I fascismi si intrufolano in democrazia: Michela Murgia aveva ragione

Censure, controllo dei corpi e violazione delle libertà personali: è possibile che il fascismo si insinui anche nei meccanismi della democrazia?

È passato un anno dallo scorso Salone del libro, quando una profetica Michela Murgia, intervistata da Andrea Malaguti, parlava di come il fascismo si stesse infilando all’interno dei meccanismi democratici.

Siamo abituati a pensare al fascismo come al polo opposto della democrazia sancita dalla Costituzione, ma come faceva notare Murgia, è ingenuo pensare che si ripresenti con le stesse fattezze e le stesse modalità con cui lo ha fatto in passato: non indosserà più il fez e la camicia nera, non si presenterà con l’olio di ricino e i manganelli, ma passerà attraverso gli strumenti democratici deformandoli progressivamente.

Riconoscere il fascismo sotto le maschere con cui si presenta diventa così un continuo allenamento, che viene però reso più facile dalla sempre più evidente difficoltà nel prendere una posizione di netto distacco dalla dittatura che ha segnato così profondamente la storia recente dell’Europa e del nostro paese. Definirsi antifascisti sembra richiedere uno sforzo troppo grande e causare non poco imbarazzo a diversi esponenti della nostra scena politica e culturale: il ministro Lollobrigida, ospite della trasmissione In mezz’ora sostiene che nel nome dell’antifascismo siano state fatte tante morti, mentre il generale Vannacci, nel corso della presentazione del suo libro tenutasi a Lucca sostiene di ritenere superfluo definirsi tale in quanto “il fascismo è un movimento politico storico finito da ottanta anni”.

E non sorprende che la prima a non prendere una posizione in merito sia proprio la premier Giorgia Meloni, che le piazze frequentate da movimenti simpatizzanti (per non dire proprio fascisti) le conosce bene e le ha sempre ‘frequentate’: era il 2008 l’ultima volta che, in veste di Ministro della Gioventù, depositava una corona di fiori in via Acca Larentia, alla presenza di centinaia di nostalgici che ogni anno commemorano col braccio teso la morte di due militanti del Fronte della Gioventù, il movimento giovanile di estrema destra nato dalle costole del Movimento Sociale Italiano.

Ed è proprio questa difficoltà di dirsi antifascisti, possiamo presumere, ad aver fatto sì che il discorso scritto da Antonio Scurati in occasione della Festa della Liberazione – che avrebbe dovuto essere letto nel corso della trasmissione Che sarà? di Rai Tre – sia stato censurato. Nel suo monologo, letto dalla giornalista Serena Bortone, Scurati ha rievocato la violenza sistemica del regime fascista, accusando il Presidente del Consiglio di non aver mai preso le distanze da quella cultura, che del fascismo ha rinnegato solo lo sterminio degli ebrei.

E di censura, inoltre, parlano anche i giornalisti Rai, che per la prima volta dopo anni hanno indetto uno sciopero, lo scorso 06 maggio, per opporsi al controllo che questo governo esercita sulla stampa, raccogliendo però poche adesioni. Sono diventate virali le parole di Enrica Agostini, giornalista Rai, che ha riferito come mai prima d’ora i giornalisti Rai avessero subito censure, costretti ogni giorno a contrattare persino le parole da usare nei pezzi e i temi da discutere, a dare le notizie in ritardo e mandare video di pura propaganda che non prevedono contraddittorio o la possibilità di approfondire e fare delle domande.

Intanto l’Italia crolla nella classifica mondiale sulla libertà di stampa, stilata da Reporter senza frontiere, retrocedendo di cinque posizioni e raggiungendo il 46 posto: l’Italia è passata dalla fascia gialla (“abbastanza buona”) a quella arancione (“problematica”), insieme a Polonia e Ungheria. Tra i motivi della retrocessione vi sono la norma nota come “legge bavaglio” e il tentativo del parlamentare Antonio Angelucci, deputato della Lega ed editore di testate come Il tempo, Libero e Il Giornale, di comprare l’AGI, la seconda agenzia di stampa del paese, oltre alla presenza della criminalità organizzata. E se la libertà dell’informazione è un parametro fondamentale per decretare lo stato di salute delle democrazie, è evidente che ci sia da preoccuparsi.

Anche i riferimenti e i simboli a cui questo governo si rifà sono chiari: eco fascisti sono riscontrabili nella retorica sulla natalità e nella propaganda anacronistica sulla maternità come missione di vita delle donne. Anche il controllo dei corpi femminili si fa sempre più stringente: il Governo potrà anche ripetere che non ha intenzione di modificare la legge 194, ma riuscire ad accedere all’IVG è sempre di più una corsa a ostacoli tra medici obiettori, pro-vita nei consultori e medici che forzano le pazienti ad ascoltare il battito dei feti.

La parità di genere fa dei passi indietro: nonostante siano sempre di più le vittime di femminicidio, i fondi per prevenire la violenza sulle donne sono stati tagliati del 70%, mentre cresce l’iva su assorbenti e pannolini.

Dunque, se come diceva un anno fa Murgia, viene esercitato un controllo sui corpi e sulle libertà personali, e vengono discriminate le comunità già sottoposte a uno stigma, come è possibile non ricondurre le scelte di questo governo ad una avanzata di nuove forme di autoritarismo in vesti inedite?

Un governo che legittima l’uso della violenza da parte delle forze dell’ordine nonostante la recente condanna dell’Onu per l’uso diffuso della profilazione razziale e episodi di razzismo; che rifiuta di firmare la Dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore della comunitò LGBTQ+, decretando cittadini di serie A e di serie B potrebbe senz’alto essere definivo come repressivo, intollerante e discriminante…non sono forse questi gli ingredienti dei fascismi?

di Marta Montana

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